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 2013  ottobre 10 Giovedì calendario

L’EX MANAGER DEL PAPA: «VOGLIONO AVVELENARMI»


Le dita nervose strizzano i grani colorati di un rosario. La barba bianca è sfatta. L’uomo mostra più dei suoi anni, 61 all’anagrafe, e non sembra lucido. Gli occhi verdi guizzano per la stanza. Il suo orizzonte sono tre muri color bianco sporco, un tavolo di formica, due sgabelli con il buco in mezzo. Al posto della quarta parete ci sono le sbarre. Una maglia girocollo scura e pantaloni dello stesso colore svelano che dentro a quella gabbia è rinchiuso un prelato. L’ambiente squallido è quasi un contrappasso per un prete abituato a circondarsi di raffinatezze. Infatti monsignor Nunzio Scarano, dopo gli anni da manager rampante in Vaticano, adesso è rinchiuso nel reparto detenuti dell’ospedale Ruggi di Aragona di Salerno. Vi si trova per accertamenti a causa del suo stato di salute. Il 28 giugno è stato arrestato su richiesta della procura di Roma con l’accusa di corruzione e calunnia. Sino a quel giorno era un impiegato dell’Apsa, l’opulenta Amministrazione del patrimonio della Sede Apostolica. Ora è stato sospeso dagli incarichi che ricopriva in Vaticano. Negli ultimi tre mesi ha perso almeno cinque chili e rispetto alle foto dei giornali dell’epoca è rimasta uguale solo la montatura leggera degli occhiali. Il suo avvocato, il professor Silverio Sica protesta: «Scarano non può scappare né inquinare le prove, oltre a non costituire un pericolo sociale: tenerlo in carcere è un’inutile crudeltà. Purtroppo la custodia cautelare è uno dei malcostumi della giustizia italiana». Attraverso l’avvocato Alba D’Antonio, sostituto dell’altro difensore di Scarano, Francesco Caroleo Grimaldi, Libero ha posto al monsignore alcune domande. Ecco le risposte.
Monsignor Scarano come si sente?
«Malissimo, sia fisicamente che per il profondo senso di disperazione e paura in cui sono caduto».
Che cosa le manca di più in questo momento della sua vita precedente?
«Mi manca il poter entrare in una chiesa e celebrare messa. Mi manca il rapporto diretto con il luogo fisico della chiesa, il potermi accostare all’altare».
E del Vaticano che cosa le manca?
«Nulla».
Come trascorre il tempo qui dentro?
«Prego continuamente e sto rileggendo I pensieri di Sant’Agostino».
Riesce a mangiare?
«Per la verità ben poco. Ho paura di essere avvelenato. Prima di iniziare controllo che abbiano mangiato i detenuti delle celle vicine. A volte le guardie, tutte gentili con me, per tranquillizzarmi assaggiano davanti a me il mio vitto».
Qual è l’aspetto peggiore della cattività?
«Vedere la sofferenza di tanti uomini in attesa di processo, pensare al dramma di chi è innocente davvero. Il carcere è sofferenza estrema. Ho visto altrettanto dolore solo nelle corsie dei malati gravi».
Chi le fa visita in carcere?
«Le mie sorelle e i miei nipoti. Ho chiesto alla mia anziana madre di non venire, ma di aiutarmi da casa con le sue preghiere».
In Vaticano le è rimasto qualche amico?
«Attualmente non posso saperlo. Nessuno ha potuto stabilire un contatto diretto con me e visto che nell’opinione pubblica, per colpa dei media, sono diventato l’emblema di ogni male, comprendo chi non ha avuto il coraggio di cercarmi o mostrarmi solidarietà. Sono il capro espiatorio di alcuni potenti del Vaticano, contro cui il Papa, illuminato dallo Spirito Santo, sta già prendendo sagge decisioni».
Accuse a parte, che cosa la ferisce di più di questa vicenda?
«Il fatto che non si ponga in evidenza anche quel poco di bene che ho fatto nella mia vita. Con il denaro raccolto ho realizzato numerose opere di bene, finanziando centri per anziani, restauri o dando sostegno economico a molte famiglie»
Gli investigatori le contestano il possesso di almeno tre conti contenenti quasi tre milioni di euro, di una casa lussuosa a Salerno e di quadri di grande valore. Da dove provengono questi denari?
«Donazioni e risparmi di quarant’anni di lavoro e ministero sacerdotale. Risparmi tesorizzati con attenzione, per realizzare il mio ultimo desiderio: la Casa del malato».
Lei ha scritto tre lettere a Papa Francesco. Le ha risposto?
«No, ma sono certo che le ha lette con attenzione, considerando le sue attuali decisioni».
È vero che è stato arrestato due giorni prima di un incontro con Sua Santità?
