M. G., Il Messaggero 5/10/2013, 5 ottobre 2013
BERTINOTTI: «ERA UN SOLDATO MA PARLAVA COME UN LEADER»
Fausto Bertinotti ha un ricordo molto vivo del generale Giàp e, ricordandolo, ce ne fornisce un’immagine diversa da quella solita che si dà del condottiero vietnamita.
«Quando Giàp venne a Roma, volle farci l’onore di venirci a trovare nella sede di Rifondazione comunista. E oltre all’emozione di incontrare una leggenda vivente mi colpirono molto la sua vigoria fisica e intellettuale. Ricordo che, aveva più di 90 anni, fece le scale a piedi. Ma mi colpì soprattutto il suo modo di porsi, di argomentare, non aveva l’aria di un combattente, di un eroe nazionale, di un soldato. No, Giàp parlava e affrontava il discorso come un dirigente politico, anche i suoi distinguo nei confronti della leadership del suo Paese li poneva analiticamente, con molta razionalità e, oserei dire, garbo. Senza gli atteggiamenti del guerriero vincitore sapeva guardare le cose dal punto di vista di un politico e le sue analisi erano quelle di un politico. Anche parlando di guerra».
Ma nel vostro colloquio non fece mai allusioni alle sue imprese (e ne ha compiute tante) e ai personaggi che aveva conosciuto?
«La sola citazione che fece la dedicò a Ho Chi Minh. In quanto alle imprese militari voglio ricordare che se Giàp, per la generazione sessantottina era quello dello slogan "Giàp, Giàp, Ho Chi Minh!" per la mia era soprattutto il vincitore di Dien Bien Phu, l’uomo che, con una tattica degna di Annibale a Canne, aveva sconfitto i francesi e smantellato il loro impero coloniale indocinese. Lo aveva fatto trasportando i cannoni attraverso una montagna senza farli nemmeno scorgere al nemico. Un mio fratello maggiore dedicò un libro a questa vittoria, certamente la più stupefacente del suo tempo. Una vittoria, e questo mi colpì moltissimo, di cui Giàp non pose mai in prima linea l’aspetto militare, ma quello politico. Per lui l’esercito era il popolo in armi, un’idea cara da sempre alla sinistra. Per lui era il popolo che costituiva con la sua volontà di vittoria l’arma vincente. Poi, a Dien Bien Phu, Giàp dimostrò di sapersi muovere grazie a un’ipotesi teorica insolita (proprio come Annibale). Tutte queste cose poi lui le spiegherà nei suoi libri sulla guerriglia e sulla guerra, che sono stati alla base di tanti altri pensatori militari. Ma le sue idee, potrei affermarlo, sono forse il contrario speculare di quelle di von Clausewitz. Come ricorderà egli affermava che la guerra è il proseguimento della politica con altri mezzi, per Giàp la politica rappresenta il giusto proseguimento della guerra, che dalla politica è generata. In ogni caso Giàp è stato uno dei grandi geni militari della storia, come Annibale, appunto, e come Napoleone che lui amava tanto».