Dagospia 8/10/2013, 8 ottobre 2013
APPUNTI PER GAZZETTA - IL BOSONE DI HIGGS E IL NOBEL
REPUBBLICA.IT
GINEVRA - "Sarebbe un trauma" Peter Higgs aveva sempre detto del Nobel. Oggi, a 84 anni, lo scienziato timido che ha dato il suo nome a una particella cercata per quasi 50 anni e catturata finalmente un anno fa, quel "trauma" lo sta vivendo. La Commissione di Stoccolma ha deciso di assegnare il premio per la fisica a Peter Higgs e Francois Englert per i loro studi sul bosone, ribattezzato "la particella di Dio". L’annuncio è stato dato dall’Accademia svedese delle scienze, in ritardo di oltre un’ora rispetto al previsto. I due scienziati sono stati premiati per "la scoperta teorica di un meccanismo che contribuisce alla nostra comprensione dell’origine della massa di particelle subatomiche".
"Il professor Higgs trascorrerà la giornata lontano da casa, in una località che non renderemo nota, e non rilascerà interviste", ha spiegato alla vigilia Alan Walker, il suo stretto collaboratore dell’università di Edimburgo. Racconterà le sue emozioni in una conferenza stampa non prima di venerdì. Per François Englert invece l’università di Bruxelles aveva da giorni organizzato un ricevimento che doveva restare segreto, ma che ovviamente ha fallito nel suo scopo. Lo spumante era già in fresco da tempo (e la conferenza stampa convocata con discrezione) anche al Cern, il Centro europeo di ricerca nucleare di Ginevra dove il bosone di Higgs è stato effettivamente osservato. Dove cioè l’idea buttata giù da Higgs nel 1964 su un paio di pagine di parole ed equazioni è stata confermata da un mastodontico acceleratore di particelle: il Large Hadron Collider (Lhc).
IL DOSSIER
Di qualsiasi altra persona si direbbe che oggi staccherebbe il cellulare e spegnerebbe il computer. Ma lo scienziato meglio noto come un bosone di cellulari non ne possiede. "Gli è stato regalato un computer qualche anno fa - prosegue Walker - ma l’apprendimento non è stato semplice. Ora lo usa suo nipote". Nella sua casa di Edimburgo non trova spazio nemmeno un televisore. "Il professor Higgs adora la musica classica e ha un vecchio impianto a valvole. L’arte in generale lo appassiona. Per scrivere usa ancora carta e penna. Seguire tutti i dettagli della fisica odierna per lui è diventato difficile, anche se ha più volte visitato il Cern ed è rimasto impressionato". L’acceleratore di particelle più potente del mondo - 27 chilometri di diametro, la capacità di lanciare i protoni lungo una pista a scontro praticamente alla velocità della luce - aveva come suo primo compito quello di dimostrare nella realtà l’eventuale esistenza del bosone che Higgs aveva teorizzato grazie al suo ingegno e a una manciata di equazioni (con gli esperimenti il fisico inglese era sempre stato un disastro, e li aveva abbandonati ai tempi dell’università). Trovata l’ultima particella che ancora mancava all’appello fra i costituenti elementari della materia (l’annuncio della scoperta del bosone di Higgs è stato fatto al Cern il 4 luglio 2012), per il fisico timido che nel frattempo si era ritirato a vita privata si sono spalancate le porte del Nobel.
