Cesare Maffi, ItaliaOggi 9/10/2013, 9 ottobre 2013
LEGGI REGIONALI FATTE CON I PIEDI
Se si pone mente allo scrupolo col quale i costituenti discettavano del significato fosse pure di una singola parola c’è da rabbrividire, confrontando quello stile con l’abborracciata scrittura legislativa odierna. Ancor peggiore dello stile in uso nel parlamento, però, è il comportamento vigente in alquante regioni: i consiglieri regionali riescono a essere più sciatti, più sbrindellati, più goffi di deputati e senatori. E ce ne vuole.
Citiamo un solo caso: il nudismo. Alcuni anni fa la regione Emilia-Romagna ritenne opportuno disciplinare le pratiche nudiste. Approvò quindi una legge regionale (n. 16 del 2006), intitolata «Valorizzazione del turismo naturista», che all’art. 1 (rubricato Finalità) così stabiliva: «La Regione, nell’ambito delle proprie competenze, ai sensi dell’articolo 117, comma IV, della Costituzione, promuove le condizioni necessarie per garantire la possibilità di praticare il turismo naturista, al fine di valorizzare pratiche di vita sana e prevalentemente all’aria aperta che utilizzano anche il nudismo come forma di sviluppo della salute fisica e mentale, attraverso il contatto diretto con la natura».
Poche settimane addietro ha seguito le orme emiliano-romagnole la regione Abruzzo, approvando la legge regionale n. 26 del 2013, identicamente intitolata «Valorizzazione del Turismo Naturista».
Ecco i primi due articoli abruzzesi: «Art. 1. Definizioni. Si definisce naturismo un modo di vivere in armonia con la natura, caratterizzato dalla pratica della nudità in comune, allo scopo di favorire il rispetto di se stessi, degli altri e dell’ambiente.»
«Art. 2. Finalità del naturismo. Il naturismo si propone di promuovere un contatto diretto con la natura privo di artificiosità e convenzioni sociali, partendo dal rispetto verso le persone, per arrivare al rispetto degli animali e dell’ambiente attraverso uno stile di vita che vede la nudità come logica conseguenza del proprio modo di essere interiore.
Un naturista ha una vita sana, si alimenta con prodotti naturali, pratica attività sportiva all’aria aperta e il suo stare nudo ha una componente sociale che si realizza, quando possibile, in spazi privati e pubblici».
I contenuti di una legge debbono sempre consentire, nella loro asettica e tecnica neutralità, un’immediata interpretazione. Non possono, e ancor più non devono, tradursi in pubblicità di singoli gruppi, associazioni, sindacati, movimenti, partiti, credi religiosi.
Che senso ha, sul piano giuridico, stendere un’apologia del naturismo, come hanno fatto i consiglieri abruzzesi?
L’intero articolo 2 sembra destinato a propagandare il naturismo, che in schietto sociologhese «vede la nudità come logica conseguenza del proprio modo di essere interiore».
D’altra parte, pure nella Germania nazionalsocialista il nudismo era tollerato (si cita perfino un «decreto di polizia per il regolamento dei siti balneari», emanato nel 1942, per consentire agli uomini di fare il bagno nudi nel presupposto di non essere visti da quelli che i naturisti chiamano «tessili»), e non pochi nudi si vedono nel trionfale film di Leni Riefenstahl celebrativo delle Olimpiadi berlinesi del 1936.
Se dovesse prender piede l’andazzo avviato timidamente dall’Emilia-Romagna, ma provocatoriamente dall’Abruzzo, dovremmo aspettarci, in una legge che stanzi incentivi per le energie alternative, elogi anti nucleari, così come, in disposizioni per gli esodati, annotazioni encomiastiche per chi vada in pensione. La struttura di una legge, anche regionale, non dovrebbe tollerare simili excursus.