Lucio Caracciolo, L’Espresso 4/10/2013, 4 ottobre 2013
POTERE E’ VOLERE
PER ESSERE IMPERO devi volerlo. Molti altri ingredienti necessitano alla costruzione imperiale, ma senza
un atto di volontà non se ne farà nulla. Così l’interminabile disputa semantica intorno a che cosa sia impero lascia il tempo che trova. Alla fine, è la politica a deciderlo. Spesso si sostiene che per fare un impero servano vasti spazi e molti popoli, ridotti a uno dal potere centrale. Così per Roma e per il Commonwealth, per lo zar come per Napoleone. Eppure abbiamo imperi senza territorio, quello vaticano, attivo soggetto spiritual-geopolitico da secoli. O quasi monoetnici, come la Cina. Al di là delle classificazioni che eccitano l’accademia, resta il senso geopolitico degli imperi. In tempi e spazi differenti, essi sono stati anzitutto dei grandiosi riduttori di complessità. In contesti anarchici e conflittuali, le supreme autorità imperiali puntano a compattare il fronte domestico, a controllare le rispettive sfere d’influenza, se possibile allargandole a scapito d’imperi rivali o entità minori. Così creando le premesse di una "pace imperiale" che ebbe il suo prototipo nella pax romana.
Il paradigma moderno del sistema imperiale come riduttore della complessità è il bipolarismo della guerra fredda: America e Urss essendovi impegnate, nella contrapposizione ideologica e geopolitica, a coagulare attorno a sé terre e genti satelliti, costrette nei "blocchi".
Non è dunque un caso che da quando il doppio impero è collassato, e il vincitore ha scoperto di non poter reggere la metà di mondo un tempo suffraganea del perdente, il pianeta sia diventato più anarchico di quanto normalmente non fosse. Di qui una certa nostalgia degli imperi, specie da parte di chi lo era, o presumeva di esserlo, e non lo è più. Capita così che inglesi e francesi continuino ad essere tentati dal protagonismo imperiale. Con esiti spesso tragici e talvolta anche comici. Infine, l’essere o l’essere stati impero aiuta a capirsi. Se oggi americani e persiani hanno deciso di riprendere a collaborare, è anche perché parlano entrambi la lingua dell’impero.