Elena Tebano, Corriere della Sera 07/10/2010, 7 ottobre 2010
ACCUMULATORI E PATITI DELLA SPESA COSÌ BUTTIAMO 8 MILIARDI DI CIBO
C’è chi stipa il frigo di cibo per riscoprirlo settimane dopo verde e coperto di muffa. Chi si fa abbagliare da 3x2 o mega confezioni famiglia e riempie il carrello all’inverosimile, anche se vive solo in coppia. Chi vuole provare tutto e poi non gli piace. Chi sceglie frutta e verdura per mangiare sano, ma fa la spesa solo il sabato e dopo un po’ le ritrova desolatamente afflosciate. Buone intenzioni a parte, il risultato è lo stesso: sei italiani su dieci fanno marcire nei bidoni della spazzatura tra i 250 grammi e i due chili di alimenti a settimana.
«Buttiamo via in media sette euro di cibo a famiglia. Si stima che in fondo a un anno gli sprechi alimentari costino al Paese 8 miliardi di euro. Due volte il valore della tanto contestata Imu sulla prima casa», spiega Andrea Segrè. Professore di politica agraria internazionale all’Università di Bologna, ha curato il Rapporto 2013 sullo spreco domestico in Italia che verrà presentato mercoledì a Milano e per la prima volta ricostruisce il profilo degli spreconi tipo. Realizzato da Waste Watcher, osservatorio istituito da Last Minute Market con Swg, è anche il primo studio elaborato nell’ambito di Knowledge for Expo , laboratorio di ricerca sui temi dell’Expo 2015. «L’obiettivo è di produrre conoscenze che permettano uno sviluppo più attento all’ambiente, anche cambiando i comportamenti quotidiani», spiega il presidente di Swg Maurizio Pessato.
Ne emergono nove tipologie dello spreco da evitare, che resistono anche alla crisi: «È vero che ci sono meno rifiuti perché si compra meno, ma si continua comunque a buttare il cibo senza averlo mangiato», puntualizza Segrè. La categoria peggiore è quella degli «accumulatori ossessionati», il 9% degli italiani. «Riempiono il frigo come se vivessero in un Paese in guerra», spiega: se non è pieno, temono che non sia abbastanza. «Il risultato è che mangiano troppo e male» e finiscono per accumulare pacchi e barattoli che poi scadono. I migliori invece sono i consumatori attenti, circa il 35% degli italiani: gettano il cibo solo se fa la muffa o ha un cattivo odore. Eppure anche loro non mangiano in media 4 euro di spesa a settimana.
Ci sono poi quelli che odiano riscaldare gli avanzi (sono il 4%); i menefreghisti che non si curano dei danni economici e ambientali causati dalla sovrabbondanza (ribattezzati generosamente dai sondaggisti «nostalgici autoisolati, arresi e senza causa precisa», sono il 5%). E ancora gli inconsapevoli (il 6%): spesso non sanno neanche riconoscere se il cibo è ancora buono. Vale in particolare per i prodotti con la dicitura «da consumarsi preferibilmente entro». «Significa che conservano la piena qualità fino a quella data, ma che rimangono buoni da mangiare anche dopo — chiarisce Segrè —. Di fatto è un’indicazione commerciale per dire quando vanno tolti dagli scaffali». Per evitare confusioni, l’Osservatorio sullo spreco propone una doppia etichetta: «Una con la data ultima di vendita, una con la data di scadenza vera e propria».
In molti però, anche a prescindere dalle etichette, non sanno regolarsi in cucina e preparano porzioni da caserma. Sono i «cuochi esagerati» (13%): mandano in discarica soprattutto pasta, cibi pronti o precotti, pane. «Eppure la tradizione italiana sarebbe piena di ricette per riutilizzare gli avanzi — commenta Zeffiro Ciuffoletti, storico dell’Università di Firenze esperto di enogastronomia —. Si pensi alle minestre di pane o ai timballi di pasta. Certo, richiedono tempo e fantasia che non tutti hanno...».
Il grosso dei prodotti, ad ogni modo, viene buttato da coloro che fanno la spesa in grande una volta a settimana e poi vedono andare a male i prodotti freschi: frutta e verdura, formaggi, pane e latte (succede al 15% degli italiani). A dar loro man forte ci sono i «patiti delle maxi confezioni», che si illudono di risparmiare e scelgono mega pacchi od offerte 3x2, ma poi non li consumano. «C’è una sproporzione tra frigo pieno e scarsa presenza a tavola — spiega Ciuffoletti —. Oggi la famiglia è squagliata, diluita: ognuno mangia dove può. Magari si fa la spesa per tutti, ma poi uno si ferma fuori, l’altro fa l’aperitivo, il terzo non fa in tempo a cucinare e ordina la pizza». In questo caso l’antidoto migliore è fare spese più piccole e più frequenti. Se per questione di organizzazione non si può, il professor Segrè consiglia la lista delle cose da acquistare e la rotazione dei prodotti sui ripiani, in modo da avere sempre ben visibili quelli che stanno per scadere.
L’ultima categoria degli sciuponi, infine, è quella dello «sperimentatore deluso»: vuole assaggiare tutto e solo dopo scopre che non gli piace. Sono il 10% dei consumatori. E, secondo lo storico Ciuffoletti, un segno dei tempi: «Abbiamo l’ossessione di ingrassare e invece viviamo in un mondo di offerte abbondanti. Finiamo che mangiamo molto con gli occhi e non più con la bocca. È il segreto del successo crescente delle trasmissioni sul cibo in tv».