Marco Berchi, Il Messaggero - Macro 5/10/2013, 5 ottobre 2013
BODONI IL PRINCIPE DELLA TIPOGRAFIA
Chissà se in qualche prima elementare insegnano ancora a scrivere le lettere dell’alfabeto come si faceva una volta: appoggiandosi ai quadretti per disegnare le curve delle “a” e per far uscire la “gambetta” delle “p”. C’è da augurarsi di sì, perché quell’esercizio apparentemente meccanico e banale dà invece un imprinting potente al senso estetico e, insieme, al rigore. Che, oltre ad essere qualità fondamentali per vivere, sono i due pilastri del design e, in particolare, della tipografia. Quest’ultima — letteralmente “arte di scrivere con l’impronta” — trova a Parma un’occasione di conoscenza e celebrazione davvero rara grazie alla mostra “Bodoni, principe dei tipografi nell’Europa dei Lumi e di Napoleone”, nel bicentenario della morte di Giambattista Bodoni che nacque nel 1740 e morì nel 1813.
Scrivere di tipografia pigiando dei tasti e vedendo affiorare sullo schermo caratteri e parole — ciò che sto facendo in questo momento — può sembrare paradossale ma non lo è. E non occorre aver fatto in tempo a vedere produrre i quotidiani con le linotypes e con i titoli composti “a mano”. Basta essersi affacciati su un moderno programma di scrittura e essersi trovati a scegliere le “font”, anche solo per un biglietto di auguri: moltissime famiglie di caratteri devono qualcosa a quelle disegnate dal tipografo parmense, i caratteri bodoniani o “i Bodoni” tout court. Già, ma come si disegna una famiglia di caratteri? Quanti modi ci sono per fare una “A” maiuscola? Perché la “f” che ho appena scritto (pardon, digitato) non ha discendente mentre la “g” ce l’ha?
LA TECNICA
La mostra di Parma permette uno squarcio affascinante su questo mondo silenzioso ma così importante per il gusto e per la civiltà di ieri e di oggi. Per dire: il catalogo dedica pagine e pagine per descrivere con apparente pedanteria la tecnologia e il procedimento costruttivo che dall’ideazione grafica delle famiglie di caratteri arrivava sino ai blocchetti di lega di piombo che, allineati con maestria, andavano a formare parole, righe, pagine. Vale la pena leggere e vedere tutto ciò in mostra, nella sezione “La fabbrica del libro perfetto” che esporrà anche, naturalmente, splendide edizioni bodoniane originali e che permetterà di “sfogliarle” virtualmente con applicazioni multimediali: si capirà quale cultura e quale gusto fossero dietro l’arte creativa della tipografia, dalla scelta dei caratteri alla composizione grafica, al perfezionamento delle tecniche di stampa su carte selezionate ma anche su seta e pergamena, fino all’attenzione per le incisioni, veri capolavori.
IL SUCCESSO
Giambattista Bodoni nasce a Saluzzo nel 1740, tipografo per tradizione di famiglia. Da un lungo soggiorno romano che lo vede lavorare presso la Stamperia della Congregazione di Propaganda Fide trae nozioni fondamentali per la sua competenza di incisore e si accosta agli alfabeti orientali e al loro gusto; giunge poi a Parma chiamato dal Duca Ferdinando di Borbone per avviare la nuova Stamperia Reale che dirigerà sino alla morte. Nel 1771 Bodoni inizia a creare propri caratteri e vent’anni dopo avrà il permesso di aprire anche una stamperia privata da cui usciranno la maggior parte dei suoi capolavori editoriali.
Bodoni diventa quello che oggi chiameremmo “un guru” del design e del gusto, oltre che un imprenditore di enorme successo. Nobili e reali si mettono in fila per commissionargli lavori, entusiasti per la raffinatezza delle edizioni, la bellezza dei frontespizi, la perfezione delle impaginazioni, l’eleganza delle rilegature. D’altra parte affermava: «Io non voglio che cose magnifiche e non lavoro per la volgarità dei lettori». Lo stesso Napoleone — Parma era stata annessa alla Francia nel 1802 — viene in città apposta per rendergli omaggio. Scrittori e intellettuali come Parini, Monti, Alfieri lo vedono come colui che è capace di dare veste e diffusione alle loro opere.
Bodoni è quindi un esponente di spicco di un ambiente di orizzonte europeo e l’altra grande sezione della mostra — “Bodoni, gli ambienti culturali e le corti” — si incarica di documentarlo. Compito facilitato dall’ambientazione: il complesso monumentale della Pilotta con la Galleria Nazionale, la Biblioteca Palatina e il Teatro Farnese non fanno solo da contenitori all’esposizione ma giocano un ruolo fondamentale per far rivivere ai visitatori il clima e il gusto di fine Settecento a Parma, con opere, tra gli altri, di Goya, Canova, Bellotto.
IL MESTIERE
Andrea De Pasquale, attuale direttore della Biblioteca Braidense a Milano, è il curatore della mostra realizzata sotto gli auspici della Fondazione Museo Bodoniano, della Biblioteca Palatina, della locale Soprintendenza e della Fondazione Cariparma. A lui chiediamo quale sia l’aspetto più interessante per il grande pubblico. «Riscoprire attraverso Bodoni il mestiere ora perduto del tipografo nel periodo di fabbricazione manuale dei libri» risponde. «E comprendere che dietro alla pagina stampata ci sono state innumerevoli operazioni e tecniche che ne facevano uno straordinario e perfetto prodotto artigianale». Cosa resta, nel mondo digitale, di quell’arte? De Pasquale non ha dubbi: «I caratteri di Bodoni continuano ad essere un modello di stile, di eleganza, di purezza e di lusso nella grafica più raffinata e tra i font dell’informatica».