Ettore Colombo, il Messaggero 8/10/2013, 8 ottobre 2013
DALLA LEGGE ELETTORALE AI SOLDI AI PARTITI TUTTE LE PARTITE IN SOSPESO ALLE CAMERE
IL FOCUS
ROMA «In questi ultimi tempi ho dovuto dedicare tempo ed energia ad altro, non certo alla promozione delle riforme e all’aumento della competitività». Così, tre giorni fa, il premier, Enrico Letta. Per l’intera scorsa settimana il governo Letta-Alfano ha, come si sa, navigato a vista, rischiando anche di cadere, e solo lo scorso 2 ottobre è uscito indenne dal voto di fiducia. Già, ma cosa è rimasto in sospeso, nel menù delle riforme, in Parlamento? Si fa prima a dire quello che “non” si è fatto. Alcuni provvedimenti sono stati più volte annunciati (antico vizio italico), ma non hanno ancora visto la luce e il varo finale. Ecco l’heri dicebamus del governo Letta, lato riforme.
Il democrat, oggi renziano ma ieri astuto radicale, nonché vicepresidente della Camera, Roberto Giachetti, è entrato in sciopero della fame contro l’attuale legge elettorale in vigore (il Calderolum, sistema proporzionale con sbarramenti vari e con un abnorme premio di maggioranza sub judice di essere proclamato illegittimo, il prossimo 3 dicembre, dalla Consulta). Giachetti, da ieri, ha lanciato, per il 31 ottobre, un “No Porcellum-Day”, provocando – fuori e, soprattutto, dentro il suo partito, il Pd – una furibonda serie di polemiche fino al punto di accusarlo, in molti, di «cercare solo di farsi pubblicità». Giachetti e i renziani puntano, di fatto, al Mattarellum (un maggioritario a turno unico basato su collegi uninominali), mentre gran parte del Pd (Letta, Franceschini, Epifani, Cuperlo, D’Alema, Bersani) gradirebbe il ritorno a un proporzionale corretto (proposta Violante o idea D’Alimonte), correggendo di fatto il Porcellum che, invece, Pdl, Lega e M5S difendono. Poi, alla Camera, giace da mesi, senza riuscire a darsi pace, un disegno di legge, la “riforma-abolizione” tout court del finanziamento pubblico ai partiti politici. Voluta dallo stesso Letta, che ha più volte minacciato di procedere con decreto legge, il ddl non ne vuole proprio sapere – dopo essere rimasto mesi e mesi ferma nella I Commissione Affari costituzionali della Camera e dopo un ping-pong estenuante tra la commissione e l’aula – di vedere la luce: le sensibilità dei partiti (tutti) sono troppe, tutte delicate.
LEGGI BANDIERA
Poi ci sono leggi-bandiera per molti, anche se non vere e proprie riforme, come il decreto legge sul femminicidio (la presidente della Camera, Laura Boldrini, fece riaprire il portone di Montecitorio in pieno agosto per farla), ma il cui dl è ancora alla Camera, e il dl sull’omofobia. Pur approvato tra mille polemiche Alla Camera bassa deve ancora affrontare (e superare) il ben più difficile esame del Senato.
LA COSTITUZIONE
E, infine, ecco le famose riforme istituzionali volute dal governo Letta-Alfano e tenute a battesimo dal ministro alle Riforme, Quagliariello. Lo scorso 10 settembre hanno superato il primo esame (detto “prima lettura”) tra Senato (maggio-giugno-luglio) e Camera (luglio-agosto-settembre). Obiettivo, dopo la necessaria “seconda lettura” di entrambe le Camere a intervallo di tre mesi tra la prima e la seconda, l’istituzione dell’ormai noto Comitato dei 42: 40 parlamentari misti delle I Commissioni di entrambe le Camere più i due presidenti, Sisto e Finocchiaro, delle stesse chiamati, a riformare la II; III, IV parte della Costituzione agendo attraverso l’articolo. 138. Azione talmente invisa a una fetta della sinistra che, sabato prossimo, 12 ottobre, la Fiom di Landini, molte associazioni e personalità come Rodotà andranno in piazza, a Roma, «contro lo stravolgimento della Costituzione».
Al netto dei provvedimenti economici (entro il 15 ottobre il governo dovrà presenterà alle Camere il decreto-legge di Stabilità, cioè la ex-Finanziaria), dire che, tra palazzo Montecitorio e palazzo Madama, siamo all’ingorgo istituzionale è dir poco. Il problema tecnico è sempre lo stesso: la “navetta” cui ogni legge (ddl, dl o decreto-legge) è costretto, facendo perdere tempo, ma anche quello politico è sempre lo stesso: la burrascosa alleanza Pd-Pdl.
Ettore Colombo