Quanti applausi al Cern per il Nobel al Bosone
La scelta del fisico di Edimburgo in realtà non è stata scevra da controversie. Alla sua scoperta Peter Higgs è infatti arrivato grazie a una serie di circostanze fortuite. Il suo studio iniziale, scritto nel luglio del 1964, fu infatti respinto dall’editore di Physics Letters, che per ironia della sorte lavorava proprio al Cern, e che consigliò a Higgs con disprezzo di inviare la ricerca a Il Nuovo Cimento, una rivista italiana non specializzata. Offeso ma non scoraggiato Higgs spedì lo studio alla rivista rivale: l’americana Physical Review Letters. Il giorno in cui l’articolo di Higgs arrivò per posta, nel settembre del 1964, la rivista aveva appena pubblicato uno studio molto simile dei due scienziati belgi François Englert e Robert Brout (morto nel 2011). I due ricercatori di Bruxelles avevano battuto Higgs sul tempo nel descrivere come mai le particelle elementari sono dotate di massa. Ma Higgs aveva nel frattempo aggiunto un paragrafo finale in cui completava tutto il ragionamento teorizzando l’esistenza di una nuova particella. Era nato il bosone di Higgs.
"Poiché avevo scritto uno studio molto importante, secondo la gente avrei dovuto capire anche quel che è stato scoperto in seguito. Ma non è così. Quando si è trattato di comprendere gli studi di quelli venuti dopo di me, ho iniziato ad affondare" ha spiegato un giorno Higgs, che da allora ha lasciato il palcoscenico della fisica, svolgendo semplicemente il suo lavoro di professore all’università di Edimburgo. L’esistenza della sua particella - per la quale al momento non sono previste applicazioni pratiche - ci spiega però cosa è successo un attimo dopo il Big Bang. Quando la temperatura dell’universo si è abbassata e le particelle elementari hanno iniziato ad acquisire una massa. Anziché schizzare via alla velocità della luce, senza nessuna speranza di interagire fra loro, i mattoni fondamentali della materia hanno rallentato e per effetto della gravità hanno formato combinazioni via via più complesse. Fino a far nascere la Terra e gli esseri viventi.
A proseguire il suo lavoro, andando a scoprire cosa c’è al di là della materia a noi conosciuta, oggi ci pensano nuove generazioni di fisici e un Cern che sta rinnovando i motori del suo acceleratore, per dotarlo di un’energia doppia rispetto a quella sprigionata finora. A Lhc lavorano in circa 10mila, di cui quasi un terzo italiani, coordinati dall’Istituto Nazionale di Fisica.
C’È TANTA ITALIAN (REPUBBLICA.IT)
CI SONO anche il Cern - e tanta Italia - nella motivazione del Premio Nobel alla scoperta del bosone di Higgs. Dei 10mila scienziati che lavorano al Consiglio Europeo per la Ricerca Nucleare, un migliaio sono italiani, coordinati dall’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (Infn). Ebbene, per seguire in diretta la proclamazione del premio si erano tutti radunati nell’edificio 40, dove lavorano centinaia di giovanissimi scienziati, quello che ospita Atlas e Cms, ovvero i due esperimenti che hanno osservato il bosone. Qui, al momento dell’annuncio, hanno stappato bottiglie di champagne mettendosi idealmente alle spalle la rivalità degli ultimi anni.
Di "gioia immensa, per noi e per le centinaia di ragazzi che hanno lavorato a questo esperimento ha parlato Guido Tonelli, il fisico dell’Infn e del Cern che ha guidato l’esperimento Cms, uno dei due grandi "occhi" che hanno fotografato il bosone di Higgs. "Ho la pelle d’oca", ha aggiunto Fabiola Gianotti, che ha coordinato fino a pochi mesi fa l’esperimento gemello e rivale di Cms, cioè Atlas. Agli scienziati che da vent’anni lavorano a Ginevra per confermare con gli esperimenti la teoria del bosone di Higgs il fisico inglese aveva sempre dimostrato gratitudine, nelle sue visite ai mastodontici esperimenti, installati a 100 metri sottoterra e alti come un palazzo di quattro piani. Al Cern la gioia è esplosa soprattutto nell’edificio 40, quello che ospita sia Atlas che Cms e dove lavorano centinaia di giovanissimi scienziati.
