Guido Ruotolo, La Stampa 4/10/2013, 4 ottobre 2013
SULLE ROTTE DEI DISPERATI
C’è un grande campo dell’Unhcr, delle Nazioni unite, in Kenya, a Daadaab.
Mezzo milione di profughi. È da qui che comincia l’Odissea di migliaia e migliaia di disperati attratti dall’Europa. È in questo campo che si presentano i negrieri, i mafiosi etnici che assicurano per soli 2.000 dollari un viaggio verso la vita, il futuro, il lavoro. Viaggio che invece si trasforma molto spesso in tragedia.
Il mafioso impacchetta la sua «merce» in grossi camion o in pick-up che puntano la rotta su Khartoum, Sudan, dove i referenti dell’organizzazione sono pronti ad accogliere i disperati.
Daadaab, Khartoum, l’oasi di Kufra, in Libia, quasi ai confini con Egitto e il Sudan. È in questo deserto che c’è una città fantasma di carovanieri e di disperati. Ed è qui che arrivano non solo i «fortunati» del corno d’Africa, che se riusciranno ad arrivare in Europa avranno garantita la protezione umanitaria, ma anche i disperati partiti dai paesi della fascia subsahariana che entrano in Libia attraverso Kufra o dall’altra parte, Ghat, per raggiungere poi Sebha, la capitale del sud desertico della regione del Fezzan.
Migliaia di chilometri nel deserto per poi arrivare sulla costa. Dalle prime informazioni raccolte dagli investigatori, il barcone della morte arrivato ieri a Lampedusa potrebbe essere salpato dalla Libia, da Zliten, perché a poche decine di chilometri, a Misurata, c’è un campo profughi per eritrei.
Nella Libia che ha tradito le speranze della Primavera araba le milizie hanno sostituito i funzionari di polizia corrotti. E oggi il territorio è mal controllato dalle forze di polizia che con apparati inefficienti e pochi mezzi non sono in grado di fronteggiare l’emergenza immigrati.
In questo deserto di controlli, hanno ritrovato forza e operatività le vecchie organizzazioni criminali scompaginate dalla «rivoluzione» che fece fuori il regime di Gheddafi e con esso i vecchi referenti istituzionali corrotti.
Colpisce che in queste settimane non stiano arrivando solo zattere, gommoni, piccole imbarcazioni, ma veri e propri pescherecci che - è successo - si arenano sui bassi fondali.
C’è qualcosa che non funziona nel sistema di controllo e monitoraggio dei confini marittimi. La rete radar ha delle falle perché i «bersagli» che il radar non vede sono grandi imbarcazioni.
Sta succedendo qualcosa di nuovo in queste settimane. La violenza dei negrieri che scaraventano in acqua i poveri disgraziati, la stazza delle imbarcazioni portano in una unica direzione: «Siamo di fronte a una forte domanda di raggiungere l’Italia e l’organizzazione multietnica criminale è in grado di soddisfare l’offerta di imbarcazioni disponibili alla traversata».
Ecco, è questo il problema sintetizzato dall’investigatore. L’organizzazione mafiosa è anche in grado di recuperare le imbarcazioni, di comprarle in Tunisia o in Egitto.
Due numeri soltanto, per comprendere la dimensione del problema: nella sola Sicilia tra il primo gennaio e il 30 settembre sono sbarcati 14.468 disperati. Nello stesso periodo a Lampedusa e nelle altre isole Pelagie, ne sono arrivati 11.686. In tutto oltre 26 mila, ai quali occorre aggiungere gli sbarchi calabri e pugliesi. In tutto, oltre 30.000.
Ancora una indicazione che arriva dalla Libia. A Tripoli si segnala l’insediamento di una colonia «assistita» di siriani, che ormai ha raggiunto una popolazione di 15.000 persone. È un indicatore di un bacino di potenziali (quasi certi) prossimi clienti dell’associazione dei maledetti Caronte del Mediterraneo. E sempre a Tripoli si contano oltre diecimila tra somali ed eritrei. I numeri libici parlano di 10.300 «viaggiatori» salpati dal primo agosto al 30 settembre, 19.500 in tutto dal primo gennaio.
Ma, purtroppo, non è solo dalla Libia che arrivano i «clandestini», che tali non sono perché sbarcano alla luce del sole, quando non affogano in mare.
I siriani rappresentano una novità dal punto di vista delle nazionalità degli sbarchi. Come ieri i curdi, gli iracheni, i tunisini o gli egiziani.
Oggi, però, non è solo il «fronte» libico a preoccupare. Intanto una rotta da non sottovalutare è quella egiziana. Per gli egiziani che arrivano in Italia innanzitutto, e che, nonostante il golpe militare, «rispediamo» al mittente. Ma anche per siriani e quelle popolazioni dell’Estremo Oriente.
Gli analisti dei fenomeni migratori segnalano una «ostruzione» nei flussi migratori che arrivano dall’area del Medio Oriente. E l’ostruzione sono i controlli al confine terrestre tra Turchia e Grecia. Di nuovo il flusso dei siriani come ieri erano i curdi deve trovare un diverso sbocco per risalire lungo la dorsale slava (in Bulgaria ne sono già entrati 5.800 da gennaio). E salpano così diretti verso la Calabria o la stessa Sicilia.
Non c’è più molto tempo per bloccare i criminali che organizzano il traffico di «merce umana». C’è un picco di crescita esponenziale degli «imbarchi» in queste ultime settimane. L’Europa finora è rimasta a guardare, lasciandoci soli a combattere contro la tragedia. Le mafie transnazionali hanno ripreso a organizzare viaggi. Bisogna bloccarle prima che sia troppo tardi.