Paolo Siepi, ItaliaOggi 5/10/2013, 5 ottobre 2013
PERISCOPIO
Gli elettori chiedono più lavoro e più crescita. Non possiamo rispondere solo con il progetto dell’unione bancaria, non capirebbero e ci rincorrerebbero con i forconi. Enrico Letta. Corsera.
Immigrati. Arrivederci alla prossima strage. Jena. la Stampa.
Berlusconi prega molto, anche se non va spesso in chiesa. Però ha una cappella ad Arcore. Ma qualche piacere se lo concede. Gli piace il vino, l’Amarone come rosso e gli altoatesini bianchi, un po’ aromatizzati. Adora la grappa Nonino. Ama la tagliata di manzo fatta bene, pasta pomodoro e basilico, risotti. Alfredo, ex maggiordomo di Berlusconi. Il Fatto quotidiano.
Nei documenti di Magistratura democratica ci sono scritte cose incredibili: questi magistrati hanno teorizzato l’avanzata dei diritti dei ceti più deboli e la trasformazione in chiave progressista della nostra società, insomma gli stessi slogan con cui il vecchio Pci ha cercato in tutti i modi, dal ’45 in poi, di far diventare l’Italia una fotocopia della Germania Est. Questi giudici hanno affermato, nei loro documenti, che in un’aula di tribunale un lavoratore vale di più di un imprenditore: inquietante. Il cittadino Piero Ostellino si sente in pericolo davanti ad affermazioni di questo tipo. Piero Ostellino, già direttore del Corsera. Il Giornale.
Chi dovrebbe pagare il salario dei lavoratori che non ricavano, da quello che fanno, le risorse necessarie? Tutti gli altri. Non c’è soluzione. Questo già avviene con la cassa integrazione in deroga. È una forma di tassa. Quanto può andare avanti un paese che fa pagare a tutti, pro quota, il lavoro di quelli che non creano tante risorse da poterselo pagare da soli? In questo senso, il diritto al lavoro è subordinato anche alle leggi dell’economia: niente utile, niente paga. Se non ci sono soldi, come si potrebbe corrispondere un salario? Di fronte ai queste affermazioni, i grillini a momenti mi ammazzavano. Bruno Tinti. Il Fatto quotidiano.
In Francia c’è una repubblica presidenziale, in Gran Bretagna un primo ministro che decide, negli Stati Uniti il presidente che può tutto...Qui da noi? Per questo, prima di pensare a nuove elezioni, io penso che questo governo farebbe bene a lavorare a una riforma elettorale, ma non solo. Deve abbassare le tasse, far sì che le banche tornino a prestare soldi alla gente. Flavio Briatore. Corsera.
Quando si parla di egemonia culturale della sinistra riconosco che la società più essere ben dominata dalla destra mentre le idee continuano a essere della sinistra. Per comprenderlo bisogna rifarsi a Rousseau e alla Rivoluzione francese. La sinistra è l’erede del 1789. Essa ne incarna i valori, in particolare il valore dell’uguaglianza. Voi noterete che questo è il solo valore che la destra non gli contende assolutamente. La libertà, la laicità, il progresso sono stati progressivamente acquisiti anche dalla destra. Tanto meglio. Jacques Julliard: Les Gauches françaises: 1762-2012. Flammarion.
L’Eni in Mozambico, tanto per fare un esempio, pianifica investimenti per 100 miliardi. L’Italia deve essere in grado di difendere quest’area, anche da interessi concorrenti come quelli cinesi. Investire nell’allestimento di una squadra navale ad hoc tornerebbe utile, oltre a creare occupazione. Dire ciò però non è abbastanza politically correct. Guido Roberto Vitale, banchiere d’affari. Il Foglio.
Questa non è una città, è un regno. Il Regno di Napoli. Peter Brook, regista teatrale. Corsera.
Gli sconfitti sono rassegnati alla sconfitta. I comunisti, nei processi staliniani, si incolpavano di delitti non commessi e si consegnano al boia. In Italia, all’epoca di Mani pulite, i parlamentari socialisti, democristiani, repubblicani e socialdemocratici si sono tolti l’immunità parlamentare. Sopravvive perciò solo chi non si arrende, chi non perde la fede, chi resta unito e si riorgaizza per resistere, per vendicarsi. È quello che hanno fatto nel corso di tutto il XIX e il XX secolo i musulmani e i cinesi di fronte alla colonizzazione occidentale. Sempre sconfitti, si sono sempre ribellati e hanno conservato la loro identità. Francesco Alberoni. Il Giornale.
L’animatrice culturale introduce l’opera del cialtrone Aps magnificando la sensibilità dell’autore, lo stile potente e la sottigliezza psicologica che, del resto, traspare fin dal titolo: «Decrittando Cupido». Finalmente il cialtrone può prendere la parola e sfiancare i presenti con un vaniloquio di mezz’ora che spinge la madre dell’autore a un passo dal disconoscimento. Quando, ebbro di sé, deve prendere il fiato, offre involontariamente al Teotochi Albizzati Fringibello del Rosso di porre una domanda sulle ragioni inconsce che hanno spinto l’autore ad ambientare la sua storia d’amore (ché, di questo si tratta) tra una pr milanese e un ex lama tibetano a Sharm el-Sheikh. Alla fine della presentazione del libro del grande cialtrone, debole applauso, prosecchino con patatina rancida e tartine ossidate e poi dediche e dediche come neppure Ken Follett: «A Sandro, amico, mentore, sodale, drudo, così lontano eppure così vicino» e altre variazioni sul genere. È difficile che Carver, che è stato il suo modello, possa essere mai perdonato. Andrea Ballarini: Fenomenologia del cialtrone. Laterza.
«Rabbiosi» e «incazzati» sono sinonimi stretti. Ma il fatto che si sia più inclini a usare una mala parola, mi pare esprima un certo cambio di stile di pensiero e di costume. È l’Italia bassa e privata che sta prendendo il sopravvento. Tullio De Mauro, linguista. La Repubblica.
In molti paesi della Lombardia sorgono ancora, fuori dagli abitati, i filatoi e i setifici del secolo scorso, grandi come cattedrali. Altri e nudi, con le loro quattro file di finestre senza imposte e intorno il silenzio stupefatto della campagna, sembrano il sogno o un incubo di un architetto ammalato. Quasi tutti, quei casermoni abbandonati, hanno vicino altre costruzioni più basse: magazzini, rimesse, tettoie e una tetra casa senza finestre sotto la quale, attraverso una griglia di ferro, si infila un nero canale: la forza viva che un giorno muoveva le macchine e faceva rombare i telai. Piero Chiara: Viva Migliavacca! Mondadori. 1982.
Io non prego perché non sono praticante. E poi... non so se credere in Nichi Vendola, figurati in Dio. Checco Zalone, attore. Corsera.
Ho il mio nome nei libri e sui manifesti dei music-hall, mi si vede alla televisione, mi si riconosce per strada, si dice bene di me e ciò mi fa piacere, o si dice male e me ne frego perdutamente. Paul Sevran: Toutes les bonheurs sont provisoires. E’ditions J’ai lu.
Le donne che ho amato si ricordano di me quando nessuno più le ama. Roberto Gervaso. il Giornale.