Federica Angeli; Cristiana Salvagni, la Repubblica 6/10/2013, 6 ottobre 2013
ROMA, SUICIDA A 91 ANNI CARLO LIZZANI “CARI FIGLI SCUSATEMI, STACCO LA CHIAVE”
Quando tre anni fa Monicelli mise fine alla sua vita divorata da un tumore lanciandosi dal quinto piano di un ospedale, il regista Carlo Lizzani lo definì «un gesto da lucidità giovane». Ieri si è appropriato dello stesso «giovane» gesto. «Stacco la chiave, scusate figli cari». Un laconico commiato, poi ha finto di coricarsi nel letto dove la badante lo aveva accompagnato, ha aperto la finestra di casa e ha detto addio alla sua esistenza. Mancavano pochi minuti alle 15.
Il volo dal terzo piano e il tonfo sul terrazzo di un condomino, in una palazzina in via dei Gracchi in Prati, nel silenzio di un piovoso sabato pomeriggio romano, ha lasciato sotto shock tutti i condomini. Che immediatamente hanno intasato i centralini di 113 e 112. «Un piccolo corpo... Una minuscola virgola che riposava su una pozza di sangue, ecco quello che ho visto quando mi sono affacciata», racconta la signora Iole, gli occhi gonfi di lacrime.
Aveva 91 anni il signore del neorealismo, e malgrado i vicini lo vedessero sempre lucido e gioviale, «educato e sorridente, ma molto riservato» soffriva di una brutta depressione da quando la moglie, malata, era costretta a trascorrere le sue giornate a letto e da quando aveva preso coscienza di non essere più in grado di badare autonomamente a se stesso. I segnali nel quartiere li avevano notati tutti. «Aveva smesso, prima dell’estate, di venire a prendere qui al bar il suo solito succo di mirtillo — racconta Luciano, dietro al bancone del “Piazzetta dei Gracchi” — un’abitudine che aveva da tempo». Ma nessuno ha mai sospettato che la vita del maestro indiscusso del cinema italiano potesse chiudersi così.
Negli ultimi mesi era stato diverse volte ricoverato in ospedale, l’ultima dieci giorni fa al Santo Spirito: nulla di grave, problemi legati a un corpo vissuto a lungo. «Di testa era lucido ma non era più autosufficiente e questo lo faceva soffrire», dice il figlio Francesco, professore di Filosofia, fuori dal commissariato Prati. «In un paese civile, mio padre avrebbe scelto l’eutanasia. Diverse volte avevamo parlato in famiglia del suicidio assistito, così come se ne può discutere tra genitori e figli, in modo normale. Ma poiché qui in Italia non è contemplata l’eutanasia, mio padre è dovuto ricorrere a questa fine cruenta. Il suo è stato un gesto pubblico di disperazione privata ». Distrutta ma composta nel dolore la figlia Flaminia: «Non capisco ma rispetto la sua decisione da uomo libero, da pensatore ». Per salutarlo probabilmente una cerimonia laica, forse in Campidoglio, dove Lizzani festeggiò i novant’anni. E i familiari sperano che sia il Comune a fare il primo passo, a proporre la celebrazione.
«Nonostante l’età e le difficoltà di salute, era rimasto straordinariamente presente e combattivo in ogni confronto e in ogni sforzo di passaggio del testimone alle nuove generazioni. Oggi perdo un amico» lo ricorda il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Stupore e angoscia tra i colleghi del cinema. Così il regista Daniele Vicari, su Facebook: «Come Monicelli, anche Lizzani ha deciso quando e come morire. Una generazione padrona della propria vita». Massimo Ghini oltre allo «straordinario regista», lo ricorda come «una persona educata elegante, ironica, sarcastica. Era un amico con cui si poteva parlare di tutto in maniera amabile, e un maestro di vita, di storia, di morale, di politica, di tante cose. Poi aveva questa sua romanità sublime su un fisico così poco romano».
Rammarico anche dall’Associazione nazionale partigiani d’Italia: «Carlo, durante la Liberazione, era studente universitario e fu molto attivo nella Resistenza a Roma. Diede un grande contributo alla cultura democratica nel nostro Paese».