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 2013  ottobre 04 Venerdì calendario

ELOGIO DEL CLASSICO


Si legge che diminuiscono sensibilmente le iscrizioni al liceo classico Quello che rende perplessi è che la ragione addotta è che non offre sbocchi professionali. Mi pare che, se uno intende arrestarsi alla maturità senza entrare all’università, il classico offra le stesse possibilità di ogni altro liceo. Se si cerca un lavoro immediato dopo le medie superiori allora è meglio un buon diploma di ragioniere o di geometra, professioni di cui si ha sempre bisogno. Se invece si pensa all’università, il classico offre la possibilità di fare qualsiasi facoltà, ingegneria compresa, e quindi il problema non esiste, ovvero si sposta sugli sbocchi professionali dopo l’università, ed è certo che forse diventare dentista piuttosto che professore di filosofia apre maggiori possibilità di comperarsi una barca. Ma so di gente laureata in lettere che ha fatto grandi carriere, in banca e alle massime magistrature dello Stato, si veda, tanto per dirne una, Ciampi. Pertanto nasce il sospetto che la differenza non sia tra l’educazione classica e quella no, bensì tra avere la testa di Ciampi o quella di qualcun altro.
Ma non vorrei fare del razzismo. Ricordo che il vecchio Adriano Olivetti, quando si stava non solo costruendo (ancora) delle macchine da scrivere, ma già si lavorava ai primi grandi computer, quelli che occupavano uno stanzone e funzionavano ancora a valvole e schede perforate, assumeva certamente dei bravi ingegneri, altrimenti i computer non li avrebbe mai costruiti, ma non aveva esitazioni ad assumere un laureato che avesse fatto una tesi eccellente sui dialetti omerici. Lo mandava a farsi pratica in fabbrica per sei mesi, lavorando da operaio (ma più che altro per fargli capire cos’era una industria) ma poi lo metteva a lavorare ai grandi progetti, o addirittura all’amministrazione. Ricordo che aveva così formato un futuro grande manager che aveva fatto una tesi su Hegel.
PERCHÉ OLIVETTI FACEVA COSÌ? Perché aveva già capito che una buona educazione (media e universitaria) non insegna solo a fare quello che si sa già (e certamente una scuola per elettricisti deve anzitutto insegnare a riparare un impianto elettrico così come si presenta oggi), ma a essere abbastanza immaginativi per capire dove va a parare il futuro (e il buon elettricista dovrebbe avere abbastanza flessibilità e fantasia per capire cosa potrebbe accadere se domani l’illuminazione e il riscaldamento non fossero più prodotti dall’energia elettrica).
PREPARARSI AL DOMANI vuole dire non solo capire come funziona oggi un programma elettronico ma concepire nuovi programmi. E accade che gli studi classici (compreso sapere che cosa aveva detto Omero, ma soprattutto la capacità di lavorare filologicamente su un testo omerico - e avere fatto bene filosofia e un poco di logica) sono quelli che ancora possono preparare a concepire i mestieri di domani.
Certamente vorrei un classico concepito in modo più moderno di quello ideato nel secolo scorso da Gentile (che poco aveva compreso delle scienze), dove ci fosse un poco più di matematica, e naturalmente di lingue contemporanee oltre al greco (e forse si potrebbe superare la distinzione artificiosa tra classico e scientifico), ma chi ha avuto una buona educazione classica ha sempre trovato qualcosa da fare, anche se non era quello che tutti si aspettavano in quel momento.
Solo chi ha il respiro culturale che può essere offerto da buoni studi classici è aperto all’ideazione, all’intuizione di come andranno le cose quando oggi non lo si sa ancora.
In altre parole, vorrei dire che chi ha fatto buoni studi classici, se non è forse capace di fare bene i mestieri esistenti, è più aperto ai mestieri di domani e forse capace di idearne alcuni.
Ma certamente è una sfida. Chi ha paura del classico è meglio prenda altre strade, perché la vita è crudele e – anche se non è politicamente corretto dirlo -appartenere alle élites è rischioso e faticoso. Si può avere una vita felice e soddisfazioni anche estetiche studiando ebanisteria, e guai se non ci fosse chi lo fa.