Paul Krugman, Il Sole 24 Ore 6/10/2013, 6 ottobre 2013
SHUTDOWN, ECONOMIA E POLITICA DEL CAOS
L’economista Mark Thoma ha scritto recentemente un eccellente editoriale per il Fiscal Times, in cui collega la battaglia per l’innalzamento del tetto all’indebitamento al problema più generale del dilagare della disuguaglianza. Ma la realtà, secondo me, è ancora peggio di quello che suggerisce Thoma. Ecco cosa scrive: «L’aumento della diseguaglianza e il differenziale di esposizione al rischio economico spinge un gruppo a vedersi come la parte produttivà della società, che provvede agli altri e si accolla gran parte degli oneri, mentre l’altro gruppo sarebbe la parte parassita, che si prende tutti i benefici. Gli strati più ricchi della società si domandano: Perché dovrei pagare per l’assistenza sociale quando i benefici che ne ricevo sono molto scarsi o del tutto nulli? da qui nascono gli attacchi contro questi programmi».
Thoma, insomma, mette in relazione la battaglia sull’innalzamento del tetto del debito con l’influenza dei ricchi, che vogliono smantellare lo Stato sociale perché per loro non ha nessuna importanza e perché vogliono abbassare le tasse. Si potrebbe aggiungere che la stessa disuguaglianza che rende i ricchi più distanti dai problemi del volgo dà loro un maggior potere, e dunque conferisce più peso alle loro opinioni anti-welfare.
Perché, allora, dico che le cose sono ancora peggiori di come le dipinge Thoma? Perché molti dei ricchi sono selettivi nella loro avversione verso gli aiuti pubblici per gli infelici: sono contrari a cose come i buoni alimentari e i sussidi di disoccupazione, ma quando si tratta di salvare Wall Street sono più che favorevoli!
Dico sul serio: Charlie Munger, il vicepresidente della Berkshire Hathaway, nel 2010 disse che dovevamo ringraziare Dio per il salvataggio delle banche, ma che i comuni cittadini in ambasce dovevano farsi coraggio e arrangiarsi. Lo shutdown: economia e politica del caos.
Come siamo arrivati a questo punto? Ezra Klein, del Washington Post, fornisce implicitamente due interpretazioni abbastanza differenti.
Klein descrive benissimo l’essenza del problema: «L’obbiettivo è semplicemente fermare una legge che aumenta le tasse ai ricchi e riduce i sussidi alle assicurazioni private nel quadro del Medicare(l’assistenza sanitaria pubblica per gli anziani) allo scopo di aiutare gli americani a basso reddito ad avere una copertura sanitaria. Sì, esatto: è per questo motivo che il Partito repubblicano potrebbe costringere lo Stato a sospendere le sue attività e dichiarare il default». Proprio così. Questo scontro per certi versi rappresenta incontestabilmente una lotta di classe: da un lato gli interessi dello 0,1% della popolazione, dall’altro quelli delle famiglie a basso reddito. Ma arrivati a questo punto quasi tutto lo 0,1% sta supplicando i Repubblicani di darci un taglio. Insomma, quando tutto è cominciato era una questione di lotta di classe, ma ormai il mostro è sfuggito dalla gabbia: perfino Karl Rove, l’uomo che praticamente è il difensore ufficiale dei privilegi delle classi alte, piagnucola che il partito non lo sta a sentire. C’è una cosa fondamentale da tenere presente: il Partito repubblicano sembra essere stato preso in ostaggio dalla sua ala radicale. Un elemento cruciale della storia è la bolla conservatrice, che significa, fra le altre cose, che molti a destra hanno idee mostruosamente distorte sulla riforma sanitaria: diversi politici repubblicani probabilmente credono davvero che si tratti di un complotto comunista, o dell’equivalente morale dello schiavismo, o qualcosa del genere. Tornando alla questione della lotta di classe: la mia teoria è che i ricchi si sono comprati un partito di destra radicale, convinti - a ragione - che gli avrebbe tagliato le tasse e avrebbe ridotto la regolamentazione, ma senza rendersi conto che la follia alla fine avrebbe assunto vita propria e che il mostro che avevano evocato si sarebbe rivoltato non solo contro i poveracci, ma anche contro i suoi creatori.E nessuno sa come va a finire.
(Traduzione di Fabio Galimberti)