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 2013  ottobre 10 Giovedì calendario

ECCO PERCHÉ L’EUROPA CI CONDANNA «CIVILMENTE»


I tempi e la qualità della giustizia civile, unitamente alla trasparenza degli atti e delle sentenze, sono in diretta proporzione alla crescita del Pil. E se l’Italia da anni versa in una situazione di "decrescita infelice" deve ringraziare anche l’operato, o il "non operato", dei propri magistrati civili.
Lo dice, nemmeno tanto tra le righe, un recente studio comparativo della Commissione dal titolo « The functioning of judicial systems and the situation of the economy in the European Union member states » (il funzionamento dei sistemi giudiziari e la situazione dell’economia nei paesi membri dell’Unione europea).
Per quanto riguarda l’Italia i dati sono situati nelle pagine da 284 a 303 in un volumone di oltre 750. Dati che poi sono stati riassunti, in maniera comparativa insieme a quelli degli altri 26 paesi dell’area Ue, in un altro elaborato: « The Eu justice scoreboard ». Che potrebbe tradursi con "il segnapunti della giustizia europea".
E noi di punti ne segnamo proprio pochini.
I dati sono aggiornati al 2010 e per giunta l’Italia, meglio i singoli distretti giudiziari e il ministero di Grazia e Giustizia, non hanno neanche trasmesso tutti quelli che riguardano la giustizia amministrativa, cioè Tar e Consiglio di Stato, che da soli rappresentano almeno un terzo del contenzioso pendente.
E che aggraverebbero non poco la situazione in classifica nello scoreaboard, mandandoci probabilmente in piena zona retrocessione. Senza quei dati lottiamo comunque "per la salvezza".
Ancora prima di analizzare le cifre, fa impressione il tipo di richieste che ci fa la Commissione europea per migliorare il servizio della « non criminal justice », che all’estero è quella civile e che in Italia comprende anche quella amministrativa.
Ebbene gli autori di questi studi sono convinti che un sistema di giustizia civile funzioni quando sono presenti e positivi questi fattori: il monitoraggio e la valutazione delle corti giudicanti (sì avete letto bene, monitoraggio e valutazione delle sentenze) l’uso delle tecnologie, l’utilizzo dei sistemi alternativi per le dispute minori e, last but not least, il training dei magistrati.
Ebbene l’Italia, già per quest’ultimo parametro, sta tra quei paesi europei per i quali l’addestramento, se c’è, esiste solo prima dell’entrata del singolo nell’ordine giudiziario. Poi nulla più.
Altro criterio di classificazione dei paesi nel settore della giurisdizione civile riguarda la cosiddetta "indipendenza percepita". Ebbene anche in questo delicato campo l’Italia nel mondo raggiunge il 68esimo posto, e quindi l’indipendenza come « value » è ben poco percepita dal cittadino.
Quanto alle pendenze giudiziarie civili esse sono pari a 8 processi ogni 100 abitanti, veramente tantissimi, se pensiamo che il budget di 50 euro ogni 100 mila abitanti stanziato dallo stato è pari quasi a quello francese (60) anche se molto al di sotto di quello tedesco, 140 euro. Quanto al numero dei magistrati ogni 100 mila abitanti, 10, esso viene ritenuto basso secondo gli standard europei, ma è pur sempre pari a quello francese.
Gli avvocati invece sono 350 ogni 100 mila persone, e in questo siamo i primi al mondo o quasi.
Siamo simili invece agli altri 27 paesi, o alla maggior parte di essi, nei dati mancanti, rispetto al questionario a suo tempo mandato ai vari distretti di corte d’Appello e a via Arenula, sui costi dei singoli procedimenti civili. Costi ignoti ai più.
In Italia esistono solo valutazioni " intra moenia ", cioè all’interno della corporazione, che poi sono quelli del Csm, che risentono però delle influenze politiche e di corrente. Non esistono valutazioni scientifiche, analisi costi benefici delle singole corti giudicanti o dei giudici unici di primo grado. Secondo l’Europa dovrebbero essere pubblicati e messi su internet ogni anno i dati, i processi andati a sentenza, quelli sopravvenuti e il tasso di smaltimento dell’arretrato praticamente di ogni singolo giudice civile italiano, indicato per nome e cognome. Una cosa che solo pensarla da noi sarebbe fantascienza. I numeri della durata dei processi sono quelli ormai noti a tutti gli addetti ai lavori, italiani ed europei: quasi seicento giorni per un primo grado e quasi quattro anni, ma solo di media, per arrivare a una sentenza definitiva.
La media Ocse per tre gradi di giudizio non arriva a due anni, quella mondiale neppure.
La prassi in realtà insegna che per avere giustizia civile in Italia in tre gradi di giudizio ci vogliono dai sette ai dieci anni. Alcuni, pochissimi, distretti di corte di Appello virtuosi abbassano sensibilmente questa media da scandalo.
C’è allora almeno un parametro che vada bene alle pretese della Ue in materia di standard della giustizia civile? Sì, uno solo, il tasso di smaltimento dei processi sopravvenienti: che è pari al 100 per cento. Ossia uno arriva e uno viene deciso.
Ma l’enorme arretrato pesa sull’apparato esattamente come il debito pubblico sui bilanci statali. Gli interessi passivi li paga la cittadinanza in termini di decrescita: stime prudenti parlano del 2 per cento del Pil. Ma probabilmente il numeratore della frazione è anche più alto. E poi se fossero stati trasmessi anche i dati dei Tar e del Consiglio di Stato..lo studio Ue avrebbe tirato in ballo paragoni bellici. Come Waterloo o Caporetto.

Dimitri Buffa