Roberto Galullo, Il Sole 24 Ore 4/10/2013, 4 ottobre 2013
COSÌ LA CRIMINALITÀ STRANIERA SFRUTTA I FLUSSI DI CLANDESTINI
«Appare opportuno pensare a forme concrete di premialità per i casi di immigrati clandestini che collaborano con la giustizia». Il sostituto procuratore nazionale antimafia Maurizio De Lucia, con questa frase messa nero su bianco nel Rapporto Dna 2012, si riferiva allo sfruttamento della mano d’opera nel settore agricolo.
La profonda riflessione, però, la dice lunga sul rischio che il flusso incessante dell’immigrazione clandestina alimenti e si alimenti di mafia. Anzi: di mafie, visto che è soprattutto la ’ndrangheta a gestire e intercettare i traffici e indirizzarli verso la prostituzione, lo spaccio di droga e verso il "nero" in qualunque attività (si veda il Sole 24 Ore del 1° ottobre).
È un altro sostituto procuratore nazionale antimafia, Carlo Caponcello, nella stessa relazione, a descrivere lo schema che mafie straniere seguono nel favoreggiamento aggravato dell’immigrazione clandestina.
Si tratta di associazioni composte in prevalenza da soggetti stranieri (molti dei quali stabilmente residenti in Italia e con permesso di soggiorno e/o cittadinanza italiana), con un forte caratterizzazione etnica, poco propense alla collaborazione con soggetti italiani e/o di differenti etnie.
Si tratta di gruppi caratterizzati: 1. dalla composizione "in cellule" operanti in più regioni del territorio italiano e in altre nazioni (sia africane che europee); le singole cellule, pur risultando stabilmente connesse tra di loro, mantengono una forte autonomia operative nei rispettivi ambiti territoriali; 2. dagli stabili contatti con gruppi criminali operanti nelle rispettive nazioni di provenienza; 3. da elevate capacità operative e organizzative, tali da consentire agli stessi di pianificare e gestire in un breve arco di tempo (anche di pochi giorni) il trasferimento di soggetti clandestini (alcune volte ridotti in condizioni di schiavitù) da paesi del nord Africa a paesi del nord Europa, garantendo tutte le necessarie attività logistiche e di supporto; 4. basso profilo mantenuto dai soggetti appartenenti a tali sodalizi e conseguente scarsa visibilità dall’esterno del gruppo etnico di appartenenza; 5. utilizzo delle "rotte" e delle strutture proprie del traffico dei migranti anche per realizzare connesse attività illecite in materia di stupefacenti (con possibili ulteriori profili in ordine al traffico di armi e/o di collaborazione con cellule terroristiche).
L’operazione Piramide, condotta il 14 maggio 2012 tra Milano, Napoli, Andria e Mazara del Vallo (Tp), secondo il Rapporto 2012 della Dna è la dimostrazione plastica di questo schema. Le persone fermate dalla Squadra mobile, in collaborazione con il Gico della Guardia di finanza di Bari, secondo l’accusa, facevano parte di un’organizzazione criminale transnazionale che, da ottobre 2011 ad aprile 2012, dall’Egitto ha trasferito in Italia numerosi clandestini, trasportati a bordo di imbarcazioni al costo di 5mila euro per migrante. Le indagini sono state riscontrate con 4 sbarchi, avvenuti a Bari, nel golfo di Taranto e a Mazara del Vallo dove, a bordo di motopescherecci, giunsero 500 clandestini, tutti uomini, alcuni dei quali minorenni.
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