«Avevo ottenuto l’appuntamento tramite un amico cardinale in pensione».
Che cosa voleva riferire a Papa Francesco?
«Fatti, molti fatti, la mia storia e, soprattutto, dirgli che non ho mai intaccato l’interesse supremo della Chiesa».
Vuole utilizzare questa intervista per mandargli un messaggio?
«Gli chiedo di ascoltarmi almeno una volta prima di giudicarmi e condannarmi. Le sue parole contro di me mi hanno profondamente addolorato. Mi consideri pure una pecora nera, ma mi dia la possibilità, quella concessa a ogni peccatore, di spiegarmi, in quanto ho servito la Chiesa e non mi sono servito della Chiesa».
E al cardinale Tarcisio Bertone che nega di aver parlato con lei dell’Apsa che cosa vorrebbe dire?
«Di fare uno sforzo di memoria e di provare a ricordare le parole che pronunciai circa sette anni fa nel nostro colloquio lungo un’ora a Torre San Giovanni. Quell’incontro lo organizzò il cardinal Jorge Medina, Bertone mi fece venire a prendere da un’auto blu con i vetri scuri. Mi sembrò molto colpito dalla mia denuncia sulla gestione dell’Apsa. Poi, però, non si fece più sentire e oggi nega di avermi incontrato. Peccato che io abbia una buona memoria e che potrei riconoscere pure l’ascensorista che mi condusse nel suo ufficio ».
Non le sembrano accuse indimostrabili?
«Io voglio collaborare con la magistratura e con il Papa: sto denunciando persone con cui ho lavorato a stretto contatto e che dovrebbero conoscere le mie malefatte. Evidentemente Nunzio Scarano non è ricattabile e non ha paura di essere smentito. I pm, invece, che indagare su un piccolo impiegato dell’Apsa come me, dovrebbero ricostruire tutti i rapporti di chi aveva potere decisionale all’interno dello Ior e dell’Apsa».
Lei ha consegnato ai magistrati un plico sigillato con centinaia di documenti. Può dirci di che cosa si tratta?
«Ci sono gli indizi e in qualche caso le prove documentali di quanto ho riferito negli interrogatori ».
Con gli inquirenti lei ha menzionato diversi alti prelati e non certo per questioni edificanti. Uno di loro è stato descritto come una specie di 007 e altri sono stati citati per disinvolte operazioni finanziarie.
«Parlerò di queste cose con il Santo Padre, se avrò l’onore di poterlo incontrare».
Lei ha denunciato anche svendite di immobili ad “amici degli amici”. Addirittura sostiene che un terreno edificabile venne ceduto a un miliardo di vecchie lire e che oggi ne varrebbe 70 o 80.
«Posso solo dirle che una di quelle cessioni venne ideata da un importante cardinale, già legato a Propaganda Fide (la Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli ndr), e sospetto che sia servita a favorire qualche politico».
A proposito di politici, nei suoi interrogatori lei ha citato il presunto legame di Clemente Mastella e Antonio Di Pietro con il broker Giovanni Carenzio (arrestato insieme con Scarano ndr). Ha confermato la sua antica frequentazione di casa Agnelli e ha tacciato Fausto Bertinotti di essere “un comunista che beve solo champagne”. Che cosa può aggiungere sui rapporti tra la politica italiana e l’Apsa, oltre ai vizi e ai vezzi della nostra classe dirigente?
«Niente di più di quello che ho detto. Potrebbero esserci stati scambi di favori, ma scoprirli è compito della magistratura».
Davanti ai pm ha pure dichiarato: “All’Apsa noi siamo stati banca in modo sporco”. «È vero, ma non ero io a decidere. Io ero un semplice impiegato».
Nella veste di consulente dell’Apsa ritiene di aver commesso degli errori?
«Per tutte le mie colpe sto chiedendo ogni giorno perdono a Dio. Se ho sbagliato l’ho fatto per venire incontro a persone che tanto hanno dato alla Chiesa. Detto questo, sicuramente all’Apsa non ero ben voluto, sono stato emarginato e messo in condizione di non infastidire chi voleva portare avanti indisturbato i propri interessi».
Ha frequentato persone che sarebbe stato meglio non incontrare?
«Mi sono immerso in una città come Roma dove il confine tra Bene e Male è estremamente confuso».
Che cosa la spaventa di più in questo momento?
«Ho raccontato episodi che potrebbero mettermi in pericolo. Cerco di essere più forte delle paure e degli incubi che mi tormentano, ma nonostante le preghiere sono certo che morirò avvelenato ».
Chi può volere la sua morte?
(Tace)
Lei sospetta un complotto?
«Le ricordo solo che sono stato arrestato poche ore prima di incontrare il Papa…».