Antonella Olivieri, Il Sole 24 Ore 10/10/2013, 10 ottobre 2013
PERCHÉ IN BRASILE IL RISCHIO È SVENDERE
Al termine dell’ennesima seduta bizzarra in Borsa, Telecom ha precisato che «non è in corso alcun processo formale o informale per la cessione della propria partecipazione in Tim Partecipaçoes». Non poteva essere diversamente, visto che fino all’ultimo cda il Brasile rientrava nel core business. Su base stand-alone, Telecom potrebbe considerarne la rinuncia solo realizzando un premio elevato. E a patto che il ricavato servisse non solo a ridurre il valore assoluto del debito, ma anche a ribaltare le prospettive del mercato domestico, che resterebbe l’unico terreno di gioco per Telecom Italia, di nome e di fatto.
Se Telecom riuscisse a portare a casa 10 miliardi per il 67% di Tim Part (holding di Tim Brasil), che vorrebbe dire realizzare circa 9 volte l’Ebitda, il rapporto debito netto/Ebitda (2013) calerebbe da 2,8 a 1,9 volte e il sacrificio potrebbe perciò valere la pena. Ma, considerato che Tim Brasil è sostanzialmente libera da debito, cedere la quota ai prezzi di Borsa (5,8 miliardi) non migliorerebbe sostanzialmente il rapporto debito netto/Ebitda, al quale guardano le agenzie di rating nel formulare le loro valutazioni. Telecom incasserebbe una somma per ridurre il debito che veleggia intorno ai 40 miliardi, ma rinuncerebbe anche alla redditività del Brasile che, per quanto in rallentamento, è comunque ancora l’unica area di crescita insieme all’Argentina. Oltretutto Moody’s, nel declassare il debito a "spazzatura", ha precisato che tra i puntelli dell’attuale rating – Ba1 con outlook negativo – c’è anche la diversificazione geografica, la presenza nei due Paesi latino-americani.
Telecom però deve fare i conti con il suo azionariato. A fine settembre Telefonica ha fatto un passo avanti verso Telecom, ma il riassetto di Telco è ancora incompiuto. Per andare oltre e subentrare a Telco come nuovo azionista di riferimento, gli spagnoli hanno bisogno di risolvere il problema delle sovrapposizioni in Sudamerica, altrimenti rischierebbero di restare impigliati in lacci e lacciuioli a danno delle proprie attività. In questo contesto pensare di spuntare più di 7 miliardi (come stimano fonti locali) dalla vendita di Tim Brasil sarebbe velleitario. L’interesse del Brasile coincide con quello di Telefonica e non è di spalancare le porte a un nuovo agguerrito concorrente. La soluzione gradita a tutti è invece lo spezzatino di Tim Brasil tra i concorrenti su piazza: la parte del leone spetterebbe a Oi, il gruppo nazionale sostenuto politicamente solo quarto nel mobile, che così se la giocherebbe con Telefonica, leader di mercato davanti all’operatore italiano.