Guido Santevecchi, Corriere della Sera 5/10/2013, 5 ottobre 2013
ADDIO GENERALE GIAP IL NAPOLEONE D’ASIA CHE PIEGÒ FRANCIA E USA
PECHINO — In un quarto di secolo di guerre ha sconfitto due eserciti imperiali, quello francese e quello americano. E il suo modello era un generale-imperatore: Napoleone Bonaparte. Se n’è andato ieri, a 102 anni, Vo Nguyên Giap, la leggenda del Vietnam. Il paragone avrebbe fatto illuminare quel suo sguardo enigmatico con un sorriso: perché quando negli anni Trenta insegnava storia in un liceo di Hanoi, i suoi allievi lo avevano soprannominato Napoleone, per la sua passione per lo stratega di Marengo e Austerlitz.
Nato il 25 agosto 1911 in un villaggio del Vietnam centrale, attirò presto l’attenzione della Sûreté coloniale francese e fu incarcerato per due anni. Questo non gli impedì di studiare in un liceo francese e di diventare professore di storia e letteratura ad Hanoi, in un istituto dal quale uscirono molti elementi del movimento indipendentista. Nel 1937 aderì al partito comunista clandestino. Il suo primo incontro con il futuro padre della patria Hô Chi Minh avvenne in Cina nel 1940. Si era sposato poco prima con una compagna che gli aveva dato un figlio: non la rivide mai più, perché lei, arrestata, morì dopo essere stata torturata dai francesi, forse suicida. La vendetta di Giap sarebbe arrivata nel 1954 a Diên Biên Phu. E fu un capolavoro di strategia vietnamita e un monumento alla superbia e al complesso di superiorità dei francesi.
Raccontò in seguito Giap: «Il capo dei nostri consiglieri militari cinesi ci diceva di attaccare subito la linea nemica e farla finita». L’ora era già fissata: le 5 del pomeriggio del 25 gennaio 1954, al tramonto. Ma all’ultimo momento Giap decise di aspettare. «Ordinai di ritirare i nostri battaglioni e anche l’artiglieria. La decisione più difficile della mia carriera». Il comandante francese Navarre cadde nella trappola e disse alla radio: «La marea del Vietminh si è placata. Tutto è immobile». Quella parola, «immobile», fu il segnale che l’ex professore di storia voleva sentire. L’avamposto trincerato, affidato a De Castries, fu circondato e dopo 55 giorni di resistenza feroce, il 7 maggio, quasi annientato, costretto alla resa.
Umiliati i francesi, nel 1960 arrivarono gli americani, spinti dalla teoria del «domino comunista» da arrestare. E ancora una volta Giap seguì l’esempio di Bonaparte: concentrazione delle truppe, rapidità di movimento, audacia. Era soprattutto un genio della logistica. Agli inviati di Le Monde che qualche anno fa, passata l’amarezza post-grandeur , lo ascoltavano come un oracolo, disse con il solito sorriso: «Là dove passa una capra, può passare un uomo e dove passa un uomo può passare un battaglione». Il «sentiero di Hô Chi Minh» fu la massima realizzazione di questa idea.
L’esercito nordvietnamita si infiltrò nel territorio del Sud, sorprese le forze di Westmoreland nel 1968 con l’offensiva del Têt arrivando fin dentro l’ambasciata Usa di Saigon. Nei giorni decisivi Giap non era alla sua guida. Il vecchio Hô Chi Minh era alla fine (morì nel 1969) e quel comandante già leggendario faceva ombra ai nuovi leader comunisti di Hanoi: Giap fu spedito in Europa dell’Est. Si disse poi che era stato contrario a quell’azione. Ma l’offensiva del Têt ebbe un effetto politico e psicologico, sgretolando la fiducia in America.
I luogotenenti di Giap invece mantennero sempre la fiducia nel loro generale. E nel 1972 il professore prestato all’arte della guerra fu richiamato al comando in capo nell’ora dei bombardamenti a tappeto dei B-52. Anche per questa vicenda personale Giap trovò conforto nella storia di Napoleone. «Il ritorno dall’isola d’Elba, formidabile», disse nel 2004 riferendosi alla marcia trionfale dell’Empereur verso Parigi dopo la fuga dalla prigionia, mentre le truppe inviate dal re Luigi XVIII per arrestarlo si univano a lui.
La vittoria arrivò nel 1975, con l’ambasciatore americano costretto a salire sull’ultimo elicottero in fuga da Saigon, la bandiera a Stelle e Strisce ripiegata sotto il braccio. Ma l’ora più bella fu anche l’ultima per Giap: nel 1976, a 65 anni, fu rilevato dal comando.
Lo fecero ministro della Difesa per quattro anni, ma non occupò più posizioni di primo piano nel Vietnam che aveva contribuito a riunificare. Fece sentire la sua voce per l’ultima volta nel 2009, quasi centenario, quando si oppose alla concessione ai cinesi dei giacimenti di bauxite nel Sud. Preferiva riforme economiche e nuove relazioni con l’America.
Si è spento ieri, con il suo grado di generale di corpo d’armata che gli aveva dato Hô Chi Minh nel 1949. L’esercito di liberazione del Vietnam lo aveva creato partendo da una banda di 34 uomini che nel 1944 si battevano contro un altro esercito imperiale, quello giapponese della Seconda guerra mondiale. Secondo Cecil B. Currey, biografo di Giap, quella prima banda aveva due pistole, un mitra, 17 carabine e 14 ferrivecchi a pietra focaia. Ad agosto del 1945, quando il Giappone si arrese, i soldati di Giap erano diventati cinquemila: equipaggiati con nuove armi fornite dallo US Office of Strategic Services, l’Oss precursore della Cia.