Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  ottobre 07 Giovedì calendario

UN GIORNALISTA DI 79 ANNI IN CARCERE PER DIFFAMAZIONE


REGGIO CALABRIA — Nonostante gli anni, settantanove, e le gravi patologie Francesco Gangemi, pubblicista, direttore responsabile del mensile «Il Dibattito», è finito in carcere per diffamazione a mezzo stampa. Deve scontare due anni di carcere.
Il provvedimento è stato firmato dal procuratore generale di Catania Elvira Tafuri. In passato Gangemi era stato condannato otto volte, sempre per diffamazione, da tribunali calabresi e siciliani, collezionando condanne per complessivi sei anni di reclusione. Scesi a due grazie ai benefici dell’indulto. Nel carnet giudiziario di Francesco Gangemi c’è anche una condanna per falsa testimonianza, diventata definitiva a novembre del 2012, reato comunque commesso non in quanto giornalista, ma nella veste di consigliere comunale di Reggio Calabria.
Francesco Gangemi è stato anche sindaco di Reggio Calabria, sia pure per qualche settimana, nel 1992, durante il periodo della Tangentopoli reggina, che portò in carcere il sindaco dell’epoca Agatino Licandro per un presunto abuso amministrativo riguardante l’arredo urbano. Licandro fu accusato di aver preso soldi, circa 90 milioni di vecchie lire, per una fornitura di fioriere. La sua detenzione durò poco perché decise di collaborare e smascherare le collusioni del Palazzo. Prima ancora del pentimento di Licandro era stato Gangemi a parlare di scandali a Palazzo San Giorgio, con valigie piene di denaro che varcavano il portone del Comune. Quelle affermazioni costarono tanto a Gangemi. Interrogato non rivelò la sua fonte e per questo il tribunale lo condannò a un anno di reclusione per falsa testimonianza.
L’arresto del direttore del «Dibattito» per il procuratore generale di Catania è stato «necessario» perché il «condannato» Gangemi «ha omesso di presentare l’istanza per la concessione delle misure alternative alla detenzione nei termini prescritti». La notizia del suo arresto è stata diffusa dal figlio Maurizio. «Le sentenze si discutono e si commentano, ma si rispettano». Quello che è grottesco è l’arresto — ha detto Maurizio Gangemi. «Mio padre ha 79 anni ed è malato».
Duro il commento della Federazione della stampa. «È allucinante che a 79 anni, un giornalista, condannato per diffamazione e per non aver rivelato le fonti fiduciarie di notizie, venga arrestato e portato in carcere», hanno detto Franco Siddi, segretario generale, e Carlo Parisi, vicesegretario e segretario del Sindacato giornalisti della Calabria. «Quanto accaduto al giornalista Gangemi appare una mostruosità difficilmente concepibile per qualsiasi ordinamento democratico che si fondi sulla libertà di espressione, di stampa e sul pluralismo delle idee». Siddi e Parisi hanno auspicato che il Parlamento «riformi la legge sulla diffamazione» e, rivolgendosi alle cariche istituzionali, hanno chiesto una «considerazione appropriata e umana del caso affinché si faccia uscire presto di galera Gangemi. La proposta è stata firmata anche dall’Unione cronisti.