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 2013  ottobre 03 Giovedì calendario

LA CASA DI VERDI IN VENDITA SUI MERCATI DI RUSSIA E CINA


Mentre in giro per il mondo riecheggiano le note del bicentenario verdiano, e a Parma è in corso il festival, la dimora del Cigno di Busseto rischia di finire in mani straniere.
Su quella che è conosciuta più come la «casa dello scandalo» in realtà il cartello «vendesi» era già stato messo da tempo, nella speranza degli eredi di attirare l’attenzione da parte di istituzioni o associazioni culturali che potessero rilevarla per sistemarla e riaprirla al pubblico. Ora che anche i riflettori sul bicentenario si stanno spegnendo senza che nessun cavaliere bianco si sia fatto avanti, la proprietà ha rotto gli indugi e ha affidato a Héra International Real Estate la vendita di Palazzo Orlandi, a Busseto. Una scelta non fatta a caso. Perché la società immobiliare è sì italiana e indipendente (e d’accordo con gli eredi cercherà di mantenere in mani nazionali la proprietà del palazzo) ma ha esperienza e competenze nel proporre immobili italiani di pregio sui mercati emergenti di Russia e Cina (dove ha appena concluso una joint venture con la società cinese di investimenti Cype).
Palazzo Orlandi a Busseto (a 40 chilometri da Parma) è un edificio neoclassico, costruito da Giuseppe Cavalli (pittore e architetto bussetano dell’epoca) su via Roma, corso principale del paese. Verdi lo acquistò nel 1845, per poi trasferirsi quattro anni dopo nel 1849 con Giuseppina Strepponi, la cantante lirica con cui convisse more uxorio (e che diventerà la sua seconda moglie).
La relazione extraconiugale scandalizzò a tal punto i bussetani di allora che la coppia resistette solo due anni ai pettegolezzi dei cittadini che passavano davanti a casa fino a quando nel 1851 decise di andarsene in campagna a Villa Agata appena fuori dal paese. Due anni di grande intensità creativa per il Maestro che tra quelle quattro mura compose: Luisa Miller, Stiffelio, Rigoletto e il Trovatore. Sempre a Palazzo Orlandi, poi visse e morì suo padre Carlo.
La casa venne venduta nel 1888 dalla Strepponi che ne destinò il ricavato a una pensione per i poveri di Busseto. Negli anni dei fasti, alcune sale del Palazzo furono decorate da una serie di oggetti d’epoca e autografi vari. E ancora oggi vi sono custoditi i cimeli del direttore d’orchestra Arturo Toscanini, per due volte ospite della famiglia Orlandi, nel 1913 e nel 1926.
Ora i discendenti Orlandi sono in cerca di compratori anche perché l’edificio, che fino ad alcuni anni fa era aperto al pubblico come museo, è stato chiuso per i costi troppo alti di manutenzione.
Rosaria Orlandi (l’erede) e soprattutto la figlia Gaia Maschi Verdi, hanno esplorato anche strade alternative nel tentativo di raccogliere fondi istituzionali per restaurare il palazzo ottenerlo in gestione con l’impegno di riaprirlo al pubblico. Tentativo fallito e sfumato tra i diversi uffici competenti. In realtà nel novembre scorso il Parlamento ha approvato una legge che prevede fondi per 6,5 milioni per restaurare la casa natale di Roncole, Villa Agata e altri edifici storici ma che non fa alcun riferimento a Palazzo Orlandi. Anche se prevede di destinare un 20% delle risorse agli edifici bussetani. Ma da allora niente si è mosso.
E come spesso succede in questi casi anche se da più parti viene espressa l’intenzione di salvare la funzione storica di Palazzo Orlandi e di preservare la memoria del periodo bussetano di Giuseppe Verdi, manca una regia tra istituzioni, privati e territorio che porti a buon fine il progetto.
È paradossale, ora, che si cerchi questa sensibilità (e le risorse) all’estero.