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 2013  ottobre 06 Domenica calendario

LO STRANO CASO DELL’IVA TRA ARROTONDAMENTI E AUMENTI «ANTICIPATI»


Accade in un bar di Roma Nord. È il mattino del 30 settembre quando alla cassa per un caffè viene battuto uno scontrino da 0,90 euro, invece che il solito da 0,80. Che succede? «L’Iva aumenta» è la risposta. Ma non era dal primo ottobre? Episodi come questi, verificatisi in occasione dell’aumento dell’Iva dal 21 al 22%, sono stati segnalati soprattutto alle associazioni dei consumatori. Due di queste, Adusbef e Federconsumatori, hanno deciso di lanciare una campagna per raccogliere le segnalazioni dei cittadini, documentate però da uno scatto fotografico. I primi risultati di questi giorni testimoniano che qualcosa è successo. «Una birra al centro di Roma pagata 2,5 euro anziché due euro, com’era prima dello scatto dell’Iva — racconta il presidente di Adusbef, Elio Lannutti —. Oppure il tramezzino del tutto ingiustificatamente passato da 1,80 a due euro. Abbiamo un nuovo Mister Prezzi: perché non batte un colpo?». Il fatto è che stiamo parlando di prodotti cui l’aumento dell’Iva dal 21 al 22% nemmeno avrebbe dovuto applicarsi, come chiarisce lo stesso presidente della Fipe (federazione dei pubblici esercizi), Lino Stoppani: «Alla tazzina di caffè presa al bar non si doveva applicare alcun aumento. Diverso è se in un pubblico esercizio si effettua anche una vendita e asporto. Allora un pacchetto di caffè acquistato in un ristorante sconta l’aumento dal 21 al 22%». Come si giustificano allora i rincari eccessivi? «Può esserci un effetto domino — dice per Adiconsum il presidente Pietro Giordano —: l’aumento dell’Iva è stato applicato ai carburanti da trasporto e questo può essersi trascinato sui prodotti che vengono trasportati. Anche alla nostra associazione qualche segnalazione è arrivata». Non ne sono ancora arrivate invece alla Guardia di Finanza che spiega di non aver ancora effettuato alcuna verifica. Eppure le fotografie giunte a Federconsumatori mostrano lo scontrino di un supermercato in cui per le pile più grandi si chiedono 4,60 euro anziché 3,50. Ma alla cassa. Cosa è successo? Il supermercato ammette di non essere riuscito ad aggiornare all’aumento dell’Iva i prezzi sugli scaffali e chiede l’aggiornamento direttamente alla cassa. E che aggiornamento. «I soliti furbetti — commenta per Federconsumatori Rosario Trefiletti —: approfittano del fatto che non tutti sanno cosa subisce aumento e cosa no». Ribatte Stoppani: «Non è vero: tutti sanno che aumentare ora i prezzi con la domanda così bassa per i negozi sarebbe un suicidio»
Antonella Baccaro