Alessandro Di Liegro, il Messaggero 9/10/2013, 9 ottobre 2013
GIANOTTI: «È UN PREMIO PER MIGLIAIA DI RICERCATORI»
L’INTERVISTA
ROMA Senza i suoi esperimenti il bosone di Higgs, che conferisce massa alle particelle elementari, sarebbe rimasta un’ipotesi su carta forse per altri 50 anni. Senza quello che è stato definito “il più grande esperimento mai condotto”, la vita sarebbe ancora un mistero. Fabiola Gianotti, romana di nascita e ricercatrice del Cern di Ginevra, è la direttrice del progetto Atlas, uno dei due esperimenti che hanno catturato empiricamente “la particella di Dio”, che da 50 anni era stata teorizzata ma mai individuata. Il Nobel per la fisica 2013, consegnato a Peter Higgs e Francois Englert per le ricerche sulla rottura della simmetria di Gauge, ha quindi una “madrina” italiana. Nel luglio del 2012 ha presentato la scoperta dicendo: “Non sapevamo perché alcune particelle fossero pura energia mentre altre avessero una massa tanto differente. È a causa dell’interazione con il bosone”.
Dottoressa Gianotti, sente questo Nobel anche un po’ suo?
«Credo che questo sia un premio all’intera fisica delle particelle. Quella di Higgs è una teoria fondamentale per la comprensione dell’Universo. È un premio anche alla ricerca sperimentale che, dopo 50 anni, ha dimostrato la correttezza della teoria. È una forte soddisfazione per le migliaia di ricercatori sperimentali che hanno lavorato a questa scoperta».
Ha sentito Higgs dopo l’assegnazione del premio?
«Sì, sono stata in contatto con lui durante gli studi sperimentali e l’ho sentito poco prima della cerimonia di assegnazione. Lui è una persona molto modesta, umile, aspettava tranquillamente l’annuncio dell’Accademia di Svezia. Ho parlato con uno dei suoi assistenti dell’Università di Edinburgo e gli ho inviato gli auguri e un abbraccio virtuale».
Quanto tempo ci è voluto prima di scovare il bosone?
«Le prime discussioni sono andate avanti a partire dall’inizio degli anni ’90, in contemporanea con l’avvio della costruzione dell’acceleratore di particelle (Lhc), che è entrato poi in funzione nel 2009. È stata un’impresa lunga e difficile che però, ci ha dato l’opportunità di inserire un ulteriore tassello alla verifica del Modello Standard e ci darà l’abbrivio per continuare il nostro lavoro».
Ora l’acceleratore è fermo per lavori fino al 2015.
«Sì, ma stiamo continuando a lavorare per aumentare la potenza dell’Lhc di 6 Teraelectron volts, portandolo a 14TeV, che ci darà la possibilità di andare alla ricerca di quegli elementi che ci sono ancora oscuri. Ci sono molte teorie che attendono una dimostrazione empirica. Inoltre la Natura potrebbe aver trovato delle soluzioni che noi non riusciamo a immaginare».
C’è chi ha parlato di una presunta inutilità del bosone.
«Partiamo dalla considerazione che senza il bosone di Higgs non esisterebbe l’Universo e, quindi, anche noi. Inoltre le ricerche che hanno portato prima alla costruzione dell’Lhc, e poi alle analisi sperimentali, hanno avuto grandi benefici per tutta la società. Penso, ad esempio, alle implicazioni pratiche nel campo aerospaziale, aeronautico e nella vita di tutti i giorni».
La relatrice del panel dell’Accademia di Scienze ha spiegato che potrebbero esserci altri bosoni.
«Certo, ed è una delle cose che andremo a verificare. Non sappiamo se l’Higgs è l’unico a regolare la massa delle particelle elementari o se è un oggetto più esotico che potrebbe aprire nuove teorie al di là del modello standard. In più, con i nuovi esperimenti, andremo anche alla ricerca della particella della materia oscura, che costituisce il 23% dell’Universo».
Carlo Rubbia è stato insignito di un Nobel per i suoi studi sperimentali sulle particelle W e Z. Pensa che un giorno potrebbe ricevere anche Lei un Nobel?
«Di solito l’Accademia di Scienze di Svezia premia persone singole, al massimo tre. Io lavoro spesse volte in équipe con molti fisici e compiamo imprese in cui vengono coinvolte moltissime persone. Alla ricerca sul bosone di Higgs hanno preso parte circa 3000 studiosi. Inoltre il Premio viene assegnato per la maggior parte a studi teorici, mentre io sono una sperimentale. In ultima analisi, credo di no».
Alessandro Di Liegro