Maurizio Stefanini, Libero 4/10/2013, 4 ottobre 2013
IL COSTOSO FALLIMENTO DEL PROGETTO FRONTEX
Disastro Frontex, nel senso dell’Agenzia europea che dovrebbe occuparsi del controllo delle frontiere. D’altronde, che cosa si può sperare da un’organizzazione che spende il 40% del proprio bilancio per pattugliare le coste mediterranee e atlantiche, ma ha la sede centrale a Varsavia? Ieri, dopo la tragedia, il presidente Napolitano ha rimarcato che «non si può girare attorno alla necessità assoluta di decisioni e azioni da parte della Comunità internazionale e in primo luogo dell’Unione Europea». E ancora: «Sono indispensabili presìdi adeguati lungo le coste da cui partono questi viaggi di disperazione e di morte. E non è accettabile che vengano negati a un’istituzione valida creata dalla Commissione Europea mezzi adeguati per intervenire senza indugio».
E si riferiva per l’appunto a Frontex. Fondata proprio con l’obiettivo di coordinare il pattugliamento delle frontiere esterne aeree, marittime e terrestri degli Stati Ue e di realizzare accordi con i Paesi confinanti per la riammissione dei migranti respinti alle frontiere, ha iniziato a operare nel 2005. Un progetto che mai è davvero decollato, tanto che nel 2011 fu lo stesso Parlamento Europeo a valutare di fatto negativamente i suoi primi cinque anni di attività, votando una riforma per ristrutturarla da capo a piedi. Il colmo si era visto con l’Operazione Nautilus II del 2007: avrebbe dovuto controllare le coste mediterranee tra giugno e ottobre, ma fu sospesa a fine luglio per mancanza di fondi proprio nel momento in cui gli sbarchi erano più frequenti. Nel maggio 2011 l’allora ministro dell’Interno italiano Maroni aveva protestato poiché, secondo gli accordi, Frontex avrebbe dovuto inviare strutture per intensificare il pattugliamento delle rotte fra Tunisia e Italia, trafficatissime dopo lo scoppio delle primavere arabe, ma a un mese dalla decisione ancora nulla era stato fatto.
Con la riforma, a regime dal 2012, sono stati istituiti sia un responsabile per il rispetto dei diritti umani sia squadre europee di guardie di frontiera, permettendo a Frontex di acquistare direttamente le proprie attrezzature, senza dipendere da quelle fornite dai Paesi membri. Lo scorso agosto l’agenzia disponeva dunque di 26 elicotteri, 22 aerei e 113 navi: una goccia nel mare, letteralmente. Anche perché non si sa bene come siano impiegate Nel 2008 il primo ministro maltese Lawrence Gonzi spiegò che le regole di ingaggio delle operazioni Frontex erano top secret. E tuttora, gran parte delle operazioni sono svolte attraverso unità dei Paesi membri. È stato ad esempio finanziato da Frontex il P01 Monte Sperone, pattugliatore della Guardia di Finanza che sarà varato lunedì prossimo, 58 metri di lunghezza per 460 tonnellate di dislocamento. Ma per il momento tutta la presenza navale del Frontex nel Mediterraneo si limita a un solo pattugliatore romeno che a settembre è stato protagonista di varie azioni di salvataggio nel Canale di Sicilia. Ci sono poi alcuni elicotteri. Mezzi e agenti di Frontex sono stati poi inviati al confine tra Grecia e Turchia.
Da notare anche che il budget era già aumentato tra 2005 e 2010 di 14,5 volte: da 6 a 87 milioni di euro. La più “cara”tra tutte le agenzie europee. Ma certo non la più efficiente, se si pensa che appunto nel 2010 riuscì a spendere 8.525.782 euro per riportare a casa 2.038 persone, al prezzo di 4.183 pro capite. «Gestire navi militari e guardiacoste lungo le coste maltesi da Varsavia è un’idea a dir poco bizzarra », aveva protestato l’eurodeputata tedesca Ingeborg Grässle. Ha ottenuto non di spostare la sede, ma di far creare una succursale di Frontex al Pireo e ufficio distaccato competente in materia di asilo a Malta. Con conseguente lievitazione dei costi. Nel bilancio 2013 a 85.707.100 euro di entrate ne corrispondono 20.070.000 per lo staff, 31.399.100 per l’intera macchina burocratica e solo 41.739.000 per le operazioni.