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 2013  ottobre 03 Giovedì calendario

FRAMMENTO DEI FRAMMENTI CHE RISPONDONO ALLA VOCE "BADALONI, PIERO"


Come Sette ha avuto modo di scoprire attraverso documenti finora mai pubblicati, solo nel caso della Regione Lazio i magistrati avevano quantificato in 82,8 milioni di euro il danno iniziale causato dai costi occulti di diversi prodotti derivati, venduti dalle banche ai tempi di Piero Badaloni (1995-2000) e, soprattutto, Francesco Storace (2000-2005).

Arriva Piero Badaloni. Giornalista brillante, «cronista del­l’anno» nell’80, volto noto del Tg1, carriera che s’impenna. Ci si mette di mezzo la vanità: cede alle insistenze di Betti­ni, Veltroni, e Vaticano, s’immola. Le elezioni? Una passeggiata. Dopo di che, il nulla. Di lui si perdono le tracce men­tre ancora siede sulla poltrona maledet­ta: l’opposizione lo prende in giro, la giunta viene celebrata per la totale irrile­vanza. Vaso di coccio in mezzo a vasi d’acciaio che si spartiscono prebende, il pio Badaloni riesce nel miracolo di tra­sform­are un solido feudo del potere cat­tocomunista in una cittadella fragile, sulla quale marcerà Francesco Storace. A Badaloni non resta che la fine di una carriera di giornalista e la contempora­nea cessazione di ogni velleità politica. Tornato mestamente in Rai, lo vediamo talora in tristi corrispondenze da Ma­drid: ma è come se «quella» poltrona gli avesse succhiato anima ed entusiasmo.
Roberto Scafuri, il Giornale 25/9/2012

La sanità romana scoppiava, mancavano tecnologie e servizi essenziali: ma tutto per qualche ragione rimaneva bloccato e il San Raffaele era fermo al palo. Nella palude romana erano cominciati movimenti a pelo d’acqua: Berlinguer da una parte cercava di sbattersi, ma dall’altra c’era la Regione guidata da Piero Badaloni (Ppi) che non firmava le convenzioni. «Un giorno», ha raccontato don Verzé, «ero in Parlamento e stavo parlando con Berlinguer quando passa Rosy Bindi, la ministra della Sanità. Berlinguer la chiama: vieni, c’è don Verzé. Lei non si ferma neppure, e accelerando sibila: non sono affari miei. Neppure un saluto». Il sacerdote ha raccontato anche di telefonate varie – come una di Cesare Geronzi, allora patron della Banca di Roma – per avvertirlo che la Bindi e una parte del Vaticano volevano cacciarlo dalla Capitale. Sinché il presidente del San Raffaele venne convocato appunto dalla Bindi. Lo racconta lui stesso in «Pelle per pelle», scritto con Giorgio Gandola: «L’appuntamento è per le cinque di pomeriggio. Arrivo e aspetto. Le sei, le sette, le otto. Alle nove ecco la Bindi. Si presenta e mi dice: «Lei deve andare via da Roma».
Uno Stato, inteso come Rosy Bindi e ministero della Sanità, che pochi mesi dopo fece comprendere quanto fosse personale l’astio rivolto verso il sacerdote: acquistò a sua volta il San Raffaele dagli Angelucci ma per 320 miliardi, non 201. Una plusvalenza secca di 50 miliardi. Fa niente: due giorni prima delle elezioni regionali, svariate personalità diessine (Piero Badaloni, Lionello Cosentino e la solita Bindi) poterono annunciare trionfalmente: «Finalmente si apre al pubblico una struttura sanitaria che era bloccata da tempo». Vero. Bloccata da loro.
Filippo Facci, Libero 5/1/2012

In primo luogo non è affatto vero che l’indebitamento della regione si sia formato negli anni della giunta Storace: la giunta Badaloni, nei cinque anni precedenti, lasciò alle sue spalle un debito fuori bilancio di 8.400 miliardi di lire, coperto dalla coalizione di centro-destra, ma contratto tra il 1995 e il 2000.
Renata Polverini, Il Sole-24 Ore 14/3/2010;

Nel 1995 Badaloni, candidato del centrosinistra, vinse per soli 5.376 voti. Finì 48,1 contro 48,0.

«Once scout forever scout», recita una frase cardine del movimento, e questo vale per il leader no global Vittorio Agnoletto e quello di An Ignazio La Russa, per l’ex ministro della scuola Giancarlo Lombardi e per l’autonomo milanese dal volto coperto nella foto-simbolo degli anni di piombo, almeno stando all’affermazione dello storico Gregory Alegi. Vale per il pacato ex governatore del Lazio Piero Badaloni e l’irrequieto deputato verde Paolo Cento, per Jovanotti, Fiorello e Carlo Verdone, Paola Barale e Daniele Luttazzi
Fonte: Raffaella Silipo, La Stampa, 17/02/07

A Domenica in nell’edizione 86-87 con Elisabetta Gardini
(Anna Maria Salviati, Teresa, Messaggero, N.288 25/04/2000)

[Fabrizio Dal Noce] quando conduceva Linea notte con Badaloni (i due non si piacciono)
(Varie, Parrini, in part. Filippo Ceccarelli, ”La Stampa” 17/4/2002)

Piero Badaloni, che allora era un ragazzino e lavorava all’Ente, prendeva nota dei cambiamenti sui copioni.
(Masolino d’Amico su Burgess sceneggiatore per il Gesù di Zeffirelli alla Rai, La Stampa, 07/04/2003)

Francesco Storace, quando «Mani di forbice» acquista la Lazio per 26 milioni è il governatore della Regione Lazio, anche se lui, Lotito, sostiene che «i mejo affari» li avrebbe fatti quando nella sede di via Cristoforo Colombo c’era Badaloni.
(Elio Pirari, La Stampa 30/10/2007)