Paolo Siepi, ItaliaOggi 10/10/2013, 10 ottobre 2013
PERISCOPIO
Il Cavaliere che aveva tanta paura del fantasma dei comunisti, che nelle sue fantasie e nella sua propaganda non erano mai morti, è stato fatto fuori invece da una risorta Democrazia cristiana. Da un fantasma che è tornato, sia pure sotto spoglie diverse. Certo, non è più una balena. Forse, con i pesci vari che lo compongono, si potrebbe fare un fritto misto. Ma appare guizzante e in forma. È proprio un caso che tutti o quasi i protagonisti della vicenda politica che ha portato alla sconfitta Berlusconi provengano dalle file della Dc? Enrico Letta e Angelino Alfano. E poi Franceschini, Formigoni, Giovanardi. Certo c’è stato il soccorso di qualche ex socialista come Sacconi e Cicchitto. Proprio come ai bei tempi precedenti gli anni Novanta. Ritanna Armeni. Il Foglio.
Anche le donne deludono Franca Rame appena approdata in Senato. Rame cerca di stabilire legami con le poche senatrici di sinistra. Ma Anna Finocchiaro, per un anno intero, neanche la saluta. E da Livia Turco, allora ministra della Sanità, «mai un cenno, mai un sorriso». Franca la avvicina per sottoporle il caso dei bambini di Taranto afflitti dalla sindrome del fumatore incallito per via delle polveri dell’Ilva. Ma l’interpellanza cade nel vuoto. E quando le segnala la drammatica vicenda di un altro bimbo di Firenze affetto da grave patologia, Turco si allontana con un gesto di fastidio «come se fossi una mosca». «La prego», insiste Franca, «pensi se fosse suo nipotino». «Non ho nipoti», ribatte secca Turco. Giuseppina Manin, Corsera, sul libro di Franca Rame: «In fuga dal Senato». Chiarelettere.
Monti era stato chiamato per risolvere i problemi che Berlusconi non aveva affrontato e invece ha massacrato il paese. Il suo è stato il peggior governo del dopoguerra, un diluvio di tasse. Invece doveva ridurre le spese, o meglio la spesa della macchina statale che è costosissima, e poi tagliare le tasse per far ripartire il Paese. Naturalmente ha fatto il contrario e ci metteremo vent’anni per riprenderci. Novantaduemila contribuenti scomparsi nel nulla, perché non hanno più redditi da denunciare, migliaia di imprese chiuse, i suicidi degli industriali. Un disastro. Peraltro questa valanga di tasse era stata impostata già da Tremonti che, se non erro, era il ministro dell’economia nel governo del Cavaliere. Piero Ostellino, già direttore del Corsera. Il Giornale.
Noi siamo entrati in quella crisi che Nietzsche ha definito nichilismo e che, negli anni 1880, l’annunciava per due secoli; ci resta ancora poco meno di un secolo. Il nichilismo si definisce per il fatto che i più alti valori (l’essere, la verità, la libertà, la fraternità e, se si vuole, «Dio») si svalorizzano. Essi si svalorizzano perché tutte queste alte realtà sono state ridotte a livello di valori. E l’uomo stesso si riduce al ruolo di un valutatore universale di valori. Pertanto finisce per valutarsi da solo, cioè per svalutarsi lui stesso. Perché la valutazione universale non solo bestemmia Dio ma anche l’uomo. La società oggi non parla più di oppressore e di oppressi ma di uomini utilizzabili e uomini di scarto. In nome del «valore» si giustifica tutto, ivi compreso il fatto che la vita possa essere raccorciata a volontà alla fine e all’inizio. Jean-Luca Marion, filosofo, specialista di Cartesio, insegna all’università di Chicago. Le Figaro.
In Italia i cambiamenti, i rivolgimenti o, se preferisci, le rivoluzioni, non le fanno mai i rivoluzionari. Dal Risorgimento in poi, fino a «Mani pulite», le rivoluzioni le fanno quelli che sono già al potere. Il primo esempio è Bruto, figlio di Cesare e suo assassino, insieme con una ventina di congiurati, tutti patrizi e amici della vittima. L’ultimo è Cossiga che ha cominciato a segare il ramo della prima Repubblica mentre ancora c’era seduto sopra, al Quirinale. E gli stessi magistrati che hanno spazzato via una classe dirigente politica e industriale, non sono certo anarchici e barricadieri, ma sono parte del sistema istituzionale. Insomma, in Italia, ad abbattere il potere non intervengono gli esclusi, i reietti, gli alieni come i bostoniani nel sistema coloniale, i giacobini in Francia, i bolscevichi in Russia o i contadini di Mao in Cina. I picconatori, in Italia, sono quelli che hanno fondato, guidato, sostenuto quel potere o ne hanno beneficiato. Guglielmo e Vittorio Zucconi: «La scommessa - Cento ragioni per amare l’Italia». Rizzoli.
La rivoluzione marxista sortì l’assurdo più ridicolo: il dissolversi della già non numerosa classe operaia russa. Solo l’imposizione di una disciplina di guerra nelle fabbriche evitò quest’esito conclusivo. Geminello Alvi. «Il capitalismo», Marsilio.
Fino a vent’anni non l’ho detto a nessuno. Forse un prozio l’aveva capito, trovando in un cassetto buio della sua casa da scapolo dei ritagli di giornale dove mi ero sfogato contornando con la penna il mio play-boy preferito, fotografato in costume a Saint-Tropez. Il prozio Roberto: partito nel ’37 per l’Africa a causa di imprecisati pettegolezzi, tornò dalla prigionia e nessuno gli vide mai donne intorno. Sul letto di morte mi disse: «Vivi come puoi, ma stai attento». Walter Siti: «Le cose cambiano. Storie di coming out». Edizioni Corsera.
I cappeddi, cioè i galantuomini del circolo e del municipio, non volevano che il mondo cambiasse; e, schierati con i cappeddi per far sì che tutto rimanesse com’era, c’erano i parrini, cioè i preti, che trafficavano con l’aldilà ma anche con le cose di questo mondo ed erano tutti, o quasi tutti, dalle parti dei ricchi; c’erano i gabelloti che si spartivano i feudi dei nobili; e i curatuli e i liuni coi fucili a tracolla che trattavano i contadini peggio delle bestie; c’erano i regi carabinieri, cioè gli sbirri, che facevano la faccia feroce ai socialisti e s’inchinavano ai cappeddi e ai parrini; infine, da pochi giorni, c’era anche l’esercito. Bersaglieri e fanti avevano sparato sulla folla in vari luoghi dell’isola, e a Marineo, il giorno precedente, avevano accolto a baionettate i dimostranti di Belonte Mezzagno, venuti a dar man forte ai locali; ma la paura, in paese, non era arrivata con l’esercito. La paura c’era già da alcuni mesi. Sebastiano Vassalli: «Il cigno». Einaudi.
Non c’è errore che non ci insegni a vivere. Roberto Gervaso. il Messaggero.