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 2013  ottobre 06 Domenica calendario

VIVI E MORTI, BREVIARIO DELLA TRAGEDIA


BREVIARIO dei vivi e dei morti di Lampedusa. In mare, ancora non si trovano 252 cadaveri.

Un alfabeto della tragedia dalla A alla Z, alla ’I’ troverete ipocrisa, alla ’F’ Frontex.
AFRICA. Vengono tutti da lì. Almeno il 95 per cento di quelli che stavano sul barcone erano somali ed eritrei. Fra questi ultimi moltissimi di etnia Kunama, tribù del bassopiano occidentale al confine con il Sudan.
BEN Salam Khaled. È il tunisino di Sfax che avrebbe traghettato il barcone, dal porto libico di Misurata fino a mezzo miglio dalle coste italiane. Alcuni sopravvissuti l’hanno indicato come il “capitano”, attualmente è indagato a piede libero in attesa di altri riscontri giudiziari. Il 13 aprile del 2013 Ben Salam era stato fermato come clandestino sempre a Lampedusa, identificato ed espulso. È tornato qui sei mesi dopo.
CIMITERO. Quello di Lampedusa è bellissimo. Grandi tombe, lastre di marmo colorate e fotografie di defunti sorridenti a bordo di barche e bianche spiagge sullo sfondo. Ma adesso, nel piccolo cimitero, non c’è più posto neanche per una croce.
DIO. Uno striscione alla fiaccolata per le vie del paese, in memoria dei morti del 3 ottobre 2013: “Dio, non hai salvato me, ma almeno salva mio fratello”.
ERITREAN Brothers. È quello che gridavano l’altra notte i primi neri salvati agli uomini della Guardia Costiera. «Eritrean Brothers, fratelli eritrei», ripetevano mentre fra le onde si agitavano braccia che un attimo dopo non c’erano più.
FRONTEX. È il costosissimo organismo europeo con compiti di pattugliamento del Mediterraneo. Usa sistemi molto sofisticati. Così sofisticati che, con i suoi radar, non riesce a “vedere” i barconi di legno fradicio perché troppo piccoli. Il nome completo di Frontex è molto lungo: “Agenzia europea per la gestione della cooperazione internazionale alle frontiere esterne degli Stati membri dell’Unione europea”. Lunga, sospettosamente lunga, anche la distanza tra il suo quartiere generale — Varsavia, Polonia — e le frontiere meridionali del nostro Continente.
GIUSI. Generosissima, Giusi Nicolini è il sindaco che può salvare Lampedusa.
HOTEL Italia. Così i profughi chiamano il Cpa, il Centro di Prima Accoglienza dell’isola. I posti sono 250, lì dentro oggi sono ammassati quasi mille migranti.
IPOCRISIA. Dopo ogni tragedia del mare, in Italia tutti piangono. Ma in tanti dimenticano presto. È come se non importasse niente a nessuno di ciò che accade da vent’anni nel Mediterraneo. Il naufragio fa “notizia” solo e sempre sopra i 100 morti.
LAMBADOZA. Nei quaderni e nelle agendine dei somali sopravvissuti l’isola è indicata sempre come “Lambadoza”.
MOLO. Il Favarolo è quello dove sbarcano tutti i superstiti e tutti i cadaveri. È al centro dell’isola, sopra un curvone dove, h24, in questi giorni sono appostati i cameramen di tutto il mondo. Obiettivi puntati sul molo aspettando le motovedette
con i loro carichi.
NUMERI. I neri partiti erano 518. I sopravissuti sono 155. I corpi recuparati 111: 58 uomini, 49 donne 4 bambini. I dispersi in mare sono 252. La traversata nel Mediterraneo è durata 40 ore. Per raggiungere Lampedusa, dall’Eritrea o dalla Somalia, ogni profugo ha pagato ai trafficanti circa 3mila euro. Il barcone si è capovolto a 0,6 miglia dalla costa ed è adagiato sul fondo, a 47 metri di profondità.
ORARI. Ancora incerta la dinamica del naufragio. E ancora più vaghi i tempi di quando è avvenuto. Per tre giorni, si è detto tutto e il contrario di tutto su come, e soprattutto quando, c’è stato l’affondamento. L’ultima ricostruzione: alle 3 di notte il barcone ha spento i motori in vista di Lampedusa, alle 3,30 un peschereccio gli ha girato intorno, alle 4 è divampato il fuoco a bordo, alle 6 un altro peschereccio ha portato i primi soccorsi, alle 7 è arrivato l’Sos alla capitaneria di porto di Lampedusa, alle 7,13 le prime motovedette si sono accostate al barcone che si stava capovolgendo.
PIAZZA. Quella di Lampedusa (o “Lambadoza”) sembra un grande bazar. Siriani che giocano a carte, tunisini che bevono caffè, marocchini che bivaccano sui muretti al sole, donne nere e velate, somale con i figli fra le braccia, ragazzi eritrei che giocano a pallone nel vicolo. Anche se appena arrivati, tutti sembrano residenti sull’isola. Danno l’impressione di abitare qui da sempre, naturalmente inseriti nell’ambiente.
QUADRETTI. Sono le foto ritrovate l’altro giorno fra Cala Creta e Cala Madonna. Quadretti di famiglia. Madri, fratelli, sorelle, figli, tutti sorridenti e incorniciati che augurano «good luck» ai loro cari che si sono imbarcati per attraversare il mare. Porta fortuna che per molti sono stati porta sfortuna.
RAFFAELE. È stato il primo a salvare gli uomini e le donne che stavano annegando. Si chiama Raffaele Colapinto, è l’armatore del peschereccio “Angela C.” che all’alba si è avvicinato al barcone dei profughi. «Erano sporchi di gasolio, non riuscivamo a tirarli su, ci scivolavano fra le mani», ricorda lui che con i suoi familiari, il fratello Domenico e il nipote Francesco, ha caricato sul peschereccio diciotto naufraghi. E poi altri due, due donne. Ma erano già morte.
SCARPA. È il nome dell’unico avvocato di Lampedusa: Carlo Scarpa. È lui che difende lo scafista tunisino indagato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, naufragio e omicidio colposo. Difensore del “capitano” del barcone, l’avvocato Scarpa non può naturalmente difendere gli altri 155 naufraghi sopravvissuti, anche loro indagati — per colpa della Bossi-Fini — per immigrazione clandestina. Così i magistrati hanno fatto arrivare a Lampedusa penalisti da Agrigento per offrire loro un’assistenza legale.
TABACCARA. È il nome della baia dove è avvenuta la tragedia. In un primo momento, era stata indicata la più famosa insenatura davanti all’Isola dei Conigli. In realtà il naufragio è avvenuto qualche centinaia di metri più in là, davanti alla Tabaccara.
URLA. I testimoni: «Erano urla umane ma sembravano gabbiani».
VIVI. Meno dei morti e degli scomparsi in mare.
ZAMMAMMERI. Qualcuno sui blog, in questi giorni chiama “zammameri” i profughi che arrivano a Lampedusa. «Liberiamo l’Europa da sti’ zammammeri». Zammammero pare che si possa pressappoco tradurre — non sappiamo in quale lingua — in cafone, zappatore, ignorante. Complimenti.