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 2013  ottobre 04 Venerdì calendario

CICCHITTO: “ECCO LE CONDIZIONI PER RESTARE TUTTI INSIEME”


Oramai è il politico italiano più esperto, è entrato in Parlamento 37 anni fa, è l’unico che abbia vissuto sia dentro il campo della sinistra che della destra, da socialista si è confrontato con Berlinguer, Lama e Craxi , da berlusconiano col suo capo, con Fini e Bossi. Ora, tra i capofila dei non-allineati del Pdl, Fabrizio Cicchitto indica le condizioni che potrebbero ancora tenere unita la squadra della rinascente Forza Italia: il nuovo partito deve essere guidato da Angelino Alfano, tutte le decisioni dirimenti dovranno essere prese a maggioranza e una volta assunte non potranno essere cambiate in modo umorale, «perché un grande partito non può prendere sulla sorte del governo otto posizioni diverse in otto giorni. Quello non è un partito, è un sidecar».
Cicchitto, il dubbio è legittimo: se lascerete il Pdl, diventerete l’embrione di quel Grande Centro destinato a cambiare gli equilibri della politica italiana?
«No, nessun Grande Centro. Noi, semmai, siamo l’embrione di una razionalizzaione del bipolarismo italiano. Per intenderci, noi non abbiamo la sindrome di Fini».
Vuol dire che voi non sarete mai alleati organici della sinistra, eccetto le emergenze?
«Nessun dubbio: noi restiamo distinti e distanti dalla sinistra».
Con Berlusconi: divorzio reversibile?
«Nessuna rottura con Berlusconi, ma non vanno bene nè un autoritarismo inaccettabile e neanche un’anarchia dispersiva e pericolosa».
Si può tornare assieme a quali condizioni?
«Noi siamo per la massima lealtà verso Berlusconi dal punto di vista giudiziario, e anche per tutelarlo da eventuali provocazioni verso l’azienda. Ma a questo punto ci vuole un cambio. Anzitutto nella metodologia. Vanno stabilite una volta per tutte sedi e le occasioni delle decisioni. Berlusconi deve fare i conti con gruppi dirigenti che si confrontano, votano e la minoranza si rimette a quel che è stato deciso. Altrimenti si ripeterà presto il corto circuito dei giorni scorsi».
Come lo sintetizzerebbe?
«Non ci può essere un nucleo paraleninista che decide a dispetto per esempio dei tanti mondi vicini al centrodestra che ti dicono di non fare la crisi di governo: Confindustria, artigiani, commercianti, professionisti, Coldiretti, Cisl e Uil. Anche il Ppe ci ha detto non fate la crisi. No, tanti nemici molto onore non ha mai portato bene. Soprattutto se il tutto è condito da qualche idiozia...».
In che senso?
«Se si fosse messo in crisi il governo, avremmo avuto un governo senza di noi, contro di noi, non saremmo andati subito ad elezioni e comunque non ci saremmo andati col Porcellum. Una perfetta operazione a perdere».
Nel futuro il capo non sarà più un autorità indiscussa?
«Dovrà esserci una leadership che proietta esternamente il suo carisma e internamente si confronta democraticamente».
Ma voi lo volete subito un nuovo capo al posto di Berlusconi?
«Deve restare un ruolo carismatico di guida di Berlusconi ma bisogna pensare subito al nuovo centrodestra. Nel centrosinistra è già in campo una nuova generazione politica, a cominciare da Letta e Renzi. E noi che facciamo, in una condizione nella quale Berlusconi non potrà presentarsi come candidato leader? Lui potrà, mi auguro, fare una parte dell’attività ,mediatica, ma giocherà dall’esterno, ma per la leadership non dobbiamo pescare da fuori».
Lei pensa che Alfano abbia il quid?
«Angelino Alfano ha il fisique du role, ha rapporti col Ppe, ha la cultura politica per fare un’operazione di trapasso tra un centrodestra tutto carismatico e un rinnovamento che abbia come modelli il gollismo o la Cdu tedesca. Un partito moderato e garantista, responsabile rispetto alle istituzioni, radicato nella società, un partito del 30 per cento, che non punti soltanto sulla comunicazione».
È in corso un ripensamento autentico e durevole di Berlusconi?
«Era in atto una sorta di riflessione reciproca ma leggo sulle agenzie nuovi segnali di guerra con i quali bisognerà fare i conti con senso di responsabilità ma con fermezza, forti delle nostre buone ragioni».