Vittorio Sabadin, La Stampa 08/10/2010, 8 ottobre 2010
CHE TWEET-PASTICCIO, BRIDGET JONES
Quattordici anni dopo, Bridget Jones torna nel nuovo libro di Helen Fielding, «Mad about the boy». Suo marito Darcy è morto, lei ha 51 anni e due figli. E’ la vecchia amica Talitha a spiegarle che il mondo è nel frattempo cambiato: quando avevi 30 anni, le dice, non c’erano Twitter, Facebook e le e-mail, e la gente si parlava per telefono. Anche le ragazze – aggiunge – sono diverse: sono più aggressive e i maschi sono più pigri, ora bisogna incoraggiarli.
Decisa a rimettersi in caccia dopo un doveroso, lungo periodo di lutto, Bridget si pone dunque domande più consone ai tempi: è meglio morire di botox o morire di solitudine a causa delle rughe? E’ sbagliato mentire sull’età in un sito di appuntamenti? Dormire con qualcuno dopo due incontri e sei settimane di messaggini è come sposare qualcuno dopo due incontri e sei mesi di lettere ai tempi di Jane Austen? Alle prese con lo sconosciuto mondo dei social network, Bridget Jones ci si trova presto a proprio agio. In fondo, dagli Anni 90, il suo personaggio ha ispirato, grazie ai libri e ai film, quel desiderio di esposizione di se stessi e di ostentata, spesso finta, mancanza di autostima che sono così presenti su Facebook e nelle altre forme di incontri online.
Grazie a twitter, Bridget entra in contatto con Roxter, un «toy boy» di 29 anni con il quale inizia una relazione impossibile, destinata a non essere quella risolutiva. Twittare all’inizio le piace: è una continua conversazione con gli amici che va avanti anche quando dovresti fare altro, e ti permette persino di avere una relazione senza incontrarsi mai. Ma alla fine scopre anche gli aspetti oscuri del texting e si domanda per quale ragione più uno twitta, meno followers registra. Ha cominciato la sera, dopo avere messo a letto i bambini, per non sentirsi troppo sola. E nel puro stile Bridget Jones, ha finito per sentirsi non soltanto sola, ma anche impopolare. Tutto sommato, era meglio prima.