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 2013  ottobre 10 Giovedì calendario

L’ANNUNCIO DI OBAMA: «VI PRESENTO JANET UNA DURA DI BROOKLYN»


DAL NOSTRO INVIATO NEW YORK — Grandi movimenti, in queste ore, a Washington: importantissimi per la politica americana e per i mercati finanziari globali. Ieri, Barack Obama ha presentato la sua candidata a sostituire, a fine gennaio, Ben Bernanke alla presidenza della Federal Reserve (Fed, la banca centrale). Come ci si aspettava, si tratta di Janet Yellen, economista stimata e di esperienza: se sarà confermata dal Senato, sarà la prima donna a ricoprire la posizione di banchiere centrale più importante del mondo. Dovrà gestire il difficilissimo rientro alla normalità dalla politica oltremodo espansiva e non convenzionale degli ultimi anni. Il cambio di politica monetaria degli Stati Uniti, di per sé destinato a creare tensioni sui mercati mondiali, avverrà mentre Washington rischia una crisi di fiducia a causa del blocco politico che ha provocato la chiusura di una serie di funzioni del governo federale (lo shutdown) e potrebbe condurre al primo default sul debito della storia americana se il Congresso non voterà nei prossimi giorni l’innalzamento del debito pubblico stesso rispetto all’attuale limite di 16.700 miliardi di dollari.
Ognuna di queste tre convergenze potrebbe provocare un aumento dei tassi d’interesse americani. Il che creerebbe flussi di capitale verso gli Stati Uniti che potrebbero destabilizzare intere economie e provocare rivolgimenti sui mercati. Ieri, il Fondo monetario internazionale ha avvertito che un rialzo dell’uno per cento dei tassi americani a lungo termine provocherebbe perdite sui titoli di Stato di 2.300 miliardi di dollari. Urgente trovare soluzioni, dunque.
In un breve discorso, il presidente Obama ha rivolto un omaggio caldo a Bernanke e si è detto convinto che la professoressa Yellen sarà «una presidente eccezionale». Lei ha risposto che «di più va fatto per rafforzare la ripresa» e ha promesso che farà di tutto per promuovere l’occupazione, la stabilità dei prezzi e un sistema finanziario forte e stabile. Obama l’ha definita «una leader, una dura, e non solo perché viene da Brooklyn».
Ora, inizia il processo per la sua conferma da parte del Senato. Sarà contrastata: i rapporti tesi tra i repubblicani e i democratici rendono difficili le scelte bipartisan. Il Senato, però, è a maggioranza democratica e al momento si dà per probabile che la nomina sia confermata.
La signora Yellen, oggi vicepresidente della Fed, è una decisa sostenitrice della politica monetaria, innovativa e rischiosa, perseguita dalla banca centrale americana negli ultimi anni: in particolare, dell’acquisto sui mercati di titoli per migliaia di miliardi, con l’obiettivo di mantenere bassi i tassi d’interesse a lungo termine e così stimolare gli investimenti, la crescita e l’occupazione. E’ questa politica non convenzionale, straordinaria che la Fed deve prima o poi abbandonare – come ha segnalato la primavera scorsa Bernanke: il problema è che abbandonandola rischia di sgonfiare di colpo le bolle che essa stessa ha creato. La nomina di Yellen potrebbe allungare i tempi del ritorno a una politica monetaria tradizionale. Ma potrebbe anche acuire le divisioni interne alla Fed proprio sull’utilità della politica di super-stimolo: negli ultimi mesi, il dibattito tra i governatori è stato acceso.
Sul versante dello scontro tra il presidente e i repubblicani della Camera sullo shutdown e sul tetto del debito, la situazione un po’ si muove. Nei giorni scorsi, le due parti avevano alzato i toni: forse la schermaglia che precede le trattative. Ieri sera, Obama ha incontrato alcuni deputati per discutere la situazione, oggi ne vedrà altri: sul tavolo c’è l’ipotesi di un innalzamento temporaneo del limite del debito, per evitare il default e avere tempo per negoziare. Il movimento è iniziato dopo che, in un articolo sul Wall Street Journal , si è sbilanciato Paul Ryan, uno dei politici emergenti del partito repubblicano. Ha scritto che per superare l’impasse «ambedue le parti dovrebbero concordare su riforme di buon senso dei programmi di assistenza e del fisco». La novità è che nello scritto manca la richiesta di rinviare o non finanziare la riforma sanitaria di Obama, domanda che fino a questo momento bloccava ogni possibilità di dialogo. In qualche modo, Washington prova a disinnescare le mine.