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 2013  ottobre 08 Martedì calendario

Dopo i goffi tentativi delle prime settimane, nessuno ormai osa dire che nulla è veramente successo nella chiesa cattolica dopo il conclave del marzo 2013

Dopo i goffi tentativi delle prime settimane, nessuno ormai osa dire che nulla è veramente successo nella chiesa cattolica dopo il conclave del marzo 2013. Bergoglio è papa da poco meno di sette mesi, e già all’orizzonte si staglia una variegata geografia delle opposizioni alle novità di papa Francesco. Come è noto, la chiesa non è una democrazia e tantomeno una democrazia 13 dell’alternanza, dove forze diverse si alternano al governo in una dinamica maggioranza-opposizione. Ma l’inizio di Francesco ha rappresentato un vento di novità, sia di stile sia di sostanza, e la resistenza alle novità è percepibile, e sarebbe riduttivo catalogarle secondo una dialettica tra riformatori e conservatori. In primo luogo vi sono i nostalgici di Benedetto XVI, coloro che il 19 aprile 2005 avevano festeggiato come una loro personale vittoria l’elezione del papa teologo, ex prefetto dell’ex Sant’Uffizio: dall’11 febbraio 2013 si sentono, molto più di altri, orfani di Joseph Ratzinger, ora papa emerito. La nostalgia è per il papa da loro elevato ad alfiere della tradizione tradizionalista, anti-progressista e conservatrice, contraria agli eccessi del post-concilio (come la “inculturazione” della teologia cattolica nelle culture non europee) e fustigatrice del modernismo culturale nella chiesa. Tutti questi motivi fanno di Benedetto XVI un papa incompreso, isolato ed emarginato nella chiesa proprio per i suoi tentativi di far pulizia della corruzione morale e culturale: l’organo semi-ufficiale è il blog “Papa Ratzinger” . Altri gruppi, come Rorate Caeli sono diversamente “nostalgici”, nel senso che manifestano una reazione anti-Bergoglio specialmente per la questione liturgica, a causa dell’accoglienza senza mezzi termini riservata alla riforma liturgica del Vaticano II dal nuovo papa – contrariamente a Benedetto XVI che nel 2007 aveva riabilitato la messa preconciliare e in latino. La nostalgia non è solo per il latino e il canto gregoriano, ma anche per le cappe magne e gli ermellini, le cerimonie barocche e il fasto d’atri tempi – in breve, per quegli aspetti di “corte” che papa Francesco ha chiamato “la peste della chiesa” nella sua intervista-dialogo con Eugenio Scalfari. Vi è poi un altro gruppo di sfavorevoli a papa Francesco in quanto “cattolicisti” – cattolici per cultura di adozione presso la quale si sono rifugiati, senza che siano stati mossi dal Vangelo di Gesù Cristo. Questi apologeti di un cattolicesimo anti-liberale e “maurrasiano”, raccolti sotto l’ombrello de Il Foglio, sono di estrazione varia: ex comunisti, intellettuali blasé, ciellini, fini letterati, nobili di sangue (come Roberto de Mattei), “inquisitori” dei nuovi movimenti religiosi (Massimo Introvigne), affiliati del catto-fascismo di Alleanza Cattolica. Il direttore de Il Foglio, Giuliano Ferrara, ha ufficialmente lanciato la campagna d’autunno contro papa Francesco . Giornale piccolo ma assai influente, è la versione mainstream e intelligente degli altri organi su cui pubblicano i cattolici crociati come de Mattei e Introvigne, come per esempio “Corrispondenza Romana”. Il collettore più raffinato e ricercato di queste nostalgie ratzingeriane e sentimenti anti-bergogliani a matrice teologica è il vaticanista de L’Espresso, Sandro Magister, con il suo blog plurilingue Settimo Cielo (che ospita non solo pettegolezzi di curia, ma anche alcuni contributori di riferimento, tra cui spicca per frequenza e veemenza Pietro de Marco). Ma vi è anche un’opposizione politica al nuovo papato, quella che nella stampa mainstream (e quindi dalla sponda esattamente opposta a quella dei ratzingeriani che si sentono da sempre emarginati dalla cultural mainstream) si oppongono a papa Francesco perché parteggiano (dall’esterno, s’intende) per un cattolicesimo naturaliter politicamente centrista, moderato e acquiescente di fronte alla grande borghesia, ai poteri forti e alle forze della globalizzazione. Esempio preclaro di questo atteggiamento è Piero Ostellino sul “Corriere della Sera” di domenica 6 ottobre 2013: per essi il radicalismo sociale del papa non è altro che il populismo di un gesuita latinoamericano. Sull’altra sponda dell’oceano Atlantico, vi sono altre opposizioni conservatrici, teologiche e politiche al tempo stesso: diverse ma non meno agguerrite, come è tipico di un cattolicesimo fortemente polarizzato sulle questioni etiche come quello nordamericano. Vi sono i militanti per la civiltà del National Catholic Register e di First Things, convinti che le parole di papa Francesco su aborto, contraccezione e omosessualità siano la sconfessione delle battaglie di una vita per la causa pro-life, e il cedimento del cattolicesimo alla cultura liberal. Naturalmente, papa Francesco non ha oppositori solo a destra, ma anche a sinistra, ovvero tra quelli che non ne apprezzano la moderazione sulle riforme fatte o annunciate finora. Tra questi, alcuni columnist del National Catholic Reporter (specialmente le teologhe femministe) e l’organo più importante del dissenso cattolico in Italia, Adista . Al fondo vi è un’attesa di riforme radicali (e per ora non annunciate) da parte del papa: sulla disciplina dei sacramenti (per i divorziati), il sacerdozio (anche per le donne), la chiesa e la pace, e infine il “sistema Vaticano” come elemento di cui disfarsi, più che da riformare. La lista è appena all’inizio. Queste sono alcune delle voci pubbliche che nei primi mesi di papa Francesco hanno manifestato il proprio dissenso, stupore, talvolta sconcerto e spavento di fronte alla novità portate dal papa gesuita argentino. Molte altre voci non sono pubbliche, e sono quelle più insidiose, assieme a quelle che si sono convertite al francescanesimo di papa Bergoglio un minuto dopo la sua elezione, spinti ad un moto di approvazione insincera. Il salto da corista a solista non è da tutti. © Riproduzione riservata