Alain Elkann, La Stampa 6/10/2013, 6 ottobre 2013
IMPARIAMO DAI CANI A ESSERE PIÙ UMANI
[Michelangelo Pistoletto]
Prima a Bruxelles, poi a Madrid all’Istituto italiano di cultura, la prossima settimana a Tokyo per ricevere il Premio Imperiale (il «Nobel» dell’arte), il massimo riconoscimento per un artista, un regista, un architetto, un musicista. Quest’anno, oltre a lei, Michelangelo Pistoletto, i premiati saranno Francis Ford Coppola e Placido Domingo: che cosa significano queste straordinarie esperienze?
«Non cambio vita, ma proseguo nella dinamica del cambiamento».
Lei si muove per discutere, insegnare e divulgare il suo pensiero. È una nuova forma d’arte?
« È la messa in pratica della libertà e dell’autonomia dell’arte, acquisita nel Novecento per mettere l’arte al centro di una libertà e di una responsabilità che si allarga ai cittadini del mondo. Il mio intento è dare alle persone la capacità di essere più autonome, libere e responsabili per dare vita e realtà all’utopia della democrazia realizzata».
Vincere il Premio Imperiale a Tokyo che cosa rappresenta per lei?
«Significa riconoscere nel mio percorso artistico un processo estetico che si congiunge a un processo etico. L’arte moderna sosteneva che, cambiando l’estetica, si sarebbe cambiata la società, ma non è accaduto. Adesso, invece, bisogna lavorare sul vero cambiamento, intervenendo sulla morale. Questo premio mi offre la possibilità di continuare il discorso ed essere più ascoltato».
Le fa impressione mettere lo smoking e ricevere il premio dalle mani di un imperatore?
«Imperatore significa un’antica forma di potere. Io desidero cambiare le cose, ma sapendo che “cambiamento” vuol dire trasformare le cose esistenti. Il Premio Imperiale dà all’arte uno spazio e una possibilità di comunicazione utile alla trasformazione della società».
Le sembra che Papa Francesco operi nel senso di cambiamento morale da lei descritto?
«Mi pare di sì, però so bene che il Papa ha sulle spalle il fardello del dogma, mentre l’arte si è liberata spiritualmente da questo fardello».
Di cosa ha parlato con Barroso a Bruxelles?
«Barroso tenta di far entrare nella Commissione Europea la voce “cultura”. Ha riunito un gruppo di intellettuali per redigere un nuovo “racconto” proprio per la cultura in Europa».
La cultura è trascurata in Europa?
«“Trascurata” nel senso che è difficile descrivere una visione culturale europea, in quanto ogni nazione si rifiuta di aderire a una concezione comune. Una cultura europea che comprenda i valori di ogni cultura nazionale, invece, può contribuire a quella forma di coesistenza politica ed economica che permetta un governo europeo».
A Madrid, ospite dell’Istituto italiano di cultura e del direttore Carmelo Di Gennaro, ha parlato agli studenti della Scuola Italiana: qual è stata la sua impressione?
«A Madrid, dove ho trovato un’accoglienza attenta sia al Museo Reina Sofía sia nel teatro dell’Istituto italiano di cultura, ho avuto la stessa impressione che riscontro un po’ ovunque, anche quando intervengo nei concerti rock, come mi è successo a Treviso: la necessità di un segno nuovo, che porti nuove visioni, capaci di valorizzare l’individuo, dandogli la possibilità di connettersi con gli altri per acquisire in maniera gioiosa una responsabilità comune».
Com’è cambiata l’arte?
«C’è un’arte per essere commercializzata e c’è un’arte che si offre gratuitamente per il cambiamento. Questa gratuità della partecipazione l’ho impostata nel segno del “Terzo Paradiso” , che non è commerciabile, ma utilizzabile da tutti come traccia di prospettiva di cambiamento».
In Italia vede qualche cambiamento all’orizzonte?
«Ho dato vita a Biella alla “Città dell’Arte”, un organismo educativo, non nel senso nozionistico tradizionale, ma nel senso della capacità dei giovani che, al di là della contestazione, porti alla realizzazione, anche organizzativa, di un cambiamento».
Oggi, però, il 40% dei giovani è disoccupato: non è inquietante?
«La disoccupazione è frutto di una colossale speculazione. La bolla finanziaria, che ne è derivata, si può superare con un’assunzione di responsabilità morale da parte di tutti coloro che producono e scambiano le merci».
Ultimamente lei si è messo a disegnare dei cani. Perchè?
«Ho disegnato un cane in via eccezionale, mentre parlavo con lei di “domesticità”. Il concetto di “domesticità” è la chiave del cambiamento. Basta osservare come gli animali, che entrano nell’ambito domestico, superano l’istinto predatorio. Gli esseri umani, nonostante il progresso, mantengono vivo il vizio, più bestiale che animale, della predazione delle persone sulle persone».
Allora bisogna imparare dai cani?
«Bisogna imparare dal rapporto di scambio, non tanto intellettuale ma di intesa diretta, che si stabilisce con l’animale e con la natura».
Bisogna addomesticare, oltre all’uomo, anche l’artista?
«L’artista come essere umano».