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 2013  ottobre 03 Giovedì calendario

PERCHÉ L’EURO SI RAFFORZA


Se la decisione della Bce di lasciare inalterati i tassi è stata un non evento e i toni e le parole di Mario Draghi sono sembrati in linea con quelli usati il mese scorso e carezzevoli come i mercati s’aspettavano, perchè mai l’euro è risalito ai massimi relativi di 8 mesi fa? La risposta più ovvia è che le aspettative di qualche investitore erano probabilmente più ambiziose e, come si intuisce dalle dichiarazioni di alcuni operatori, c’era chi s’attendeva l’annuncio di una nuovo finanziamento a lungo termine (Ltro), se non la promessa di tagliare i tassi d’interesse. Siccome nelle analisi degli economisti e nelle previsioni della grande maggioranza dei broker non s’è letto nei giorni scorsi nulla di tutto questo, vien da pensare che il moderato disappunto alle parole di Draghi sia dipeso più dal confronto con la politica monetaria della banca centrale americana che dall’effettivo comportamento di quella europea. Insomma, sarebbero nuovamente la volontà espressa dalla Fed di continuare inalterato il quantitative easing e di assicurare per lungo tempo tassi a zero e le conseguenti accresciute aspettative createsi sui mercati ad aver spiazzato la Bce. Queste aspettative si sarebbero addirittura rafforzate nei giorni scorsi, poiché lo shut down (blocco della spesa pubblica) e la minaccia, fra due settimane, di un mancato accordo sul tetto al debito pubblico americano potrebbero consigliare la Fed a proseguire con maggior determinatezza nella politica monetaria ultra espansiva. Su questa strada, per statuto, cultura e forse anche per un pizzico di non insana prudenza, la Bce non può inseguire la Fed. La banca centrale è pronta a fornire tutta la liquidità necessaria e non è detto che un tasso allo 0,25% (anziché allo 0,5%) faccia grande differenza. L’inflazione è bassa (1,1%) e sotto l’obbiettivo della Bce, ma occorre considerare che la dinamica dei prezzi è un po’ più forte in Germania. La ripresa economica è assai incerta e non comparabile con quella statunitense. Ma è forte l’impressione che l’enfasi posta dalla Fed sui rischi di frenata dell’economia Usa serva soprattutto a giustificare la volontà di mantenere intatta la propria politica monetaria: che, in ogni caso, tiene bassi i rendimenti dei bond, fa bene ai mercati e, attraverso un dollaro basso, favorisce le imprese nazionali. In questa guerra valutaria la Bce non si trova a proprio agio anche perchè, come ha sottolineato Draghi, non è compito della banca modificare il tasso di cambio. Ma ieri Draghi ha anche sottolineato con maggior vigore del passato che il «cambio dell’euro è importante per la crescita e la stabilità dei prezzi». E questa considerazione potrebbe lasciar sperare in qualche iniziativa un po’ più audace in futuro. Ben sapendo che la Germania potrebbe sopportare un euro a 1,6 sul dollaro, quando l’Italia lo troverebbe gravoso a 1,2.