"Ci auguriamo tanti altri momenti di gioia e di scoperta come questo" ha detto il presidente dell’Infn, l’isstituto nazionale di fisica nucleare, Fernando Ferroni, stappando lo spumante nella sede di Roma. Grande soddisfazione ed entusiasmo perché nella motivazione dell’Accademia di Svezia sono stati citati proprio Cms e Atlas, i due esperimenti condotti al Cern e guidati dall’Infn. "La ricerca sperimentale è stata di fatto premiata perché senza questi due esperimenti fatti all’interno di Lhc, La teoria di Brout-Englert e Higgs sarebbe rimasta un pezzo di carta senza l’evidenza sperimentale e il premio Nobel non sarebbe arrivato. A capo di questi due esperimenti al momento della scoperta ci sono due fisici italiani. E questo per noi è motivo di soddisfazione al di là della medaglia". "Questo premio Nobel parla moltissimo italiano", ha continuato Ferroni. "Parla di 20 anni di ricerca italiana e di centinaia e centinaia di scienziati italiani che hanno lavorato sulle teorie di Higgs e di Englert. Questo Nobel parla anche di centinaia di studenti italiani pagati dall’Infn che hanno lavorato al Cern e che ora se ne andranno all’estero", ha concluso.
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CORRIERE.IT
Il Nobel per la fisica 2013 è stato assegnato al belga François Englert (81 anni), della Libera Università di Bruxelles, e al britannico Peter W. Higgs (85), dell’Università di Edinburgo. Entrambi, in modo indipendente hanno previsto l’esistenza del bosone di Higgs, la particella grazie alla quale esiste la massa. I due scienziati otterrano il premio di 8 milioni di corone svedesi (1,25 milioni di dollari).
MOTIVAZIONI - «La teoria premiata è una parte centrale del Modello Standard della fisica delle particelle, che descrive la materia di cui è costruito il mondo», spiega motivazioni l’Accademia Reale delle Scienze della Svezia. «In base al Modello Standard tutto, dai fiori alle persone alle stelle ai pianeti è costituito di pochi mattoncini: le particelle di materia».
«LA PARTICELLA DI DIO» - Il bosone che ha preso il noMe da Higgs, è stato impropriamente chiamato «la particella di Dio», proprio per il fatto che, grazie a lui, esiste la massa nel nostro universo. Englert e Higgs hanno teorizzato l’esistenza del bosone in modo indipendente nel 1964. Il bosone teorizzato dal fisico britannico è comparso per la prima volta in un articolo pubblicato dalla rivista Physical Review Letters. L’articolo era una seconda stesura, dato che la prima era stata rifiutata dalla rivista Physics Letters con la motivazione che non era «di ovvia rilevanza per la fisica». Englert - insieme al fisico Robert Brout - nello stesso anno raggiunse lo stesso risultato di Higgs partendo da approcci diversi e teorizzando indipendentemente quello che poi fu chiamato «meccanismo di Higgs».
HIGGS - Peter Ware Higgs è nato il 29 maggio 1929 a Newcastle upon Tyne, si è specializzato in matematica alla City of London School e si è laureato e dottorato al King’s College di Londra. Dopo aver detenuto la cattedra di fisica teorica all’Università di Edimburgo, dal 1996 è professore emerito. Noto anche per la sua timidezza, da mesi diceva ai suoi collaboratori e a chi lo intervistava quasi di «temere» il Nobel per le ripercussioni sulla sua vita e sui suoi studi. Higgs ha ricevuto numerosi riconoscimenti, fra cui la Medaglia Dirac e l’High Energy and Particle Physics Prize della European Physical Society nel 1997, il premio Wolfe nel 2004 e il Sakurai Prize for Theoretical Particle Physics nel 2010. Il fisico britannico ha in passato ha manifestato attivamente contro l’energia e le armi nucleari ed è stato membro di Greenpeace in una campagna contro gli Ogm.
