Michele Brambilla , la Stampa 09/10/2013, 9 ottobre 2013
LE CIFRE DI UNA VERA EMERGENZA
Sciaguratamente, in Italia qualsiasi iniziativa politica viene subito letta in chiave pro o contro Berlusconi. Sarà anche vero che i berlusconiani mettono il Cavaliere al centro del mondo, ma gli antiberlusconiani non sono da meno: evidentemente il Silviocentrismo conviene pure a loro.
Così, anche l’appello che Giorgio Napolitano ha rivolto ieri, sull’emergenza carceri, ai presidenti di Camera e Senato, è stato interpretato in funzione dei guai giudiziari di Berlusconi. Torneremo alla fine su questo aspetto, anzi su questo sospetto. Alla fine, perché per valutare quanto ci sia di vero in un simil pensar male è necessario aver presente alcuni punti fermi.
Il primo è che il problema del sovraffollamento delle carceri esiste. Esiste al punto che l’Europa ci ha imposto un termine per porvi rimedio: 20 maggio 2014. In Italia ci sono 65 mila detenuti in carceri che ne potrebbero ospitare 47 mila. Ciascun detenuto ha a disposizione in media tre metri quadrati, e in quella specie di loculo deve trascorrere ventidue ore al giorno (le ore d’aria sono due): gli istituti in cui si possono tenere aperte le celle - Bollate, ad esempio - sono pochissimi. Tenere una persona chiusa in tre metri quadrati equivale, per l’Europa, a rendersi responsabili di tortura. È questo il reato cui rischia di essere condannato lo Stato italiano.
Secondo dato di fatto: Napolitano non si è svegliato adesso che Berlusconi ha dato il voto di fiducia al governo Letta (perché questa è l’accusa: uno scambio di favori), ma aveva già lanciato un appello con i toni che gli sono propri, cioè accorati, prima dell’estate, esortando il governo a far qualcosa, e a farlo in fretta. Era stato dunque varato il cosiddetto decreto «svuotacarceri». Che però si è rivelato insufficiente. Ecco perché il Quirinale ora torna alla carica: i tempi stringono.
Per mettersi a posto con i parametri imposti dall’Europa, indulto e amnistia potrebbero essere un farmaco efficace. Ma efficace contro i sintomi, non contro le cause del male, che fatalmente si ripresenterebbe. Questo Napolitano lo sa benissimo, e infatti ha messo prima, per importanza, altre misure, che risolverebbero il problema alla radice.
E quali sono, queste misure? Alcuni dati sono evidenti. Ad esempio, quasi il quaranta per cento dei detenuti è in attesa di giudizio, di primo o secondo grado. Ad esempio, un terzo abbondante dei carcerati è costituito da stranieri. Ad esempio, in Italia si va in cella anche per piccoli reati che potrebbero essere sanzionati diversamente. Sempre ad esempio, su 65 mila detenuti solo ottocento hanno il permesso di lavorare in carcere: gli altri stanno a marcire in cella tutto il giorno.
E dunque misure efficaci potrebbero essere, nell’ordine: processi più rapidi (e qui la palla va alla magistratura); accordi internazionali per far scontare la pena agli stranieri nei loro Paesi di provenienza; depenalizzazione dei reati minori (e aggiungiamoci pure aumento delle pene alternative); infine, incentivazione del lavoro in carcere, anche perché è dimostrato che il detenuto che lavora ha un tasso di recidiva molto più basso di quello che non lavora. Insomma queste misure, insieme magari alla costruzione di qualche nuovo carcere, potrebbero risolvere l’emergenza, se non definitivamente, almeno per un lungo periodo.
Napolitano propone anche, appunto, l’indulto e l’amnistia. Il perché lo abbiamo detto: per cominciare a diminuire l’affollamento in attesa che le misure più radicali diventino operative. Sono provvedimenti giusti, indulto e amnistia? Per molti versi non lo sono. Ma, se si arriva a prenderli in considerazione, è anche e soprattutto perché la politica, fino ad oggi, ha dormito, e il problema delle carceri è finito anch’esso, come molti altri, sulle spalle di questo quasi novantenne presidente della Repubblica.
Il quale ottiene però il risultato, come abbiamo visto, di essere sospettato di fare tutto questo solo per salvare Berlusconi. Ma davvero l’indulto e l’amnistia risolverebbero i problemi giudiziari e politici del Cavaliere? Lo dicono i grillini e, se la loro competenza in materia è pari a quella mostrata in geografia e Costituzione (sentimmo parlamentari collocare Kabul in Iraq e dire che non c’è un’età per diventare Capo dello Stato), stiamo freschi.
Verrebbe da dire che, per liberarci davvero dello psicodramma Berlusconi, bisognerebbe cominciare a prendere decisioni valutando solo se convengono o no al Paese, e non a lui. Tuttavia, se il parlamento deciderà per indulto e amnistia, lo faccia senza dar corpo ai sospetti. E non si dimentichi un’altra cosa (perché non esiste solo Berlusconi): di pensare anche alle vittime. Ci sono anche loro, ciascuno con una propria sofferenza, e senza indulti o amnistie che possano dar sollievo.