Paolo Siepi, ItaliaOggi 4/10/2013, 4 ottobre 2013
PERISCOPIO
Residenza – Pagliaccio Grazioli. Jena. La Stampa.
Iperattivismo al governo. Enrico Letta prende in mano i dossier Alitalia e Ansaldo Energia. Ma Berlusconi questa (finta) crisi non poteva farla prima? Il rompi-spread. MF.
Sono diventato sindaco contro l’opinione dei dirigenti del partito: dissi che volevo facce nuove, non ci credeva nessuno. E quando sono diventato sindaco, ho preso i vecchi assessori e li ho mandati a casa tutti. Matteo Renzi. Festa Dem di Modena.
Ma attenzione, è il momento, al tempio di Adriano, a Roma, con il cardinal Ravasi, del teologo Napoletano, direttore del Sole 24 Ore, che non delude mai le attese: non si sa bene cosa c’entri, ma afferma che «lo spreco sovente non è denunciato dai comunicatori nella giusta maniera e ci si accanisce contro questioni marginali». Insomma, ci vorrebbe un giornale, ad averlo. Fermo restando che (salmodia il Napoletano) «la ragione allarga il suo orizzonte con la fede, perché la fede ti sorprende, ha lo sguardo sull’abisso». C’è dunque un che di religioso, di mistico, nell’abisso dei conti del suo giornale. Marco Travaglio. Il Fatto quotidiano.
Analizzando la cena da Scalfari di Napolitano, Letta e Draghi mi si è parata innanzi un’altra immagine: quella del panfilo «Britannia» a bordo del quale nella primavera del 1992 (annus horribilis di Falcone, Borsellino, Tangentopoli e molto altro) fu avviata la svendita dell’Italia. Così almeno vuole la vulgata peraltro solida e ben fondata. Ventuno anni fa a bordo di quel naviglio c’era anche il giovane Mario Draghi, allora direttore delegato del ministero del Tesoro, Beniamino Andreatta (sponsor e mentore di Enrico Letta) e tanti altri banchieri, affaristi, venditori, acquirenti, maneggioni e speculatori di ogni risma. Dopo quell’allegra crociera il 48% delle aziende italiane passò di mano ad aziende straniere, la lira svalutò e il Paese si avviò in un declino pilotato. Paolo Granzotto. Il Giornale.
Alitalia sta per essere ceduta ad Air France, che già cinque anni fa ne aveva proposto l’acquisto ma il demagogico patriottismo di Berlusconi portò alla soluzione dei «capitani coraggiosi». Oggi ci accorgiamo che quel patriottismo ci è costato dai 5 ai 6 miliardi di euro. Di questi giorni è anche la notizia che Telecom è finita sotto il controllo degli spagnoli. Ricordo che la privatizzazione fu favorita dall’allora premier D’Alema. Anche in questo caso subentrarono i soliti capitani coraggiosi che la spolparono. Oggi non so quanto siano i miliardi di debito di Telecom. Tutti possono sbagliare, ma soli i politici non pagano mai i loro errori. Luigi Nale. Il Fatto quotidiano.
Nella battaglia antica i due eserciti si fronteggiavano finché uno dei due cedeva e i suoi soldati si mettevano a scappare. Era in quel momento che avveniva il massacro, la strage dei vinti. Nelle guerre civili sudamericane c’era un apposito boia, il «degolador», che, armato di coltellaccio, tagliava la gola a chi si arrendeva. Perché, allora si arrendevano? Perché non combattevano con le armi in pugno fino alla fine? Perché lo sconfitto si sente nulla davanti al vincitore, gli si inchina davanti come a una divinità. Francesco Alberoni. Il Giornale
Gli elettori di Grillo non cadano nell’abbaglio, non pensino che le 5 Stelle brillino di luce propria. Esse sono morte cinquecento anni fa nella battaglia di Frankenhausen; la luce delle stelle morte e risucchiate dal buco nero del cosmo, ancora viaggia nell’etere dando l’impressione che siano ben vive, ma non è così. Umberto Silva. Il Foglio.
Massimo Bray, ministro dei Beni culturali, è tutt’ora dipendente della Treccani, dove ha collaborato alla digitalizzazione delle enciclopedie treccanesche. Quale sia stata, in quest’ambito, il suo reale contributo è, al solito, indecifrabile. Secondo la sua scheda di presentazione egli «ha seguito l’apertura al web con grande entusiasmo». Significa che ha materialmente fatto qualcosa o si è limitato a gridolini e salti di gioia? Vai a saperlo. Giancarlo Perna. Il Giornale.
Vero, lo Stato, dice la Costituzione, deve promuovere le condizioni che rendano effettivo il diritto al lavoro. Ma se non ci riesce? Se non si può? Se, nella migliore delle ipotesi, ci vuole tempo? Si può, si può, dicono i miei interlocutori grillini, basta che la smettano di rubare, vero; ma prima che si riesca a metterli tutti in prigione ci va del tempo; e intanto? Prendete l’Ilva. Lo sappiamo tutti che ammazza, lavoratori e cittadini di Taranto. Forse con 10 o 15 o 20 miliardi (nessuno lo sa con precisione) ed entro 10 o 15 anni (anche questo nessuno lo sa), si arriverà a metterla in sicurezza. Ma nel frattempo? Quanti morti si possono accettare per garantire il lavoro dei 5 mila dipendenti? Ci dovevano pensare prima, replicano i grillini, non la dovevano privatizzare, chissà i soldi che si sono fatti dare. Tutto vero; però è andata così. E ora che cosa si fa? Bruno Tinti. Il Fatto quotidiano.
Raymond Carver è il padre di quella corrente letteraria contemporanea che è stata chiamata minimalismo. La capacità di osservazione etimologica delle dinamiche umane che lo ha spinto a scrivere racconti di due personaggi che, magari, neanche si incontrano ma si limitano a osservarsi delle finestre dei rispettivi appartamenti in queste desolate città americane, ha indotto migliaia di epigoni detalentati, a concepire racconti dove non succede niente, i personaggi non fanno niente se non agonizzare in trame boccheggianti per una decina di pagine senza capo né coda, ignorando tutto ciò che potrebbe essere coerenza, logica, intreccio. Possa il Padreterno perdonare Carver perché non sapeva quel che faceva. Andrea Ballarini, Fenomenologia del cialtrone. Laterza.
Il Quisisana di Capri è talmente chic che se ti metti un golf sulle spalle ti senti David Niven, anche se sei nato a Frascati. Il San Domenico di Taormina è un’opera d’arte; sembra di abitare in un museo. L’hotel Hassler di Roma ha delle terrazze che darebbero il batticuore anche a un robot. Enrico Vanzina, Commedia all’italiana. Newton Compton editori.
Cosa fa la tale? Si dice che seduca sedici sudici sadici. Achille Campanile.
Fero, fers, tuli, latum, fèrnet. Marcello Marchesi.
Non ho chiuso un occhio tutto il pomeriggio. Ercole Patti.
Sì, forse sono qualunquista. O forse sono indolente. Se c’era ancora la Dc sarei stato democristiano. Forse. Checco Zalone, attore. Corsera.
Non si dubita di niente quando si ha 17 anni, i cappelli biondi e gli occhi celesti. Paul Sevran, Toutes les bonheurs sont provisoires. E’ditions J’ai lu.