Maria Teresa Cometto, Corriere della Sera - Economia 07/10/2010, 7 ottobre 2010
PINTEREST UNA BACHECA PER (FAR) FARE AFFARI
C’era una volta l’abitudine di ritagliare dai giornali articoli e foto interessanti e metterli da parte per usarli in futuro. Le persone più ordinate (magari le Vergini come me) dividevano i ritagli in cartellette: le ricette da cucinare, i viaggi da organizzare, l’hobby da praticare, lo shopping da fare e così via. Nell’era di Internet la carta è scomparsa, ma resta la passione di collezionare idee e immagini che ci fanno sognare; e in più abbiamo nuovi strumenti per condividere quelle idee e immagini con un numero illimitato di «amici».
Il mezzo oggi più popolare per farlo è Pinterest, il social network cresciuto più rapidamente nella storia del web: ha impiegato meno di due anni per raggiungere 10 milioni di utenti e ora ne conta 70 in tutto il mondo, Italia compresa (secondo l’agenzia francese Semiocast); e ha raggiunto la valutazione di 2,5 miliardi di dollari con l’ultima raccolta di fondi da investitori privati, fra i quali si contano tutti i più importanti angel investor e venture capitalist, da Andreessen Horowitz a FirstMark capital, da Brian Cohen a Bessemer venture partners. Pinterest è insomma la startup più «calda» della Silicon Valley, con un potenziale di business maggiore — secondo i suoi fan — perfino di Facebook e Twitter.
Istruzioni per l’uso
Funziona in modo semplice, come «una bacheca online» dove si possono «attaccare» (pin in inglese) «le cose che si amano», così recita la autopresentazione di Pinterest. Bisogna iscriversi al sito — è gratuito — e poi basta cliccare sull’opzione Pin it disponibile sulle pagine web scoperte navigando, per «archiviarle» nella propria bacheca personale, organizzata a temi; inoltre si possono guardare le collezioni di immagini raccolte dagli altri utenti e prendere anche da lì quello che interessa. Le categorie più popolari sono il cibo e le bevande, il fai-da-te, l’abbigliamento femminile, l’arredamento per la casa e i viaggi. C’è chi l’ha definito l’equivalente online del curiosare di vetrina in vetrina: chi clicca su Pin it accumula una serie di «oggetti del desiderio», molti dei quali vorrebbe comprare.
Tutto era cominciato in modo molto casuale, con un ragazzo, Ben Silbermann, appassionato di collezionismo: da bambino raccoglieva insetti e credeva che sarebbe diventato un dottore, come i suoi genitori e le sue due sorelle. Nato e cresciuto a Des Moines, Iowa, Silbermann ha studiato all’università di Yale laureandosi in Business nel 2003. Ha raccontato all’Alt Summit 2012 di Salt Lake City, Utah: «avevo la sensazione che quella era la storia di questi tempi e che io ero nel posto sbagliato». Il film I pirati di Silicon Valley su Steve Jobs e Bill Gates l’ha fatto innamorare della Silicon Valley e decidere di trasferirsi là, nel cuore della rivoluzione di Internet, dove ha trovato impiego da Google. Ma anche lì era insoddisfatto, perché non gli lasciavano creare prodotti. Così alla fine del 2008 si è licenziato per perseguire i suoi sogni, ritrovandosi però nel mezzo dello scoppio della Grande Recessione, con nessun investitore disposto a finanziare i suoi progetti. Ha trovato però due partner, l’ex compagno di scuola a Yale Paul Sciarra e l’amico di un amico, Evan Sharp, con cui è riuscito a fondare Pinterest nel dicembre 2009.
L’alba di un fenomeno
La versione «beta» (sperimentale) del sito è partita nel marzo 2010, con Silbermann, i suoi soci e i programmatori chiusi a lavorare in un piccolo appartamento a San Francisco. All’inizio si poteva accedere al sito solo su invito e il fondatore racconta di aver spedito personalmente migliaia di email per conquistare i primi utenti. Poi il Pin it è diventato virale e nel gennaio 2012 gli utenti erano già 11,7 milioni, facendo segnare il record della crescita più veloce fra tutti i social network. A tutt’oggi Silbermann dichiara di non far soldi con Pinterest, che impiega 180 dipendenti. Ma il sito è già usato da importanti marchi per mettere in vetrina i loro prodotti nelle pagine di business e ha appena annunciato l’introduzione di «contenuti sponsorizzati», cioè forme di pubblicità per monetizzare la sua audience. Inoltre fra i suoi azionisti è entrato l’anno scorso Rakuten, il gigante giapponese dell’eCommerce, che potrebbe aiutare la sua espansione. E secondo RichRelevance, una società che monitora il traffico online per conto dei commercianti, i clienti che comprano merce sui siti aziendali arrivando da Pinterest spendono in media 140-180 dollari per ordine, molto di più degli 80 dollari spesi dagli «amici» di Facebook e dei 60 spesi da chi viene da Twitter. Per questo anche gli investitori amano Pinterest e secondo qualche osservatore della Silicon Valley gli stessi Google o Facebook vorrebbero comprarlo.