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 2013  ottobre 10 Giovedì calendario

LO SHUTDOWN E GLI AMERICANI PRIGIONIERI DI DUE SERRATE


Shutdown è il nuovo termine appena entrato nell’uso comune. Possibile che nel nostro vocabolario non esista una parola che abbia identico significato? Significa, forse, che gli Stati Uniti sono falliti? Vuole, comunque, spiegarmelo lei?
Giuseppina Bassani
Sesto San Giovanni (Mi)

Cara Signora,
«Shutdown» (letteralmente «chiuso giù») evoca l’immagine della saracinesca abbassata sulla facciata di un negozio. Prima di tentare una migliore traduzione della parola, occorre ricordare che la costituzione federale e le norme fiscali americane garantiscono al Congresso la vigilanza sul livello della spesa pubblica e l’approvazione delle leggi che autorizzino espressamente i singoli ministeri e le singole agenzie federali a fare uso del denaro stanziato per l’esercizio delle loro funzioni. Quando si avvicina la fine dell’anno fiscale e il momento in cui è necessario definire il livello del debito pubblico per l’anno successivo, occorre talvolta una legge di continuità («continuing resolution») che garantisca al governo, temporaneamente, la possibilità di continuare a spendere, sino al nuovo accordo, entro i limiti fissati in passato.
 Se il Congresso non approva questa legge di continuità, alcuni servizi vengono interrotti e molti dipendenti pubblici sospesi con la conseguente perdita del salario per il periodo in cui non avranno lavorato. Questi shutdown accadono generalmente quando nel Congresso (o in una delle due Camere) la maggioranza è nelle mani di un partito diverso da quello che ha conquistato la Casa Bianca. In molti casi il dissidio verte sul livello dell’imposizione fiscale, ma in questo caso la posta in gioco è più alta. Una quarantina di membri repubblicani della Camera dei rappresentanti (su 284) vuole cogliere questa occasione per costringere Obama ad abbandonare la grande riforma sanitaria che è, per i democratici, il gioiello della sua presidenza. Gli oppositori più accaniti sono più o meno strettamente collegati a un movimento populista e anti-statale, il Tea Party, che ha conquistato da qualche anno e in alcuni Stati una forte rappresentanza politica. Obama, dal canto suo, non ha alcuna intenzione di fare un passo indietro e si serve dello «shutdown» per gettare sui repubblicani la colpa dell’interruzione di alcuni servizi pubblici (quelli relativi alla Difesa e alla sicurezza vengono, di comune accordo, regolarmente finanziati). Vi è quindi, in questa vicenda un duplice ricatto, una duplice serrata. Il Congresso chiude gli sportelli del denaro per piegare la Casa Bianca alla volontà della sua maggioranza. Obama abbassa la saracinesca sulla «bottega» dei servizi nella speranza di esporre i repubblicani alla collera della pubblica opinione. La migliore parola per tradurre shutdown è dunque, a mio avviso, serrata.
Un’ultima considerazione, cara Signora. Questo può accadere negli Stati Uniti perché non esiste nelle democrazie presidenziali l’istituto della sfiducia. Mentre nella maggior parte dei Paesi europei l’opposizione può chiedere al Parlamento di votare una mozione contro il governo, in America gli avversari, per raggiungere lo stesso scopo, devono proibirgli l’uso dei fondi pubblici, con effetti che possono incidere sul funzionamento dello Stato e sul reddito di alcune centinaia di migliaia di persone.