Federico Fubini, la Repubblica 6/10/2013, 6 ottobre 2013
SGRAVI AI NEO-ASSUNTI SPRECATI 1,3 MILIARDI
RICORDATE le proteste? Di fronte alle maglie strette della spesa, avevano coperto l’intero arco costituzionale. Governatori regionali di destra e sinistra insieme, anche nella scelta degli aggettivi. Per esempio questa nota congiunta del 16 maggio di Vendola (Sel, Puglia), Zingaretti (Pd, Lazio), Maroni (Lega, Lombardia) e Zaia (Lega, Veneto): «Il patto di stabilità è demenziale e cieco».
OPPURE ancora Zingaretti, lo stesso giorno: «Se non si parte dai dati sul crollo delle risorse spendibili, non capiamo perché la gente si toglie la vita». O un paio di mesi prima i leghisti Maroni e Zaia: «I suicidi degli imprenditori sono un fatto nuovo ed epocale, dobbiamo sfondare il patto di stabilità».
Fin qui le parole. Poi però mercoledì scorso è arrivato il click day per il lavoro giovanile, le richieste di bonus su internet, e l’esito ha ispirato riflessioni più sobrie. Generosi nei giri di frase, i governatori del centro-nord si sono dimostrati succinti nelle risorse: del miliardo di euro che possono impiegare per favorire nuove assunzioni, non hanno messo a disposizione un solo euro. Non un centesimo. Zero assoluto.
In gioco ci sono le decontribuzioni fino a diecimila euro, grazie a fondi europei e nazionali, per i contratti ai giovani fino a 29 anni. Il provvedimento, filiazione del decreto del Fare di giugno, era stato approvato dal governo in luglio su iniziativa dei ministri Enrico Giovannini (Lavoro) e Carlo Trigilia (Coesione). Si prevede la riprogrammazione di fondi europei, e dei corrispettivi apporti nazionali, per ridurre i contributi per chi assume persone fra i 18 e il 29 anni. Con un tasso di disoccupazione giovanile al 40% e numeri ancora peggiori di inattivi — quelli che non cercano neanche più — uno sgravio sui contributi può dare nuove motivazioni. Il click day lo ha dimostrato: in poche ore sono arrivate dalle imprese settemila richieste di bonus per contratti a tempo indeterminato, di cui 1295 solo dalla Lombardia.
Dunque gli imprenditori sono pronti a dare lavoro, quando l’incentivo esiste. Peccato però che per ora non si possa andare oltre, perché le risorse sono già (quasi) finite con il primo click day. Il governo aveva dirottato su questo progetto 500 milioni di euro dal bilancio dello Stato, destinati ad accompagnare i fondi europei per le Regioni del Sud: Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. In più, ha messo a disposizione altri 300 milioni per il centro-nord. Ma le prime domande di bonus fanno prevedere che il tetto sarà presto raggiunto.
Possibile? Sì, se le 15 Regioni del centro-nord continuano a tenere fermo il miliardo di euro circa del Fondo sociale europeo (più il confinanziamento italiano) che non hanno ancora impegnato per altri progetti. Il premier Enrico Letta e il ministro Trigilia avevano dato alle Regioni un messaggio preciso: devolvere quei fondi al bonus assunzioni è un modo rapido ed efficace di utilizzarli, a maggior ragione ora che in certi casi si affaccia il rischio di perdere le risorse non ancora spese. Il Veneto ha circa 150 milioni non impegnati, il Piemonte anche, il Lazio 200, la Lombardia circa 100 e la Toscana una settantina. C’è spazio per permettere molti più contratti di lavoro incentivati per i giovani. «Siamo in una situazione eccezionale — dice Trigilia — possiamo dare un segnale sull’uso efficace delle risorse».
Invece, almeno per ora, niente. Inutile chiedersi perché, ma si può essere perdonati se si è colti da un sospetto: gli sgravi alle assunzioni sono anonimi e impersonali; non sono un favore elargito da un politico a un elettore con nome e cognome. Di solito invece le burocrazie e i politici locali dirottano i fondi europei verso progetti magari simili a fuochi di paglia, ma animati da imprese o individui precisi, che poi restano loro fedeli. Qualcuno magari le chiamerebbe clientele, scambi di favori finanziati dai fondi europei. Ma naturalmente non è vero, e da domani i governatori possono dimostrarlo: finanziando la decontribuzione sul lavoro per chi ne ha urgente bisogno.