Maurizio Giannattasio, Corriere della Sera 07/10/2010, 7 ottobre 2010
CAMPIDOGLIO E PALAZZO MARINO FUORI CONTROLLO QUI MILANO RINCARI PER METRO E BUS E «FORBICI TRIMESTRALI»
Una partenza da brivido: 489,5 milioni di disequilibrio su un bilancio complessivo di 2 miliardi e 500 milioni (esclusi gli accantonamenti). Se confrontati con il buco di 867 milioni sui 5 miliardi di bilancio di Roma, indicano come percentualmente lo spareggio iniziale milanese fosse molto più alto di quello della Capitale. E soprattutto descrivono bene il panico che è serpeggiato a Palazzo Marino, casa del Comune di Milano, quando nelle prime settimane di marzo si sono messe nero su bianco le cifre del bilancio preventivo 2013.
Non è stato però un fulmine a ciel sereno. Tante le cause che hanno portato al mezzo miliardo di buco. Alcune conosciute: come il taglio progressivo dei trasferimenti dello Stato. Si è passati dai 737,5 milioni di euro del 2010 ai 462,9 del 2013. O la norma contenuta nella legge di Stabilità 2012 che vieta di usare le plusvalenze patrimoniali a favore del bilancio corrente. Nel 2011 erano 59 milioni, nel 2012 45, nel 2013 zero spaccato. Legge di Stabilità che aveva modificato anche un’altra fonte di entrate fondamentale per il Comune: gli oneri di urbanizzazione. Non potevano essere utilizzati per la spesa corrente. Nel 2010 erano 89 milioni, nel 2011 76, nel 2012, 28. A salvare le casse comunali è intervenuto il decreto legge 35 del 2013 che ha prorogato fino al 2014 la possibilità di utilizzare la metà degli oneri di urbanizzazione sulla parte corrente. E così, Milano ha potuto inserire a bilancio 25 milioni di euro. C’è poi il capitolo degli incrementi di spese obbligatori. Si va dall’aumento del costo del trasporto pubblico locale dovuto alla realizzazione delle due nuove linee del metrò pari a 91 milioni in più a vari conguagli per un totale di 169 milioni di euro. Quello che invece il Comune non sapeva e che ha rappresentato la ciliegina sulla torta è stata la riduzione del Fondo di solidarietà comunale. Milano, improvvisamente si è ritrovata con un taglio di 132 milioni, rispetto ai 96 tolti agli altri comuni con più di 500 mila abitanti. Altri 38 milioni di euro in meno che hanno fatto infuriare il sindaco Giuliano Pisapia. Ecco come si arriva ai 489 milioni di buco. E qualcuno, malignamente, fa anche notare che Milano a differenza di Roma (grazie alla gestione commissariale che si è fatta carico del debito) deve pagare ogni anno 250 milioni per ripianare il debito. Problema che non ha Roma.
Da qui è partito il faticosissimo lavoro dell’assessore al Bilancio, Francesca Balzani. Una ricetta fatta di riduzione e congelamento della spesa, aumenti delle imposte (addizionale Irpef e Imu) servizi più cari, dividendi straordinari dalle partecipate ma nessuna richiesta di aiuto al governo se non la revisione ritenuta ingiusta del Fondo di solidarietà.
Partiamo dall’Irpef. Una manovra da 110 milioni di euro. Soglia di esenzione a 15 mila euro e cinque scaglioni progressivi per fasce di reddito con aliquote che vanno dallo 0,67 allo 0,8 per cento per chi ha un imponibile superiore ai 70 mila euro. Altri 110 milioni dovrebbero arrivare con la manovra virtuale sull’Imu con l’aliquota sulla prima casa che passa dallo 0,4 allo 0,575. Il Consiglio comunale ha già chiesto di portare l’aliquota al massimo: lo 0,6 per cento. I 13 milioni in più servirebbero per innalzare la soglia di esenzione dell’addizionale Irpef ben sopra i 15 mila euro. Aumentate anche la tassa di soggiorno che passa da 8,7 a 27,6 milioni di euro. La Tares, ma qui c’entra poco il Comune, porterà 288 milioni, 48 milioni in più rispetto alla Tarsu del 2012. Rincari anche per i servizi a partire dagli abbonamenti mensili per i trasporti pubblici (da 30 a 35 euro). Si è fatto ricorso anche ai dividendi straordinari delle partecipate per un totale di 98 milioni. A fare la parte del leone (non proprio di buon grado) l’Atm, l’azienda pubblica di trasporti con un maxicontributo di 55 milioni.
Sul lato della spesa si è tagliata la bellezza di 112 milioni di euro grazie a mini-bilanci di tre mesi in tre mesi. Le short list introdotte dalla Balzani hanno permesso di graduare gli interventi di spesa in base alla priorità dei progetti presentati dagli altri assessori. «Abbiamo fatto come stanno facendo tutti i Comuni italiani, con le nostre forze — dice non senza un briciolo di malignità la Balzani — Faticosamente, ma da soli».
Alla fine entrate e uscite sono pari. Un pareggio che però sottostà al rimborso dell’Imu da parte del governo. Altrimenti, la manovra dovrà essere riscritta in assestamento. Con nuove tasse in più per i milanesi.