Marco Ludovico, Il Sole 24 Ore 4/10/2013, 4 ottobre 2013
CARTA STRACCIA L’ACCORDO CON LA LIBIA: 30MILA SBARCHI
La tragedia di ieri può diventare un incubo per il ministro dell’Interno, Angelino Alfano. Non c’è garanzia che una strage del genere non possa ripetersi anche a breve. Gli sbarchi dei migranti, da agosto, hanno avuto un’impennata inarrestabile, forse sottovalutata. Tanto che, a detta di molti osservatori, c’è stata un’inspiegabile congiura del silenzio. Non solo italiana. Il dramma, invece, è cominciato da un pezzo. Siamo già oltre quota 30mila disperati giunti nel 2013 sulle coste siciliane, calabre e pugliesi. Le rotte si sono moltiplicate.
L’accordo con la Libia, all’epoca c’era Gheddafi, sembra carta straccia: le falle aumentano, i trafficanti si organizzano. Le katibe, formazioni paramilitari di struttura tribale, intervengono nell’organizzazione dei traffici, come hanno accertato i nostri apparati di sicurezza. I migranti arrivano in massa dai paesi sub-sahariani - Eritrea, Somalia, Etiopia - ma anche da Siria, Irak, Afghanistan, Senegal, Nigeria, Tunisia, Egitto. Un paio di giorni fa 11mila siriani sono giunti in Bulgaria e certo non resteranno lì. Proprio i Balcani sono diventati la porta spalancata per l’Italia visto che, comunque, oggi l’impegno nel Mediterraneo di Guardia Costiera, Guardia di Finanza e Marina Militare è massiccio. Anche se Cipro, Malta e Grecia aiutano poco o per niente di fronte all’immigrazione illegale: molto meglio scaricare il problema e le sue conseguenze. Con la Turchia è in atto un dialogo che però il ministero dell’Interno dovrà chiudere al più presto e con garanzie certe. Da lì, infatti, possono arrivare migliaia di disperati provenienti dal Corno d’Africa e dall’Asia. Carta quasi ammuffita, peraltro, è l’ultima intesa ufficiale con Ankara su «Criminalità organizzata, terrorismo, droga, immigrazione clandestina», risale al 1998.
Alessandro Pansa, capo del dipartimento di Ps, conosce questi temi benissimo: dal 2003 al 2005 ha guidato la Polizia delle Frontiere, fautore di molti accordi bilaterali, e ha chiamato da qualche settimana in quella direzione Giovanni Pinto, che lavorò proprio con lui alle Frontiere. È indispensabile, dunque, aggiornare e riallineare per quanto possibile le relazioni e le intese con le polizie degli altri stati.
Del resto gli sfruttatori della disperazione migrante non cambiano solo le rotte, ma utilizzano anche mezzi molti più potenti. Il 12 settembre, con un’operazione degna di un film, tre unità navali e un aereo della Guardia di Finanza hanno sequestrato a 107 miglie da Capo Passero, in provincia di Siracusa, un’imbarcazione lunga la bellezza di 30 metri: una «nave madre», con una scialuppa al seguito, che avrebbe lasciato il prima possibile con circa 200 immigrati. Il sequestro in acque internazionali, disposto dalla procura di Catania, è stato fatto grazie a una norma di un allegato alla Convenzione delle Nazioni Unite sulla lotta ai crimini transnazionali.
Certo è che il venir meno della politica dei respingimenti, bocciata da Bruxelles, produce un effetto di minore deterrenza e di aumento della domanda di immigrazione. Così come è finito il Ramadam, un altro fattore di spinta a partire. Poi occorre fare i conti con le condizioni meteo e marine che, almeno per un altro mese, saranno favorevoli: l’allarme del Viminale dovrà restare al massimo. Ma oltre la tragedia di ieri si vedrà se il problema rimarrà limitato a un affare di polizia e di soccorso. Per Daniele Tissone (Silp Cgil) «bisogna rivedere al più presto le modalità di impiego delle forze di polizia spostando il baricentro della gestione dei flussi migratori ad altri soggetti istituzionali». Il tema, insomma, va ben oltre le competenze del ministero dell’Interno e coinvolge, per cominciare, gli Affari Esteri. Ma soprattutto mette in gioco il ruolo degli altri stati dell’Unione europea. Il paradosso è che gli sforzi dell’Italia sono molteplici ma l’immagine del Paese che non sa accogliere o controllare i traffici si proietta subito con fatti tragici come quelli di ieri. E la posizione del governo italiano resta debole: da anni si parla di burden sharing, ripartizione di quote di costi per affrontare l’emergenza immigrazioni, ma gli altri Stati che in realtà i flussi di immigrati li hanno avuti molti anni prima, e in dosi massicce, fanno orecchio da mercante. Ed è anche vero che l’Italia è spesso terra di approdo ma anche di passaggio, e non di residenza, per una quota considerevole dei migranti: con una meta fissata nel resto d’Europa, dove trovano migliori condizioni economiche e di accoglienza.
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