ENGLERT - François Englert è un fisico teorico belga nato nel 1932. Nel 1997 ha ricevuto il premio per l’alta energia e le particelle della Eps, nel 2004 il Premio Wolf per la fisica per lo studio sul meccanismo che unifica le interazioni a corto e lungo raggio generando bosoni di gauge massivi e nel 2010 il J.J. Sakurai Prize for Theoretical Particle Physics. I suoi contributi maggiori sono nel campo della fisica statistica, della teoria quantistica dei campi, della cosmologia, della teoria delle stringhe e nello studio della supergravità. Lo scorso agosto Englert ha condiviso con Higgs anche il Premio Principe delle Asturie .
IL TERZO SCIENZIATO MANCANTE - Il Nobel sarebbe stato sicuramente assegnato anche a Robert Brout, che studiò il bosone insieme a Englert, se non fosse scomparso nel 2011. Englert e Brout avevano mostrato che «i campi vettoriali di gauge» potevano acquisire massa se lo spazio vuoto fosse stato dotato di un particolare tipo di struttura che si incontra nei sistemi materiali.
IL CERN - L’assegnazione del Nobel a Higgs ed Englert è stata accolta con soddisfazione al Cern di Ginevra, dove la scoperta del bosone è «materialmente» avvenuta lo scorso anno grazie all’Lhc (Large Hadron Collider). Con una punta di amarezza, però, in quanto nonostante nelle motivazioni del premio si definisca l’Lhc «probabilmente la più grande e complessa macchina mai costruita dall’essere umano», ci si aspettava un premio anche a uno scienziato del laboratorio europeo. «Due gruppi di ricerca», si legge nelle motivazioni, «ognuno di circa 3 mila scienziati, Atlas e Cms, hanno gestito l’estrazione della particella Higgs dai milioni di particelle in collisione». All’epoca a guidare le squadre erano due italiani, Guido Tonelli e Fabiola Gianotti dell’Istituto nazionale di fisica nucleare, (Infn).
VECCHIO PEZZO SU HIGGS DI CORRIERE.IT
È stato assegnato sabato a Villa Erba (Cernobbio) il Premio europeo per la fisica Edison-Volta indetto dalla Società europea di fisica, il centro Volta e Edison per la scoperta al Cern di Ginevra del bosone di Higgs. I riconoscimenti sono andati a tre personaggi chiave del risultato: il direttore generale Cern Rolf-Dieter Heuer, il direttore per gli acceleratori Stephen Myers e Sergio Bertolucci, direttore scientifico del Cern. Nell’articolo scritto per il Corriere Heuer spiega il valore che la scienza riveste per l’avanzamento della conoscenza e per le applicazioni possibili dalla medicina all’informatica: il web è stato inventato al Cern.
Un giorno del 1850 William Gladstone, cancelliere dello Scacchiere della regina Vittoria, in visita al laboratorio di Michael Faraday, l’immenso pioniere dell’elettricità e del magnetismo, non poté resistere, come spesso capita ai ministri delle Finanze di ogni tempo, a porre la fatidica domanda: «Interessante, ma qual è il suo uso pratico?». Faraday gli rispose con esemplare onestà e preveggenza: «Al momento non saprei, sir, ma è assai probabile che in futuro ci metterete una tassa sopra!». Sarebbe impensabile oggi negare l’impatto decisivo che le grandi rivoluzioni scientifiche occorse tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del Novecento hanno prodotto sulla nostra attuale qualità della vita, eppure, forse proprio perché siamo circondati dalle straordinarie applicazioni tecnologiche di queste rivoluzioni, la tendenza a considerare la ricerca di base come un lusso si riaffaccia ciclicamente nelle convinzioni (e di conseguenza nelle azioni) dei policy makers.
