Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2013  ottobre 10 Giovedì calendario

DAL GELO CON IL PD AI VIGILI IN RIVOLTA L’INIZIO (INCERTO) DI MARINO


ROMA — Il sindaco ciclista cammina già in salita. Sono passati quattro mesi dall’elezione di Ignazio Marino, ma la «luna di miele» del chirurgo dem — che il 10 giugno sconfisse al ballottaggio Gianni Alemanno e riconquistò per il centrosinistra il Campidoglio — è finita. O meglio, non è mai cominciata. Problemi con la sua maggioranza, isolamento rispetto ai vertici del Pd, «gaffe» a ripetizione, immobilismo nell’azione politica, pasticci amministrativi, come quello sulla nomina del nuovo capo della Polizia Municipale. Vicenda «opaca», che espone sindaco e Comune ad una clamorosa figuraccia, tra selezioni poco chiare, titoli mancanti e dietrofront. Marino, appena insediato, ha «silurato» il precedente comandante Carlo Buttarelli, lanciando poi un avviso pubblico per individuare il successore. Dopo oltre due mesi, la scelta di Oreste Liporace, colonnello dei carabinieri: presentazione ufficiale, foto di rito, stretta di mano. A distanza di poche ore, la marcia indietro: Liporace non ha i requisiti — cinque anni da dirigente — richiesti dal Comune. Nomina «congelata» e, di fatto, decaduta. Problema risolto? Nemmeno per sogno. Perché Marino vuole comunque nominare un comandante «esterno» al corpo, scatenando la rivolta dei vigili, pronti allo sciopero. Il sindaco tira dritto: «Vogliono la guerra? La avranno».
Ma non ci sono solo i vigili. Marino, in 120 giorni, un braccio di ferro dopo l’altro, è riuscito nell’impresa di mettersi tutti (o quasi) contro: il centrosinistra, i sindacati, commercianti, imprenditori. Prima la pedonalizzazione dei Fori Imperiali, l’unico progetto finora portato avanti dalla giunta capitolina, che ha scatenato le proteste di abitanti e negozianti delle zone limitrofe. Poi la nuova discarica a Falcognana, vicino al Divino Amore. E infine sui cantieri della metro C, ingaggiando una querelle con colossi del settore: Astaldi, Ansaldo di Finmeccanica, le coop ma, soprattutto, col «nemico» Francesco Gaetano Caltagirone, editore del Messaggero, proprietario della Vianini. Estate complicata, e autunno «caldo». A settembre, con la ripresa dell’attività amministrativa, sono iniziati i problemi con la maggioranza. Il Pd, in questa fase, è decisamente «di traverso». Marino viene accusato di «non ascoltare nessuno», di essersi chiuso «nel suo cerchio magico», con uno staff che — in gran parte — non è di Roma e che conosce poco la città. La giunta non produce delibere, e il consiglio comunale — di conseguenza — è fermo. Alcuni assessori (come Daniela Morgante, responsabile del Bilancio) sono già nel «mirino» dei partiti: possibile, già a gennaio, un rimpasto a tempi di record. Coi leader del partito, da diverse settimane, è calato «il gelo». Anche con chi — come Goffredo Bettini e Nicola Zingaretti — è stato il principale sponsor per la candidatura di Marino alle primarie del centrosinistra. Adesso, la definizione che circola con maggiore insistenza è «inaffidabile» e c’è chi ipotizza la necessità di una «musata» per il sindaco: «Prima la da, e prima corregge la rotta», il commento di un autorevole esponente pd. Bettini, dopo averlo «guidato» e consigliato in campagna elettorale, lo ha mollato. Marino non lo cerca da mesi, e lo «stratega» si è messo alla finestra, dedicandosi al suo Campo democratico. Anche con Zingaretti, sotto traccia, ci sono state delle incomprensioni. Il governatore del Lazio, infatti, ha mal digerito la titubanza di Marino su Falcognana, un certo presenzialismo sulla Sanità (settore di competenza regionale) e la continua richiesti di fondi. Ma la «goccia» è stato l’invito fatto da Marino a Matteo Renzi, per una «passeggiata» sui Fori Imperiali in bicicletta: la visita poi c’è stata, la pedalata no, a causa della ressa che si era creata. Tanto che lo stesso sindaco di Firenze è andato via infastidito e piuttosto perplesso.
Come se non bastasse, ecco le grane col Bilancio, la vera montagna da scalare per il sindaco ciclista. Per far quadrare i conti, entro il 30 novembre, mancano 867 milioni. Marino, per scongiurare il commissariamento e il default, ha chiesto aiuto al governo. E, alla fine, il ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni ha dato la disponibilità ad una norma «salva Roma», per inserire parte di quei debiti nella gestione commissariale pre-2008. Ma nel 2014 i problemi si ripresentano, con un altro miliardo da recuperare. E, in questo senso, il no di ieri del Senato all’emendamento per il pre-pensionamento dei dipendenti comunali è solo l’ennesima tegola per un sindaco già col fiato corto.