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 2013  ottobre 06 Domenica calendario

LIZZANI, L’ULTIMO NEOREALISTA “ADDIO, STACCO LA CHIAVE”


LA MORTE di Lizzani mi ha sconvolto, è molto difficile per me accettare che Carlo abbia compiuto un gesto così inspiegabile. Ha lasciato un biglietto con la scritta “Stacco la chiave”, quindi penso che abbia avuto uno sconvolgimento enorme nella sua mente, nel suo modo di vivere.

Io l’ho sempre ammirato, per me era un esempio di responsabilità, di comportamento lucido e razionale. Eravamo tutti e due per il cinema impegnato, quello sociale e di denuncia. Avevamo le stesse mete da raggiungere: far capire agli spettatori quali fossero i problemi della società nella quale vivevamo, quale poteva essere il futuro del Paese. Dagli anni ’50 in poi il cinema italiano ha goduto di un periodo straordinario, del quale tutti debbono essere grati. Mi riferisco al neorealismo, un momento magico per il nostro cinema, credo sia stato “fondante” per la nazione. Carlo Lizzani è stato un maestro del neorealismo, e credo che per i giovani sia fondamentale studiare quel tipo di cinema, i registi dovrebbero fare in modo che il pubblico si immedesimi nei personaggi del cinema di oggi. Io predico molto questo riflesso tra il cinema e la società. E Carlo, che è stato anche un bravo storico, ha pure studiato con acume il fenomeno del neorealismo.
L’avevo visto qualche mese fa, era ancora attivo, pieno di progetti. Ho 91 anni anch’io e, dovendo fare un bilancio, devo dire che Carlo è stato più prolifico di me: al mio attivo ho diciotto film, lui sicuramente molti di più. Abbiamo cominciato in parallelo, credo nel ’47, ricordo che ero assistente di Luchino Visconti in La terra trema, mentre lui era l’assistente di Rossellini per Germania anno zero. Lui è stato anche un documentarista, ricordo che dalla Cina tornò con l’eccellente Muraglia cinese. Ed è stato un buon direttore della Mostra del Cinema di Venezia, tra la fine degli anni Settanta e i primi Ottanta ha saputo rivitalizzarla.
Dovessi fare un parallelo tra la fine di Monicelli e quella di Lizzani, direi che è come se Mario e Carlo avessero due atteggiamenti quasi opposti verso la vita. Il primo provava tutto, era curioso, spesso impaziente. Il secondo era riservato, apparentemente chiuso nei suoi pensieri, nelle sue determinazioni. Mai mi sarei aspettato il suicidio di entrambi. Ma, se possibile, faccio più fatica a comprendere il gesto di Carlo, sembra quasi abbia voluto scrivere la sua fine. Alto, asciutto, elegante, lo ricordo sempre presente in prima fila alle manifestazioni culturali. Era un autentico intellettuale, lo ha dimostrato con Achtung! Banditi o Cronache di poveri amanti, Il processo di Verona o Mussolini ultimo atto. Mi fa piacere che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano lo abbia ricordato da amico, con grande affetto. Sì, Carlo era uomo dai molteplici interessi, amava profondamente il suo mestiere ed era anche un critico coscienzioso. Ecco, direi che Carlo era una di quelle rare persone a cui sentivi di poter dare pieno affidamento. Per questo sono addolorato e sorpreso nell’apprendere che ha scritto quel biglietto, “Stacco la chiave”, indirizzato alla moglie e ai figli prima di lanciarsi dal balcone di casa. Preferisco ricordarlo attivo, combattivo, durante le riprese dei suoi film. Oppure al cinema Barberini di Roma, durante la presentazione di uno dei capolavori di Blasetti, Monicelli o Visconti. Certo, a novant’anni si pensa alla fine, vedo che si sta sviluppando un grande dibattito intorno all’eutanasia. Ma vorrei dire che io sono ancora molto legato alla realtà, a quello che mi accade intorno. Mi sono allenato a vivere i miei ultimi momenti con il più sentito realismo.
(testo raccolto da Leandro Palestini)