Michela Motta, Vanity Fair 9/10/2013, 9 ottobre 2013
LA MEMORIA DEL NASO
Nella vita arriviamo a sentire fino a diecimila odori. Alcuni di questi hanno il potere di far tornare indietro nel tempo, in un istante ci riportano in una situazione precisa, di cui riusciamo a ricordare le sensazioni, i colori, i suoni, la luce. Un’esperienza a metà tra sogno e realtà di grande commozione. Perché l’olfatto è legato al sistema limbico che, se stimolato, produce una scarica emotiva fortissima. Su questo meccanismo da più di dieci anni un team di esperti di fragranze, insieme con psicologi, logopedisti e neuropsichiatri, lavora per verificare gli effetti dell’olfattoterapia su pazienti che hanno subito traumi e amnesie. Una sorta di riabilitazione della memoria attraverso gli odori. Il progetto è un’idea di IFF, azienda produttrice di aromi e fragranze, e CEW, associazione no profit di dirigenti donne nel settore cosmetico. La stanno sperimentando in undici ospedali pubblici francesi su pazienti con Alzheimer, ricoverati in traumatologia a seguito di incidenti stradali, malati di cancro e ragazzi che soffrono di disturbi alimentari. Dal 2001 sono stati organizzati 290 atelier per 1.530 pazienti.
VANIGLIA GLOBAL
A raccontare il progetto all’ultima edizione di Pitti Fragranze a Firenze è Alienor Massenet, naso di IFF: «Lavoriamo con un inventario di 120 odori molto conosciuti e riconoscibili: come quello delle madeleine (i pasticcini francesi, ndr), le matite, la colla, le caramelle, o quelli del paesaggio come l’erba tagliata, la terra umida, il fieno». Ma esiste una libreria olfattiva globale? «L’aroma universale è quello della vaniglia, ma anche pepe, limone/arancia e i cattivi odori di tutti i giorni come quello degli escrementi. I funghi, per esempio, colpiscono un po’ tutti. Per ora gli atelier sono solo in Francia, ma se ci chiederanno di esportarli, ci dovremo tarare perché la memoria olfattiva dipende dalla cultura, da dove nasci. Nelle nostre classi insegniamo a creare fragranze, mettiamo a disposizione essenze floreali riconoscibili dai francesi. Se proponessimo lo stesso atelier in Brasile, per esempio, dovremmo utilizzare fiori tropicali».
Ma allora come si torna all’infanzia se non esiste una libreria comune? «A volte si lavora per portare alla luce la memoria, altre volte l’obiettivo è diverso, dipende dalla patologia. In traumatologia, per esempio, spesso i pazienti non parlano perché le connessioni cerebrali sono saltate, ma gli odori stimolano delle reazioni ed è un inizio. Diverso è il caso dei malati di cancro: noi seguiamo donne che stanno facendo la chemioterapia, che si sentono isolate, con difficoltà a comunicare: i profumi invitano a condividere storie anche personali. Con loro usiamo moltissimo le spezie perché, a differenza degli odori del cibo, non provocano nausea, ma danno piacere. Poi ci sono pazienti che si rifiutano di parlare e che, grazie alle memorie stimolate dagli odori, iniziano a raccontarsi. Mi ricordo una paziente trentenne dello Sri Lanka che aveva avuto un incidente terribile. Era difficile capirla, ma durante le ore di olfattoterapia mi prendeva la mano o muoveva gli occhi come per dirmi che aveva sentito qualcosa. Spesso l’obiettivo è proprio stimolare le emozioni o il cervello. Come nel caso dei malati di Alzheimer: facciamo dei giochi per far riconoscere gli odori e tenere allenata la testa. In altri casi si tratta di una vera riabilitazione in cui si insegna a riconoscere gli “odori del pericolo” come gas o pesce avariato. Diciamo che il nostro lavoro apre le porte ai dottori».
LA FORZA DEI PROFUMI
L’odorato scatena emozioni forti, ma non sempre positive. «Una volta stavo raccontando la storia di un crimine, facendo sentire degli aromi», dice Massenet. «Uno era quello del coltello, che per via dell’odore metallico ricorda il sangue. Quando l’hanno annusato ho avvertito un’onda di disagio, molti sono rimasti in silenzio. Ma con noi ci sono sempre dei dottori a supportare il corso, che continuano a lavorare con i pazienti proprio perché l’olfatto ha “aperto le porte”».
Invece gli adolescenti che soffrono di bulimia e anoressia grazie ai profumi migliorano l’immagine di sé, la fiducia nelle proprie qualità. Di solito adorano i profumi dei fiori e quelli del cibo, un piacere che si sono negati. Anna, un’adolescente che soffre di disturbi alimentari e ha partecipato alle classi di Massenet, racconta: «Abbiamo imparato a creare fragranze con le nostre essenze preferite. Ho creato tre profumi: uno per me, uno per mia sorella e uno per mia mamma. Mi hanno aiutato a uscire da un quotidiano triste e sempre uguale, le giornate sono lunghe in ospedale. Quando li ho regalati, poi, hanno fatto piacere, sono stati utili per sciogliere le difficoltà di relazione con la mia famiglia. E poi così sono sicura che mi penseranno almeno una volta al giorno».