Nicola Imberti, Il Tempo 07/10/2010, 7 ottobre 2010
TOSI, IL DIVERSAMENTE LEGHISTA ALLA CONQUISTA DEL CENTRODESTRA
Come si batte un sindaco? Ovvio, con un sindaco. Così, nel giorno in cui Matteo Renzi, dalle pagine della Stampa , traccia il profilo del «suo» Pd, Mantova «incorona» Flavio Tosi. All’interno del Palabam, raccontano, tra le 4 e le 6 mila persone. Ma l’evento passa quasi inosservato. È lo stile del primo cittadino di Verona. Che in silenzio è cresciuto, ha preso le distanze dalla Lega di lotta, e ora si propone come leader nazionale.
A ben vedere il percorso di Flavio e Matteo ha diverse somiglianze. Entrambi sono sindaci apprezzati sul territorio e capaci di catalizzare un consenso trasversale. Entrambi hanno una fondazione che è il fulcro della loro proposta politica. Renzi l’ha chiamata Big Bang. E da lì ha iniziato la sua opera di «demolizione» del Pd e del sistema politico che ha guidato il Paese negli ultimi 20 anni.
Tosi l’ha chiamata Ricostruiamo il Paese. L’ha inaugurata ieri e ora è pronto a lavorare con «tutti coloro che vogliono ricostruire il Paese, che vogliono un cambiamento concreto, non a parole».
Il programma in 13 punti va dalla necessità di far nascere una nuova classe dirigente capace di superare le contrapposizioni ideologiche alle proposte di riforma da realizzare rigorosamente in maniera condivisa. Anche qui gli accenti renziani non mancano. Ad esempio il sindaco di Verona, proprio come il suo collega fiorentino, chiede che anche a livello nazionale venga introdotta la legge elettorale in vigore nei comuni mentre invoca quella modifica «indispensabile» del sistema burocratico che «si può realizzare a costo zero».
Ma a balzare agli occhi sono più le posizioni che assume su alcuni temi caldi dell’agenda politica. Infatti Tosi parla di sanzioni che «impediscano la ricandidabilità di chi ha un ruolo istituzionale e non si comporta correttamente». E quando sottolinea la necessità di separare le carriere di magistrati e giudici chiede «serenità ed equilibrio».
Non finisce qui. Nel punto dedicato all’Europa non c’è alcuna traccia di certi eccessi leghisti su ipotetici referendum pro e contro euro, ma si punta più semplicemente sull’idea di far tornare l’Italia protagonista in Europa.
Unico «scivolamento» verso le posizioni del Carroccio quando si affronta il nodo immigrazione. Qui Tosi rilancia la battaglia contro l’immigrazione clandestina (con ogni «iniziativa utile») e boccia seccamente lo «ius soli». Insomma, l’impressione è di trovarsi davanti al programma di un «diversamente leghista». E in fondo il sindaco lo è.
Qualche mese fa fu lui, nel pieno della bufera, a ricevere il ministro Cécile Kyenge e a chiederle scusa per gli attacchi dei suoi compagni di partito. Inoltre non ha mai condiviso le sparate contro l’unità d’Italia. Per questo è apprezzato dai Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni (che lo hanno invitato ad Atreju), ma anche da Scelta Civica che lo ha invitato alla propria festa a Caorle (Ve). E pure Renzi lo «ama» particolarmente. Tanto da iniziare proprio da Verona la sua corsa, conclusasi con la sconfitta contro Pier Luigi Bersani, alle primarie del 2012.
Potrebbe essere Tosi l’uomo giusto per sfidare Matteo alle prossime elezioni? Lui di certo ci punta. Poco importa se alla guida di un nuovo centrodestra o di una Lega più moderna di quella attuale. L’importante è che l’investitura arrivi attraverso le primarie.
Nel frattempo lancia segnali. Così, quando gli chiedono cosa pensi del fermento interno al Pdl, commenta: «Lupi, Lorenzin, Quagliariello e gli altri hanno combattuto una battaglia pensando a quello che si aspettava da loro il Paese. Non sono traditori, hanno fatto una scelta pericolosa, perché stare con il capo è sempre più facile».
Poi, dal palco, strizza l’occhio ad alcuni cavalli di battaglia grillini come quello dei costi della politica: «Da sindaco guadagno 4 mila euro netti al mese, mi bastano e ci pago i contributi i politici devono ridursi il salario, perché, quello che percepiscono, è un insulto a chi lavora».
E se il vicepresidente del gruppo leghista alla Camera Gianluca Pini lo indica già come «prossimo premier», Meloni rilancia: «Guardiamo con attenzione la convention che Flavio Tosi organizza a Mantova».
Già, Mantova. Una città lombarda quindi fuori dal Veneto felix in cui Flavio ha costruito il suo successo. Qui, però, ebbe sede il primo Parlamento del Nord. Sembra un secolo fa e oggi di quella Lega, la Lega delle origini, è rimasto sicuramente ben poco. Anche ieri, in platea al Palabam, c’erano pochi volti noti. Assente, scontato, Umberto Bossi. Ma assenti anche Roberto Maroni, Roberto Cota e Luca Zaia che con Tosi rappresentato il nuovo corso. Il governatore del Veneto, però, aveva parlato alla vigilia: «Onde evitare polemiche non ci sarò. Non nascono nuovi partiti. Presentiamo il nostro candidato per le eventuali primarie del centrodestra o il candidato premier se corriamo da soli». Il futuro è già di Flavio.