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 2013  ottobre 04 Venerdì calendario

L’ONU: “È COLPA DEGLI STATI CON LE POLITICHE DI REPRESSIONE CONTINUERANNO LE TRAGEDIE”


[François Crepeau]

«Gli stati devono riflettere sulla loro responsabilità. Per motivi di politica interna hanno criminalizzato l’immigrazione del lavoro, consegnandola nelle mani dei trafficanti di esseri umani. Finché non cambieranno atteggiamento, questi drammi continueranno a ripetersi».
Il caso ha voluto che la tragedia di Lampedusa avvenisse la notte prima dell’High Level Dialogue on Migration all’Assemblea generale dell’Onu, cioè il vertice mondiale sul tema delle migrazioni. Quindi siamo andati ad incontrare François Crepeau, Special Rapporteur on the protection of migrants, ossia la persona incaricata dalla Commissione Diritti Umani del Palazzo di Vetro di studiare il problema e suggerire soluzioni.
Perché avvengono disastri come quello di Lampedusa?
«L’immigrazione irregolare non è sempre esistita. Durante gli Anni Quaranta, Cinquanta, anche Sessanta, migliaia di persone sono venute in Europa dall’Africa e dalla Turchia, senza questi drammi. Non avevano i documenti, ma poi cominciavano a lavorare e venivano regolarizzati. Ora invece si è creato un meccanismo fatale, composto da tre elementi: la spinta a scappare dai Paesi d’origine, dove oltre alla fame spesso c’è la violenza; l’attrazione costituita dal lavoro, presente nei Paesi di destinazione; e la barriera costruita in mezzo dalla repressione. Da qui nascono le tragedie».
Cosa si può fare per evitarle?
«Il primo passo sarebbe una discussione franca sulla domanda di lavoro che esiste nei Paesi del nord globale, e in tutte le economie in rapida espansione. Questi stati hanno bisogno di manodopera poco specializzata, in settori come l’agricoltura, l’edilizia, gli ospedali, però non vogliono riconoscerlo, perché farlo li obbligherebbe a trattare meglio gli immigrati. Quanto siamo disposti a pagare le fragole o gli asparagi? Poco, e quindi dobbiamo pagare poco chi li produce».
Quali problemi risolverebbe ammettere la domanda di lavoro?
«Una volta affermata questa necessità, diventerebbe possibile creare nuovi canali legali di immigrazione, controllati dagli Stati e quindi sicuri. Però ci sarebbe un costo da pagare, cioè riconoscere i diritti di chi arriva. Ad esempio parliamo sempre degli immigrati illegali, ma mai dei datori di lavori irregolari. Perché un manovale venuto dall’Africa non deve essere pagato il giusto? Perché gli imprenditori che sfruttano i lavoratori non vengono perseguiti? Perché questo farebbe chiudere molte aziende, e ai politici non conviene».
Quali colpe hanno l’Italia e l’Europa, e cosa dovrebbero fare?
«Gli Stati devono riflettere sulla loro responsabilità per queste morti. L’immigrazione irregolare viola le leggi, ma non è un reato contro la persona, la proprietà o la sicurezza. Il 99,9% dei migranti non rappresenta una minaccia, eppure sono stati criminalizzati e trasformati in capri espiatori. Così i governi, spinti soprattutto dai movimenti estremisti di destra, hanno puntato sulla repressione per ragioni di politica interna, creando le condizioni per tragedie come quella di Lampedusa. La repressione ha creato la barriera, consegnando tutto il potere ai trafficanti, che sono i veri padroni dei confini e violano i diritti umani dei migranti. Fino a quando gli Stati non cambieranno atteggiamento, le stragi continueranno».