Ma ogni tecnologia ha un periodo di crescita temporalmente limitato, che la porta inevitabilmente a una saturazione, condannando dapprima allo stallo e poi al declino una società che non ricerchi costantemente i cambiamenti di paradigma e l’innovazione. Per dirla in maniera semplice: se siete capaci a fabbricare candele, farete candele sempre più sofisticate, ma non sarete mai in grado di concepire una lampadina elettrica. Tra la candela e la lampadina c’è un cambiamento di paradigma, nel caso specifico la teoria dell’elettromagnetismo.
Una foto della premiazione del concorso europeo per la Fisica Edison-Volta andato ai direttori del Cern di Ginevra Rolf Dieter Heuer, Stephen Myers e Sergio Bertolucci, premiati a Villa Erba Antica, a Cernobbio Una foto della premiazione del concorso europeo per la Fisica Edison-Volta andato ai direttori del Cern di Ginevra Rolf Dieter Heuer, Stephen Myers e Sergio Bertolucci, premiati a Villa Erba Antica, a Cernobbio
Questa costante volontà di ampliare la comprensione delle leggi della natura è la ragion d’essere del Cern di Ginevra, il più grande laboratorio mondiale di fisica fondamentale e una delle più alte intuizioni di un’Europa che voleva riemergere dal disastro della seconda guerra attraverso un cammino comune di conoscenza. Nato nel 1954, ospita una comunità di più di 14 mila fisici, ingegneri e tecnici, che costituiscono uno straordinario ecosistema in cui ricerca di base, tecnologia e formazione concorrono in maniera inscindibile alla realizzazione di questo scopo primario.
Il 2012 è stato un anno eccezionale: il 4 luglio, gli esperimenti Atlas e Cms hanno annunciato la scoperta di una particella le cui caratteristiche erano compatibili con il bosone di Higgs, che per più di quaranta anni è stato una sorta di Sacro Graal per la fisica delle interazioni fondamentali. Quello che rende questa particella così speciale è il fatto che essa è la prova regina dell’esistenza del meccanismo che dà origine alla massa di tutte le particelle elementari, un meccanismo che si è messo all’opera un centesimo di miliardesimo di secondo dopo il Big Bang e che ha reso possibile la formazione dell’universo e in ultima istanza di noi che lo osserviamo.
Tornando alla domanda di Gladstone: ci cambierà la vita il bosone di Higgs? Sì e no. Anche se non possiamo al momento pensare a nessuna sua applicazione pratica, la storia ci ha insegnato che le grandi scoperte hanno sempre generato, dopo qualche tempo e in maniera del tutto imprevedibile, fenomenali cambiamenti nella nostra società. Nel 1929, ad esempio, un geniale fisico inglese, P. A. M. Dirac, dedusse l’esistenza dell’antimateria, che poi venne osservata sperimentalmente pochi anni dopo. Nessuno allora avrebbe potuto pensare a un suo uso pratico e ancora oggi la maggioranza delle persone pensano che l’antimateria sia solo un’invenzione della fantascienza, utilizzabile in romanzi come Angeli e demoni. Eppure è proprio dell’antimateria che ci serviamo per la diagnosi dei tumori con la Pet, la tomografia a emissione di positroni. I positroni, che sono l’antimateria degli elettroni, sono passati nel giro di 50 anni da essere un concetto astratto a una risorsa di uso comune! Tra l’altro, il primo prototipo di questa tecnologia è stato realizzato trent’anni fa proprio al Cern.
E anche senza aspettare tempi lunghi, l’imprescindibile sinergia tra scienza e tecnologia, così necessaria alla ricerca di base, è un motore costante dell’innovazione e produce risultati immediatamente vantaggiosi per la società. L’esempio più clamoroso di ciò è l’invenzione al Cern nel 1989 del Web, che oggi genera il 15% dell’economia mondiale e che ha cambiato in maniera sostanziale il nostro modo di vivere. Non meno importanti sono gli sviluppi che il laboratorio ha dato alla superconduttività, ai rivelatori a stato solido per imaging, all’uso degli acceleratori di particelle per la terapia dei tumori. Forse non tutti sanno che a Pavia è in funzione il Centro nazionale di adroterapia oncologica - un acceleratore di protoni e ioni carbonio anch’esso originato da un progetto del Cern - che, assieme ad Heidelberg e nel prossimo futuro a Vienna, costituisce il più avanzato centro di radioterapia in Europa.
