Mau. Gal., Il Tempo 3/10/2013, 3 ottobre 2013
IL GRANDE BLUFF DEL BRACCIALETTO ELETTRONICO: 100 MILIONI PER 14 DETENUTI
È successo pochi giorni fa. Ed è stata definita da tutti «una buona notizia». Le commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera hanno approvato un emendamento del Pd, votato all’unanimità, sull’uso del braccialetto elettronico per gli stalker. Uno strumento che consentirebbe di monitorare gli spostamenti di chi ha il divieto di avvicinarsi alla casa della vittima delle sue persecuzioni. «Ci sono esperienze già in Spagna e in Franci in questo senso che hanno dato buoni risultati», ha datto notare la prima firmataria Alessia Morani. Peccato che quello del braccialetto si sia rivelato nel tempo un grande bluff. Nell’ultimo decennio, infatti, questo mezzo di controllo a distanza è costato oltre 100 milioni di euro ed è stato ultilizzato pochissime volte.
L’idea era, all’inizio, di adottarlo per chi sconta la pena agli arresti domicliari, risparmiando così in controlli periodici e, di conseguenza, «liberando» personale delle forze dell’ordine per altre, più proficue, attività. Tutto comincia nel 2001, quando a Palazzo Chigi c’è Giuliano Amato. In quell’anno viene siglata una convenzione «sperimentale» limitata a cinque province, cioè Roma, Milano, Napoli, Torino e Catania. Nel 2003 l’iniziativa viene estesa dal nuovo ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu a tutto il territorio nazionale e Telecom ha il compito di gestire 400 dispositivi di controllo. Ma in funzione ne entrano soltanto 14. Un dettaglio che non sfugge alla Corte dei Conti. Nel settembre 2012 la magistratura contabile fa notare che la gestione è stata «antieconomica e inefficace» e il costo del sistema ha superato i dieci milioni annui, cioè 81 milioni in otto anni (2003-2011). «Una spesa elevatissima».
Due anni fa arriva la scadenza del contratto con Telecom. Il ministro Annamaria Cancellieri, appena approdata al Viminale, rinnova la convenzione per sette anni, fino al 2018. Una decisione stigmatizzata dalla Corte dei Conti, che il 13 settembre 2012 scrive: «Il rinnovo della convenzione ha reiterato una spesa antieconomica e inefficace, che avrebbe almeno dovuto essere oggetto di un approfondito esame anche da parte del ministero della Giustizia». E non basta. Per i giudici il rinnovo è avvenuto a prezzi e prestazioni «non identici» a quelli precedenti e, quindi, è qualificato «inesattamente come una proroga» e avrebbe «dovuto o potuto essere oggetto di riflesione e/o di trattative, se non di comparazione con altre possibili offerte». A giugno 2012, in seguito al ricorso di Fastweb, il Tar del Lazio dispone che la nuova convenzione dovrà essere oggetto di una gara. telecom Italia e Viminale ricorrono a loro volta al Consiglio di Stato (che ancora deve decidere). Nel frattempo è stato stabilito che la convenzione, per «motivi di sicurezza», si estinguerà solo alla fine del 2013.
Mau. Gal.