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 2013  ottobre 04 Venerdì calendario

A RISCHIO 550 MILIONI DI EURO


550 milioni di euro: l’Unione europea li ha stanziati come aiuti alle località colpite dal terremoto del maggio 2012 ma tutto o in parte il finanziamento potrebbe tornare al mittente, con grave scorno per un Paese che è ogni giorno alle prese coi conti pubblici. 550 milioni non sono bruscolini e ce ne sarebbe davvero bisogno nelle zone danneggiate dal sisma. Ma, giustamente, l’Ue non ammette i tempi atavici della burocrazia italiana, quindi ha vincolato la somma stanziata a tempi certi, ovvero il prossimo novembre. A Bruxelles hanno pensato che, poiché il sisma è avvenuto nel maggio 2012, un anno e mezzo è un tempo sufficiente per aprire e chiudere i cantieri. Invece gli adempimenti burocratici previsti per i lavori e la montagna di carta imposta dalla Regione per la rendicontazione delle spese sta facendo procedere a rilento l’iter della ricostruzione e l’Ue ha comunicato che non ammetterà deroghe, a novembre i soldi non spesi o comunque in mancanza di ricevute e rendicontazioni saranno bloccati e riassorbiti dal bilancio europeo.

Qualche Comune ha chiesto aiuto alla Regione per un temporaneo rafforzamento degli uffici preposti a trovare l’uscita dal labirinto burocratico costruito dalla stessa Regione. Ma la risposta è stata negativa. Ognuno deve fare per sé e novembre è alle porte. Per altro il problema non riguarda solo l’Emilia-Romagna. L’Ue, infatti, ha stanziato in totale 607 milioni, ovviamente la parte principale (appunto 550 milioni) è stata destinata alla regione più colpita. Ma anche la quota che è spettata a Lombardia e Veneto è sotto la spada di Damocle di novembre e se Roberto Maroni e Luca Zaia, come il loro collega Vasco Errani, non riusciranno a tenere fede alla scadenza (i fondi europei passano attraverso le Regioni) addio euro. Per altro potrebbe pure aprirsi un contenzioso con l’Ue poiché l’unica (o quasi) parte di questi fondi è stata spesa non per la ricostruzione ma per pagare gli straordinari dei vigili del fuoco.

I sindaci in trincea spiegano che l’Europa fa le cose sul serio: bisogna avere chiuso i cantieri e liquidato le fatture, dimostrando anche la correttezza della gara d’appalto. Il tutto controcertificato dalla Regione. Tutto questo cozza contro la lentocrazia italiana e si è alla vigilia di perdere un gruzzolo davvero consistente. Un monitoraggio regionale top secret ha individuato che il 30% del finanziamento europeo è già da considerarsi perduto. Una follia se si considera che ancora tantissimi municipi, chiese, strutture pubbliche di vario tipo sono ancora inagibili, coi cantieri non avviati. Persi i finanziamenti europei la triade Errani-Maroni-Zaia dovrà bussare da Enrico Letta e a pagare sarà il bilancio nazionale anziché quello europeo. Non meglio sta andando per la ricostruzione degli edifici privati. Se i fondi europei sono finalizzati a quelli pubblici, chi ha perso la propria casa o il capannone deve fare da sé. Di fronte al moloch burocratico ideato dagli uffici regionali, solo il 10 % degli artigiani e imprenditori delle aziende terremotate ha chiesto il finanziamento, gli altri hanno provato e poi hanno deciso di desistere. «Un numero davvero esiguo, visto che la Regione si attendeva tra le 5 e le 10mila domande- dice Andrea Tosi, responsabile delle politiche economiche di Cna (confederazione dell’artigianato) di Modena. –Il fatto è che le imprese hanno avuto enormi difficoltà ad interpretare le ordinanze e a valutare chi doveva fare la domanda e chi avrebbe dovuto sostenerne i costi, e alla fine si sono arrese». «La burocrazia –aggiunge Augusto Gambuzzi, presidente dell’ordine degli ingegneri di Modena- è a livelli talmente kafkiani che è diventata un elemento di dissuasione per la presentazione delle domande». Risultato: solo 405 richieste di contributo anziché 10 mila. Con un’ulteriore beffa: solo 13 richieste sono state finora liquidate dagli uffici. «Questo sistema – spiega Gambuzzi- è un cane che si morde la coda, tutti questi adempimenti rallentano fortemente la ricostruzione. Abbiamo fretta di spendere i soldi Ue, ma siamo bloccati. Oltre alle ordinanze e ai moduli in sè, le difficoltà sono anche nelle interpretazioni che ne danno i tecnici e funzionari delle amministrazioni locali, spesso in conflitto tra loro». Bruna Lami, proprietaria di tre supermercati danneggiati, racconta: «Forse ieri, a un anno e mezzo dal sisma, sono riuscita a mettere la firma sull’ultimo documento. E’ stata un’autentica odissea e ho dei faldoni spaventosi con il materiale richiesto dalla Regione per validare la mia richiesta. Tra l’altro non riuscirò a recuperare più di un quarto di quanto ho speso per riaprire i tre supermercati». In prima linea, rimangono i sindaci. «I tempi per ricevere i rimborsi stanziati dal governo sono lunghissimi – dice Rudi Accorsi, sindaco di San Possidonio- e le deroghe alla burocrazia che avevamo chiesto non sono mai arrivate».

Anche il documento approvato al termine dell’ultima assemblea del Comitato Sisma 12, che raggruppa chi ha avuto danni dal terremoto, è un duro j’accuse: «La ricostruzione nonostante gli annunci trionfalistici e qualche successo reale dovuto più alla caparbietà dei cittadini che alle buone intenzioni dei nostri governanti, non solo non è ripartita, ma si sta mestamente infilando nel buco nero dell’oblio, come è successo a L’Aquila».

Insomma, dove sono le inchieste di Michele Santoro, Milena Gabanelli, Giovanni Floris, Riccardo Iacona? Emilia terra off limits ? Il comitato ha pronto un dossier e, per esempio, cita il fatto che per ottenere il contributo di autonoma sistemazione sono state introdotte dalla Regione ben 17 nuove clausole. Tutto questo mentre i fondi realmente erogati dalla Regione hanno toccato solo la quota del 2,5% dei 6 miliardi promessi. Il comitato prende di mira Vasco Errani che «aveva annunciato trionfalmente, solo pochi mesi fa, l’ottenimento del 100% dei danni e ora, insieme agli altri amministratori sembra essersi rimangiato le promesse fatte o essere stato espropriato della possibilità di decidere dai burocrati da lui stesso incaricati». Quindi saranno programmate azioni pubbliche di protesta. «Finora abbiamo considerato la struttura commissariale guidata da Errani un interlocutore- conclude il comitato- ma orai i fatti la stanno facendo diventare una controparte».