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 2013  ottobre 04 Venerdì calendario

Concita spezza il pane della cultura Là dove c’era Augias ora c’è Concita. A spezzare il pane quotidiano della cultura, a spezzarlo per noi, lavagne non scritte in trepida attesa che qualcuno scriva su di noi, pungolati dall’infernale buona volontà di acculturarci per via televisiva («Pane quotidiano», Rai3, dal lunedì al venerdì, ore 12

Concita spezza il pane della cultura Là dove c’era Augias ora c’è Concita. A spezzare il pane quotidiano della cultura, a spezzarlo per noi, lavagne non scritte in trepida attesa che qualcuno scriva su di noi, pungolati dall’infernale buona volontà di acculturarci per via televisiva («Pane quotidiano», Rai3, dal lunedì al venerdì, ore 12.45 e in replica ore 20.15). Concita De Gregorio è la perfetta incarnazione della professoressa democratica, regina dolente del ceto medio riflessivo e della correttezza politica, Madame Bovary del progressismo finto sexy: «Sono nell’ambiente da anni, ho pubblicato con molte case editrici e la nostra linea guida sarà sempre e solo la qualità di ciò che si pubblica». Ambiente, linea guida, qualità sono parole che mettono qualche brivido e l’idea che la cultura possa nutrire («Le pain quotidien» è una catena internazionale di ristorazione, arredamento in legno grezzo e cibo un po’ fighetto) è solo un’idea da Bouvard e Pécuchet, i due oscuri copisti che cercano la Salvezza Eterna nei libri senza accorgersi di essere solo servi obbedienti dell’Opinione mainstream. Concita invita ospiti portatori di libri «importanti», perché lei, alla Cultura, ci tiene: libri da Festival della letteratura, libri che «ti cambiano la vita», libri di amici. Spezzati ogni giorno davanti a un pubblico di liceali, universitari, apprendisti del Sapere: «Io non sono d’accordo con chi dice che con la cultura non si mangia, in un Paese come l’Italia che ha questo come risorsa, un giacimento di storia incommensurabile che è una straordinaria occasione di crescita». Per intanto, alla Risorsa, ci pensa lei. Ma quando si afferma che la cultura deve servire, si privilegia l’utilità nei confronti della cultura. Che, invece, è dubbio, effrazione, sprezzatura, quel rarissimo dono per cui essa non ostenta mai segni di riconoscimento, ma resta nascosta, creata quasi per gioco.