L’elenco delle storie di successo potrebbe continuare a lungo, ma quello che ci preme di più è ribadire che, specialmente nei momenti di crisi economica, è necessario avere il coraggio e la lucidità di investire in educazione, ricerca innovazione. Solo questo è lo strumento più efficace per superare in fretta e stabilmente la crisi e, nel lungo termine, è la maniera migliore per sperare in un futuro sostenibile: le scoperte della scienza hanno da sempre scandito e indirizzato la storia dei popoli e non vi è alcun ragionevole motivo per cui questa stretta dipendenza possa oggi essere messa in discussione.
15 aprile 2013 (modifica il 3 maggio 2013)
NOBEL PER LA MEDICINA
l premio Nobel per la medicina e la fisiologia, edizione 2013, è andato a tre ricercatori che lavorano in tre delle più prestigiose università americane: James Rothman della Yale University di New Haven (al terzo posto nella classifica delle top venti secondo l’elenco pubblicato dalla rivista U.S.News per il 2013), Randy Schekman della californiana Berkeley University (che occupa la ventesima posizione), entrambi americani, e il tedesco Thomas Südhof della Stanford University, in California, (classificata al quinto posto). Tutti e tre sono nati fra il 1948 e il 1955.
Ecco la motivazione dell’ambito riconoscimento, secondo il linguaggio tecnico dei giudici del Karolinska Institutet di Stoccolma e dell’Accademia svedese delle scienze che ogni anno decidono a chi consegnare l’assegno di oltre 900 mila euro: per «le scoperte sui meccanismi che regolano il traffico delle vescicole, il più importante sistema di trasporto delle cellule».
Nella pratica le cose sono un po’ più semplici da capire. Le cellule del corpo umano, infatti, funzionano come piccole fabbriche: producono sostanze che servono per la loro sopravvivenza o per il buon funzionamento di tutto l’organismo. Qualche esempio? Le cellule del pancreas secernono insulina, l’ormone che permette all’organismo di utilizzare gli zuccheri. Le cellule nervose fabbricano mediatori chimici che sono coinvolti nei processi di apprendimento, nella costruzione dei ricordi e via dicendo.
Ma come viaggiano queste molecole all’interno e all’esterno delle cellule? Attraverso microscopici container chiamati vescicole. E i tre Nobel hanno scoperto come viene regolato questo traffico e come le sostanze vengono «scaricate» o «caricate» al posto giusto e nel momento giusto.
Schekman ha identificato, negli anni Settanta, tre classi di geni che regolano questo sistema di trasporto: una sorta di «vigili» genetici che dirigono il traffico.
Rothman, negli anni successivi, ha individuato i meccanismi che consentono alla vescicola-container di liberare il suo carico nella cellula giusta: la membrana della vescicola, infatti, «si fonde» con quella della cellula secondo specifiche combinazioni (in altre parole: le due membrane devono combaciare come i due lati di una cerniera) e a questo punto il contenuto viene scaricato all’interno della cellula.
Südhof ha aggiunto un nuovo tassello alle scoperte dei due biologici americani occupandosi in particolare di sistema nervoso e di controllo delle modalità di rilascio delle molecole, scoprendo che, in tutto questo, lo ione calcio gioca un ruolo di grande importanza.
Gli studi dei tre neo-Nobel hanno a che fare con la ricerca di base e con processi fondamentali della fisiologia umana: non hanno immediati risvolti pratici, ma aprono nuovi filoni di ricerca per quelle malattie, nervose e immunologiche soprattutto, che comportano un’alterazione di questi sistemi di trasporto.
Adriana Bazzi
abazzi@corriere.it