Laura Laurenzi, La Repubblica 08/10/2010, 8 ottobre 2010
JOLE VENEZIANI LA MODA PRIMA DELLA MODA
Un indirizzo che fu un punto di riferimento per una certa Milano, il suo. Un atelier che era anche un salotto, dove circolavano personaggi, gran dame e anche idee. Nata nel 1901, veniva dal profondo sud, da Leporano, un paese della provincia di Taranto Iolanda Veneziani, buona famiglia di professionisti che si trasferì a Milano quando lei era ancora bambina, ultima di nove fratelli. Jolanda detta Jole avrebbe voluto seguire le orme della madre, appassionata di opera, forse addirittura fare l’attrice, ma alla morte prematura del padre, avvocato triestino, abbandonò ogni sogno di gloria e si impiegò in una prosaica azienda di pellami e pellicce.
Impara l’arte e mettila da parte. Anzi, no: utilizzala e appena puoi fai vedere chi sei. Raro caso di creatività coniugata a notevoli capacità imprenditoriali, nel ‘38 la Veneziani apre un laboratorio di pellicce tutto suo in via Nirone: visoni, giaguari, leopardi, cincillà, ocelot, zibellini, capi che si impongono all’attenzione di varie sartorie d’alta moda per la loro lavorazione, la loro linea, la leggerezza, la versatilità, l’audace colorazione. Ed è proprio durante la guerra, sotto le bombe, che Jole sviluppa il suo atelier affiancando alle pellicce anche la couture e diventando un nome di richiamo nell’ambiente dell’alta borghesia meneghina. Nel 1944, in un clima di rinascita e nel desiderio di gettarsi alle spalle i fantasmi della guerra, si installa nel suo indirizzo definitivo: il numero 8 di via Montenapoleone, che ben presto diviene un’officina di creatività, ma anche un punto di ritrovo e di arrivo per una certa mondanità alta di gamma, sobria nella forma ma opulenta nella sostanza.
A Milano sembrano esistere solo lei e la Biki. Sarta esigente e intuitiva, oltre che donna colta, viene immediatamente scritturata dal barone Giorgini per la sfilata collettiva a Firenze che nel febbraio 1951 segna ufficialmente la nascita dell’alta moda italiana. Saranno i suoi anni più fulgidi: i Cinquanta e i Sessanta. Nei lussuosi saloni dorati risplendenti di specchiere dell’atelier passano le sue Veneri in visone: Josephine Baker e Marlene Dietrich, Maria Callas e Lucia Bosé, Wally Toscanini e Anna Proclemer, Anna Bonomi Bolchini ed Emanuela Castelbarco, ma anche Ljuba Rizzoli, Ornella Vanoni, Franca Rame. Signore assai diverse fra loro che Jole Veneziani sa accontentare, abbigliare con eleganza e intrattenere. «Vestivo le mie clienti secondo la loro
personalità e non secondo la moda», spiegherà. Di alcune diventa amica, confidente, consigliera. Della Bonomi Bolchini dirà: «Un carognino, ma un cuore senza confini». Di Renata Tebaldi che era «troppo monumentale». Di Wally Toscanini, peraltro sua buona amica, rivelerà che non pagava: «Una donna generosa e una gran pasticciona. Mai avuto soldi, ma in compenso aveva un décollété da capogiro». Quanta bella gente nel prestigioso salone Impero grigio e oro dai pannelli dipinti e dai pesanti tendaggi dell’atelier: non solo dame di classe ma anche intellettuali, imprenditori dinastici, politici illuminati. A una sua sfilata a Firenze sedeva fra gli spettatori Dino Buzzati, che scrisse sul Corriere: “È stato sulla passerella Pitti un piccolo festival del miracolo economico tanto dichiarato e spiritoso da non potere dar scandalo”. Premi e riconoscimenti anche internazionali fioccavano già da tempo; il più notevole la copertina che Life le dedica il 14 aprile del 1952. Uno dei suoi segreti è la forza di volontà, ma soprattutto l’energia, l’entusiasmo. Il suo motto suonava così: «Quando decido una cosa la faccio subito, per me non esiste la parola domani».
Aveva sposato un ufficiale del Savoia Cavalleria, Renzo Aragone, medaglia d’oro al valor militare, un matrimonio durato 36 anni. Ma al primo posto Jole ha sempre messo il suo lavoro, magnifica ossessione. La decana del giornalismo di moda e coetanea Maria Pezzi ne descrisse la febbrile vivacità e la simpatia contagiosa: “Sfoggiava occhiali importanti, aggressivi, luccicanti, che lei stessa disegnava. Le sue mani erano paffutelle, ornate preziosamente di perle e zaffiri”.
L’inizio della fine si fiuta nell’aria alla fatidica prima della Scala del 7 dicembre ‘68, quando raffiche di uova marce vanno a bersagliare le gran dame in buona parte griffate proprio Veneziani, sia negli abiti da sera che nelle pellicce. Si chiude per sempre un ciclo e la Jole fa un passo indietro meditando il ritiro. Pioniera del Made in Italy nel mondo, muore nel 1989.