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 2013  ottobre 03 Giovedì calendario

OBAMA: «RISCHIAMO LA CATASTROFE»


LA CRISI
NEW YORK Un intrecciarsi di telefonate e lettere, per arrivare a un incontro a cinque alla Casa Bianca: Barack Obama ha invitato ieri sera i quattro leader dei due gruppi politici alla Camera e al Senato. Ma pochi si aspettavano che l’incontro si sarebbe risolto in qualcosa di concreto. Nonostante le proteste del publico e i costi stratosferici, lo Stato federale Usa sembrava ancora ieri sera destinato a rimanere chiuso. Obama ha lanciato l’invito, ma ha anche ribadito che non intende cominciare nessun negoziato se prima i repubblicani non rimettono in moto la macchina statale. I repubblicani hanno invece insistito che non avrebbero votato il finanziamento dello Stato senza aggiungere un emendamento per rimandare l’attuazione della riforma sanitaria, l’Obamacare. Con queste premesse, il blocco sembrava destinato a continuare. E si rischia che vada a confondersi con il negoziato per l’innalzamento del tetto del debito pubblico, a metà ottobre. Se continua il muro-contro-muro e il tetto non sarà alzato, ci sarebbe un default degli Usa, fatto che il presidente in un’intervista alla Cnbc ha descritto come una possibile «catastrofe». Significativamente, nella stessa intervista Obama ha parlato di Papa Francesco, dicendosi «impressionato dalle sue dichiarazioni» e «dalla sua umiltà, e compassione per i poveri e dalla sua capacità di abbracciare tutti», parole che sono suonate anch’esse come un messaggio indiretto al partito repubblicano.

CONGEDO TEMPORANEO
Mentre infatti 800 mila funzionari federali rimangono a casa in «congedo», milioni di americani vedono i servizi brutalmente ridotti, incluso migliaia di bambini che ogni sera ricevevano un pasto caldo grazie a un programma federale lanciato dalla first lady. Perfino lo spionaggio soffre: il direttore dell’Intelligence, James Clapper, ha ammonito che il 70 per cento dei dipendenti «è a casa» e che la sicurezza del Paese può risentirne. E non vanno dimenticati i 750 mila turisti che rimangono fuori da parchi nazionali e musei. Il costo economico è stimato a 30 milioni al giorno per i business che vivono del turismo, e si calcola che se la paralisi continuerà il danno per l’intera economia arriverà a un miliardo e 600 milioni a settimana.
Ma c’è un gruppo di repubblicani moderati che comincia a scalpitare. La paralisi è infatti dettata da circa 40 deputati vicini al Tea Party che dichiarano di considerare l’Obamacare, la riforma sanitaria, «la peggiore legge mai votata nel mondo», per usare le parole del deputato John Fleming, della Louisiana. I 40 chiedono al presidente della Camera, John Boehner, di non portare al voto nessun bilancio che non includa anche un emendamento che ritardi l’attuazione della legge. Ma altri deputati, come Peter King di New York, hanno cominciato a protestare perché il partito «è ostaggio» dall’ala destra, e hanno chiesto a Boehner di mettere ai voti un decreto «pulito» per finanziare lo Stato, senza più emendamenti «ideologici».
La situazione è comunque diventata tanto grave che Obama ha dovuto cambiare i piani di un lungo viaggio in Asia, per non abbandonare la capitale nel mezzo di una delle più serie crisi degli ultimi venti anni. Per ora si è limitato a cancellare la visita in Malesia e nelle Filippine. Ma non è certo neanche di mantenere la prima parte del viaggio, cioé i due summit dell’Asean e dell’Apec a Bali e nel Brunei.
Anna Guaita