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 2013  ottobre 07 Lunedì calendario

BOMBA IN STAZIONE, UOMINI DI CARLOS A BOLOGNA PRIMA E DURANTE LA STRAGE

[Prima parte] –

«Volete sapere cosa c’è dietro la strage di Bologna? Seguitemi...». Rompe gli indugi l’ergastolano Carlos Ramirez Sanchez, alias «lo Sciacallo», il terrorista più noto e spietato del Pianeta, mercenario marxista-leninista filo arabo, d’origini venezuelane e comandante di una galassia eversiva che negli anni ha seminato morti e terrore ovunque. Carlos più volte è intervenuto sulla strage del 2 agosto 1980. Per oltre 25 anni è stato tenuto nascosto (nessuno volle indagare) che un uomo della sua galassia militare, Thomas Kram, legato ad apparati criminali palestinesi, era in quella stazione quel giorno. Adesso si scopre che quel personaggio era a Bologna anche nei giorni precedenti la strage. Carlos chiede da tempo di essere riascoltato dalla magistratura italiana. Invano. È andato a vuoto anche l’ultimo tentativo, tramite l’avvocato Gabriele Bordoni, che nel 2012 ha visitato il suo assistito nel carcere di Poissy, in Francia. Il verbale di quell’incontro consegnato ai pm bolognesi che dal novembre 2005 indaga sulla «pista palestinese», ma il sostituto Enrico Cieri ritiene non vi siano novità degne di approfondimenti.

Incontriamo Bordoni. È furioso. Gli chiediamo perché i magistrati non intendono riascoltare Carlos. «Dicono che l’hanno già sentito nel 2009. E che "quello che aveva da dire, se voleva, l’ha detto, altro evidentemente non aveva da riferire". Sono amareggiato. Credo che in una vicenda come questa tutto debba essere esplorato. Allora Carlos si trovava sotto l’egida di Bruguière (il magistrato che lo condannò all’ergastolo Ndr), non era nella condizione di essere franco su tutto. Oggi vorrebbe continuare quel discorso in un luogo tutelato, anche in Italia. Davanti a una commissione d’inchiesta o a un giudice». L’ipotesi di scrivere un memoriale o di far ritrovare la relazione sulla strage redatta all’epoca non è stata accettata da Carlos. «Non ne ha voluto sapere - conferma il legale - Gli appunti che presi di persona non vennero controllati all’uscita dal carcere; un memoriale sarebbe passato al setaccio dalla censura. Egli rifiuta un interposto tra lui e la magistratura italiana. Non vuole il filtro dell’autorità francese. Per quanto riguarda la "relazione" mi disse di non sapere dove fosse finita e come ritrovarla». Il procuratore capo di Bologna Roberto Alfonso ha detto che la pista palestinese non è una suggestione, e che il filone andava subito approfondito. Cosa che non fu fatta. «Faccio mia questa affermazione - continua Bordoni - È significativa e coraggiosa, una presa di posizione che censura l’atteggiamento di chi l’ha preceduto in quell’ufficio. In maniera garbata dice: "Avete sbagliato nell’impostazione dell’indagine". All’inizio ci furono valutazioni alternative alla pista del neofascismo italiano solo di corredo estetico, riconducevano sempre al neofascismo, se non italiano, internazionale. Il tema fu: "La strage è fascista, ora trovate gli autori". Questo è stato un errore, ma temo che oggi si faccia lo stesso dicendo: "Il quadro degli eventi rende la pista palestinese più che una suggestione". Ma io aggiungo: e le altre? Perché la pista che pone Carlos è da buttare?».

Carlos parlò per primo di un "compagno" a Bologna. Oggi sostiene l’innocenza dei Nar e imputa la strage a Cia e Mossad per punire l’Italia dell’accordo coi palestinesi ("lodo Moro") e far ricadere su di essi la colpa, qualora il "compagno", Thomas Kram, fosse morto. Kram, dunque, malgrado le smentite, era un membro del gruppo. D’altronde centinaia di documenti dei servizi dell’Est lo collocano nel gruppo Carlos. «Certo, Carlos lascia intendere la propria vicinanza con Kram», osserva l’avvocato. Il problema, se non sono stati i palestinesi, è come fa Carlos a giustificare la presenza di Kram a Bologna. Lo spiega Bordoni: «Era successo qualcosa e, dovendolo comunicare, Kram era andato a telefonare trovandosi così a poca distanza dalla sala d’aspetto della stazione al momento dello scoppio, che lui comunque visse in diretta - spiega -. La telefonata, che di fatto gli aveva salvato la vita, fu quella di un uomo terrorizzato. Carlos voleva sapere chi era stato capace di dar corso a un attentato di quella violenza che superava quelli che il gruppo aveva compiuto fino ad allora. Per di più mentre Kram si trovava proprio lì. Circostanze avevano fatto sì che Kram si trovasse a Bologna quella mattina. Chi aveva operato perché accadesse? Chi voleva che rimanesse coinvolto nella strage? Carlos mi ha raccontato quello che era successo nei giorni precedenti. C’era stato sempre di Kram un soggiorno romano di due, tre giorni precedente il 1° agosto e compatibile con una risalita in Germania e un ritorno. Bisognerebbe chiedergli: "Ma se tu eri lì e c’era già stato quel tipo di situazione che ti aveva creato lo stimolo ad andartene, perché sei tornato?". Va chiesto a Carlos e a Kram di chiarire eventuali incongruenze. Forse era successo qualcosa durante la prima permanenza in Italia per cui Kram aveva cambiato programma ma, una volta tornato indietro, qualcuno l’ha rimandato in Italia per portare a termine ciò che doveva fare». Già, cosa doveva fare Kram a Bologna?

(1- continua)