Tullio Avoledo, Corriere della Sera 10/10/2013, 10 ottobre 2013
LA COMETA CHE CADDE SULLA TERRA E CREÒ IL GIOIELLO DEL FARAONE
Un team di scienziati sudafricani ha annunciato di avere la prova dell’impatto di una cometa con la Terra. La scoperta, annunciata nei giorni scorsi, verrà illustrata oggi presso l’università di Witwatersrand dai suoi artefici, i professori Jan Kramers, David Block e Marco Andreoli.
Le comete sono un fenomeno tutt’altro che raro nel nostro sistema solare, tanto che il 2013 è stato definito dagli scienziati «l’anno delle comete»; una di esse, Ison, attraverserà i nostri cieli da ottobre fino a gennaio dell’anno prossimo, e sarà visibile anche in pieno giorno, più luminosa della luna piena. Ma le comete sono essenzialmente enormi palle di neve sporche di polvere. Se alcune di esse non possono non aver colpito la Terra nel passato, sino a oggi non si era trovata traccia di questi impatti.
La prima prova, secondo gli scienziati sudafricani che hanno annunciato la scoperta, consiste in un frammento di roccia nera trovato alcuni anni fa da un geologo nel deserto egiziano. Gli scienziati di Witwatersrand hanno chiamato il frammento Hypatia, dal nome della scienziata alessandrina che fu la prima donna filosofa, matematica e astronoma della storia.
Analisi accurate avrebbero accertato al di là di ogni dubbio che il materiale di cui è composta Hypatia non è di origine terrestre, e la sua composizione esclude che abbia origine meteoritica. Sottoponendo il frammento roccioso a infinite analisi, e procedendo per esclusione, i tre scienziati sono giunti a formulare l’ipotesi che il frammento (che contiene anche minuscoli diamanti) facesse parte del nucleo di una cometa caduta sulla Terra 28,5 milioni di anni fa.
Esplodendo nei cieli di quello che è ora il deserto egiziano la cometa riscaldò la sabbia a una temperatura di oltre duemila gradi, vetrificandola e producendo il materiale noto come “vetro del deserto libico”, che già in passato alcuni scienziati avevano messo in relazione con la trinitite, il materiale creato dal calore e dalle radiazioni di un’esplosione nucleare.
Questo vetro di colore giallo si trova sparso su un’area di 6.000 chilometri quadrati, a testimonianza dell’enormità dell’evento, che deve aver annientato ogni traccia di vita su un’area ancora più vasta. Il vetro del deserto è stato utilizzato dall’uomo per produrre attrezzi sin dal Pleistocene, e il suo più famoso esemplare, inciso in forma di scarabeo, è incastonato in un magnifico pettorale trovato nella tomba di Tutankhamon.
Se la scoperta del team di Witwatersrand venisse confermata, Hypatia costituirebbe decisamente il più grande frammento di cometa mai scoperto nella storia dell’umanità, visto che sinora gli unici materiali cometari trovati sul nostro pianeta avevano dimensioni microscopiche, sotto forma di polvere scovata nelle zone più alte dell’atmosfera o fra i ghiacci dell’Antartide. Le agenzie spaziali americana ed europea hanno speso miliardi di euro per procurarsi materiale direttamente dalle comete, attraverso complicatissime missioni spaziali. Un frammento delle dimensioni di Hypatia, se effettivamente provenisse da una cometa, sarebbe quindi un tesoro molto più grande di quello di un faraone egizio.
All’entusiasmo a livello scientifico della scoperta non può non accompagnarsi una nota sinistra. La scoperta degli scienziati sudafricani aggiunge infatti una minaccia cosmica a quelle che già danno da vivere a profeti e cineasti specializzati in catastrofi. Da oggi le comete si aggiungono ufficialmente alla lista di potenziali candidati al ruolo di killer planetario. Per compensare in qualche modo questa nuova paura, si può consigliare la lettura di «La fine del mondo. Guida per apocalittici perplessi» del filosofo della scienza Telmo Pievani, un libro che non nega le catastrofi, ma rivela come a volte si tratti di eventi necessari: senza la grande estinzione di massa di 65 milioni di anni fa, per dire, i mammiferi non avrebbero avuto molte possibilità di sopravvivere, né tantomeno di evolversi fino a produrre, fra l’altro, la razza umana.